

Titolo dell'opera: Ratto di Proserpina
Autore:
Datazione: 120 ca. d.C.
Collocazione: Venezia, Museo Archeologico
Committenza:
Tipologia: scultura
Tecnica: sarcofago scolpito a bassorilievo (126 x 0,67 cm)
Soggetto principale: Plutone rapisce Proserpina sul suo carro
Soggetto secondario:
Personaggi: Plutone, Proserpina, Mercurio, due putti
Attributi: carro, cavalli (Plutone)
Contesto:
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini: http://www.sullacrestadellonda.it/mitologia/images/rattoproserpina.jpg
Bibliografia: Foerster R., Der Raub und die Ruckkehr der Persephone, A. Heinz, Stuttgart 1874, p. 123; Robert C., Die antiken Sarkophag-Reliefs, III, Deutsches Archäologisches Institut, Berlino 1919, p. 457-458; Cumont F., Recherches sur le symbolisme funeraire des Romains, Librairie orientaliste P. Geuthne, Parigi 1942, pp. 95-96; Lindner R., Der Raub der Persephone in der antiken Kunst, Konrad Triltsch, Wurzburg 1984, p. 73 n. 86; Ambrogi A., Sarcofago con il ratto di Proserpina nella catacomba di San Panfilo. Sulla diffusione dei temi pagani in contesti cristiani, in Braidotti C.-Dettori E. (a cura di), où pan efèmeron. Scritti in memoria di Roberto Pretagostini, Quasar, Roma 2009, pp. 505-542.
Annotazioni redazionali: La scultura funeraria ha spesso rappresentato la violenza della morte con una scena di rapimento raccontata dalla mitologia: ma ha scelto ciò che poteva essere interpretato come un’allusione alla vita dell’Aldilà. Quindi la scelta ricade, soprattutto, sulla storia del ratto di Proserpina. Come la fanciulla viene rapita da Plutone e portata nel regno dell’Oltretomba, così si viene strappati alla vita e portati nell’oscurità dalla morte; ma, allo stesso tempo, dopo la morte, si rinasce a nuova vita: la discesa e la salita della giovane Proserpina diviene così metafora di ciò che succede all’anima dopo la morte.
Gli stoici, inoltre, interpretano il soggiorno di Proserpina negli Inferi – e la sua successiva riapparizione nel mondo dei vivi – come un’immagine del seme gettato nella terra e che, dopo essere germogliato, rivede il sole, così come le vicissitudini annuali delle stagioni e della vegetazione sono state messe in rapporto con il trapasso e la resurrezione dei mortali.
Un’intera fioritura di pietre tombali, urne cinerarie, sarcofagi rappresentanti il mito del ratto di Proserpina. Vari, soprattutto, sono questi ultimi: gli studiosi, in base agli elementi comuni presenti negli schemi compositivi ed iconografici, hanno proposto varie classificazioni, riunendo gli esemplari in gruppi. La prima catalogazione è del Robert (1919), che ha organizzato le opere in tre classi principali, di cui la prima consiste di questo sarcofago a ghirlande, il più antico nonché l’unico esemplare conosciuto della serie.
Questo che si vede qui è solo un frammento: il sarcofago doveva essere più ampio e, probabilmente, doveva raffigurare anche la ricerca di Cerere. Ad ogni modo, è palese come la sua particolarità sia proprio la ghirlanda, con fiori, semi di papavero, mele, uva, pigne ed altro ancora, che vuole così rappresentare i frutti di tutte le stagioni. Tenuta da due puttini, essa incornicia la scena del rapimento.
Plutone, nudo, viaggia sul suo carro dove ha rapito la giovane fanciulla, che sembra quasi aver perso i sensi, per come appare con la testa gettata indietro, completamente inerme. Il dio la tiene con il braccio destro e la guarda, mentre con la mano sinistra solleva un lembo del suo mantello svolazzante, come per coprire la giovane rapita. I cavalli corrono portati da Mercurio, che, nudo anch’egli, ci dà le spalle, in una posizione particolarmente inconsueta.
La Lindner (1984) ha affermato che la scena del ratto rappresentata su questo primo esemplare a ghirlande è un’eco lontana di una pittura del IV secolo a.C., da cui fa derivare lo schema ad incrocio.
Roberta Diglio