01: Driope

ICONOS - scheda opera 01

 

Titolo dell'opera: Driope in albero

Autore: Virgil Solis

Datazione: 1563

Collocazione: Vienna, Graphische Sammlung Albertina

Committenza:

Tipologia: stampa

Tecnica: incisione su legno (xilografia), 62x81 cm

Soggetto principale: Driope

Soggetto secondario:

Personaggi: Driope, Anfisso, Iole, Lotide in forma di pianta di loto, Andremone, Eurito

Attributi: corpo in forma di tronco (Driope), fronde al posto dei capelli (Driope); gocce di sangue che fuoriescono dal ramo spezzato (Lotide in forma di pianta)

Contesto: riva di un lago

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: The Illustrated Bartsch 19 (parte 1), Abaris Books, New York 1987, p. 499, fig. 7.112

Bibliografia: B. Guthmüller, Mito, poesia, arte. Saggi sulla tradizione ovidiana nel Rinascimento, Roma 1997, p. 219, pp. 224-225

Annotazioni redazionali: Questa xilografia apparve nelle Metamorphoses Ovidii di Johannes Spreng, pubblicate in latino, a Francoforte, nel 1563. Sullo sfondo a sinistra si riconoscono due figure femminili, di cui una ha un bambino in braccio, disposte ai lati di una pianta: la donna con il bambino, sulla destra, sembra staccare uno dei rami dell’albero, mentre da questo fuoriescono delle gocce di un liquido non meglio identificato. In primo piano, invece, è raffigurata la metamorfosi in albero della donna con il bambino: le sue gambe hanno assunto l’aspetto di tronco e delle fronde si sono sviluppate sulla sua testa, al posto dei capelli. Accanto a lei è un personaggio maschile, che solleva il bimbo verso il volto ancora umano della madre per l’ultimo saluto, mentre la figura femminile che accompagnava la donna sullo sfondo, e un altro personaggio maschile, le abbracciano le gambe, che stanno diventando di legno, come a volerne impedire la metamorfosi. Tale composizione, con tutti i suoi particolari, richiama un mito narrato da Ovidio nelle Metamorfosi (IX, 329-393): il mito di Driope divenuta albero di loto per aver colto, seppure inconsapevolmente, dei fiori dalla pianta in cui si era trasformata la ninfa Lotide inseguita da Priapo. Questo mito non aveva goduto di particolare fortuna nelle edizioni volgari illustrate delle Metamorfosi, pubblicatetra la fine del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento. Virgil Solis ha qui ideato una raffigurazione di tipo narrativo, in cui gli stessi personaggi compaiono più volte, inseriti all’interno di un unico contesto: collocando sullo sfondo l’antefatto, e in primo piano l’epilogo, della vicenda. Nell’argumentum di Lattanzio che compare nel testo dello Spreng, come del resto nell’originale ovidiano, viene ricordato che Driope, figlia di Eurito, re dell’Ecàlia, era stata dapprima posseduta da Apollo, di cui era rimasta incinta, ma poi era andata in sposa ad Andremone, che aveva riconosciuto Anfisso come suo figlio. Divenuta la moglie di Andremone, Driope era solita andare nei boschi a raccogliere fiori per farne delle ghirlande da offrire alle Ninfe. Un giorno sembra che si recasse assieme alla sorellastra Iole presso un lago, sulle cui rive crescevano diversi tipi di piante e fiori, e qui notasse un albero di loto dai fiori purpurei e decidesse di coglierne alcuni per far divertire il figlioletto Anfisso, che portava in braccio. Sembra, tuttavia, che non appena Driope strappasse i fiori dall’albero, il ramo incominciasse a sanguinare. Nell’incisione, sullo sfondo, è raffigurato l’albero di loto, e da un ramo, che Driope ha spezzato, fuoriesce del sangue, mentre Iole, che sta per compiere lo stesso gesto della sorellastra, sembra quasi bloccata da qualcosa, ossia, come ci dice Ovidio, dal ricordo della vicenda della ninfa Lotide che, per sfuggire alle voglie di Priapo, venne trasformata appunto in un loto. Driope, che pure non doveva essere a conoscenza della storia di Lotide, per il gesto compiuto, inizia comunque a trasformarsi in un albero: il vestito svolazzante e il suo corpo si mutano in dura “scorza”, in corteccia, e quando si rende conto di ciò che le sta accadendo, come narra Ovidio, porta le mani alla testa per strapparsi i capelli, ma trova solo fronde di loto. Il Solis, quindi, ha raffigurato in primo piano, il momento immediatamente precedente la completa metamorfosi di Driope, che, infatti, ha ancora il viso umano e può ancora parlare. L’illustratore in questo caso si è mantenuto fedele all’originale, dove si narra che prima della completa trasformazione di Driope riescono a giungere sul luogo anche il padre e il marito, che la stavano cercando. L’autore latino ci dice a questo punto che “tepido dant oscula ligno/ adfusique suae radicibus arboris haerent”, e, infatti, nella raffigurazione il padre e la sorella di Diope sembrano aggrapparsi alle sue radici. Il marito, invece, sembra sollevare il figlioletto Anfisso verso la madre, che nel racconto ovidiano afferma: “erigite huc artus et ad oscula venire,/ dum tangi possum, parvumque attollite natum”. Queste, in conclusione, sono le ultime parole di Driope nelle Metamorfosi, prima che sia completamente trasformata in albero di loto.

 

 

                                                                           Elisa Saviani