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1375-1377

GIOVANNI DE’ BONSIGNORI, Ovidio Metamorphoseos Vulgare, V, 11-13

Tratto da: Giovanni de’ Bonsignori, Ovidio Metamorphoseos Vulgare, edizione critica a cura di Ardissimo E., Commissione per i testi di lingua, Bologna 2001


Canzone de Caliope contra Pireida. Capitulo XI


«Caliope incominciò e disse “Madonna Cerere fu la prima che trovò l’usanza de l’arare, la quale prima trovò li frutti e le biade, e fu colei la qual trovò la legge, per la quale se pone in pace le lite; e perciò de lei intendo de cantare e dire cose che sieno a sua laude. Devete adunque sapere che Tifeo, da cui costei ha fatto menzione, fu la storia per altro modo ch’ella non ha ditto, e perciò ascoltate come sta. Andando Tifeo contra Giove, Giove el fulminò con saetta fulgurea e cade indietro, e puseli Giove addosso le monti, li quali sono in Cicilia. El capo de Tifeo giace verso Settendrione, li piedi verso Meridie, la mano dritta sta verso Occidente, la manca verso Oriente. Sopra ‘l suo capo fu posto Mognibello, quello monte che sempre arde, imperciò che quand’egli se volse movere mandò el fuoco fora, perciò che fu fulminato e perciò sempre arde. Sopra delli soi piedi puse Giove due monti, che se chiamano monti Libei, e sopra la mano manca puse el monte Pachino, e sopra la dritta puse el monte Peloro. Ed una volta Tifeo se mosse, allora tutta la terra tremò e per questo Pluto, re de l’inferno, temette che non fosse scoverto l’inferno, acciò che per quella parte non apparesse la luce, perciò chi fa male inodia la luce. Temendo dunque, Pluto venne sopra della terra e recercando tutti li monti se da niuno canto li podesse essere danno; ma poi che vidde che non era periculo, cominciò alquanto a delettarse sopra de quelli monti e, andando a questo modo, la dea Venere andò a Cupido».


Come Venere parlò a Cupido. Capitulo XII


«Madonna Venus chiamò Cupido, suo figliuolo, dio de l’amore; e nota che Cupido è la volontà del desiderio, ed in greco tanto è a dire “cupido” quando che “la voluntà de soperchio desiderio”, sì ch’ello è operatore della lussuria. Disse Venere a Cupido: “O speranza mia e vittoria mia, togli le frezze con le quali tu soperchi li dii del cielo e della terra, ed anche Giove soperchi quando a te piace, e percuote Pluto, dio de l’inferno, con ciò sia cosa che tu soperchiasti lo dio Gorgone, el quale era più terribele che gli altri dii de l’inferno. Dunque tu porrai ben ferire costui, che non è simele a llui in terribilità; anche per un’altra cagione non essere pigro, perciò che la nostra potenza è più al mondo che a l’inferno. E non fare con Pluto sì come tu facesti con Pallas e con Diana, le quali osservano castitade, e ciò non fu altro che tua pigrizia, e così sarà se tu sarai pigro della figliuola de Cerere”. Avendo ditto questo, subito Cupido prese l’arco e puseci su una saetta acuta e percosse el core a Pluto, e subito Pluto fu preso da lussuria. Ma presso a quello monte è uno luoco, nominato Progusa, molto bello, in lo quale abitano molte ninfe, con le quali abitava Madonna Proserpina, figliuola de madonna Ceres, ed andavano cogliendo li fiori».


Come Proserpina fu ratta da Plutone, dio de l’inferno. Capitulo XIII


«Pluto, così inamorato per la ferita de Cupido, guardò e vidde Proserpina, andò a llei e sì la se portò. Ma Proserpina spaurìo ed incominciò a chiamare aiutorio, ma quando ella vidde che persona non la soccorea, se stracciò tutti li soi vestimenti e li fiori ch’ella avea colti li cadero in terra. Allora incominciò a piangere e più li doleva delli fiori che gli erano caduti, che de lei che n’era portata; ma Pluto tolse li soi cavalli e chiamòli per nome, acciò che meglio andassero. Li cavalli de Pluto sono quattro: el primo se chiama Orneo, el secondo Eton, el terzo Molfeo, e lo quarto Alfer. Pluto ne portò Proserpina per li lachi e per li stagni de Palicore, perfine a tanto ch’elli gionse a una fonte inella quale era celebrata una ninfa chiamata Ceana. Ma quando ella vide Pluto, che voleva passare sopre la sua fonte ed andare all’inferno, tresse el capo fore dell’acqua e disse a Pluto: “Perché meni tu costei, la qual è figliuola de Giove, e menala contra sua volontà? Se tu la volevi menare, la devevi prima pregare. E se a me fosse licito de resimigliare le cose piccoli alle grandi, io me recordo che ‘l dio delli fiumi Danapia me amò molto, e nondimeno non me menò per forza, ma domandòmi per moglie ed io ci consenti’, ed egli mi tolse. E così devevi fare tu; ma in verità che tu non passarai per questa fonte!” Allora Pluto adirato confortò li cavalli ferocemente e percosse la terra con lo suo tridente e fece una cava grandissima, sì che l’acqua di quella fonte, cominciò a piangere, e tanto pianse che se convertì in acqua e de quella liquefattura remase nella fonte alquanto, ed ella medesima se convertì in quelle acque che ci remase. Allora Pluto se partìo ed andò con Proserpina a l’inferno».


Allegoria quartadecima de Pluto. Segnata per O


La verità di questa istoria fu questa: lo re Orco, re de Molosia, era innamorato de Proserpina e la madre non liglie voleva dare, perciò che lla voleva dare a uno che fosse della schiatta delli dii. Per la qual cosa el ditto re, mustrando de andare per altri suoi fatti, scontrò Proserpina, la quale con sue compagne faceano girlande in uno giardino; el ditto re per forza la rapìo e portolla a Molosia. Uno grande barone, chiamato Teseo, avea giurato de non togliare mai moglie se non fosse de la schiatta delli dii ed aveva pensato de volere Proserpina, onde, quando udìo questo, se mosse con li soi compagni Periteo ed anco menò seco Ercole ed andaro a Molosia. L’Orco, sapendo la loro venuta, puse alla guardia del palagio uno cane alano, el quale in greco è chiamato Cerbero, questo cane s’aventò adosso a Teseo e sì el delacerò tutto, e parte ne devorò, ed averia anche morto Periteo, se non fosse l’agiuto de Ercule. Madonna Ceres cercò tanto fine ch’ella trovò come ‘l fatto stette, né non giovò perché a Giove la domandasse, perché mai la potesse reavere. Ovidio, recordandose de questa istoria, la puse fabulosa per la moralità, la quale ha in sé assai notevole. La moralità è questa: per Pluto, el quale rapì Proserpina, se ‘ntende solo la terra, la qual è presso alla cortice, e per Proserpina intendo l’umore della terra, el quale umore solo è riceuto e preso dalla terra, la quale terra prima che ‘l riceva è arida e secca. De Ceana dico che vero è ch’è una fonte in longhe parti, la quale ha questa proprietà: che nella state, quando l’umore della terra discende, allora cresce l’acqua, e perché mai non appetisce la perfezione sua e la perfezione della fonte, perciò piange de rapimento de Proserpina, perciò che, quando la terra de sopra è sciutta, l’abundanza delli umori sono dentro de la terra, allora la fonte è piena. Ma quando li umori sono alla cortice la fonte sta sccema e voita, e perciò se dole questa fonte Ciana del rapimento de Proserpina, sì come ditto è di sopra.