63: Piramo e Tisbe

Titolo dell’opera: Piramo e Tisbe

Autore: Gabriel Rollenhagen

Datazione: 1611 (?)

Collocazione: Gabriel Rollenhagen, Nucleus Emblematum selectissimorum quae Itali vulgo Impresas vocant…, Emblema 33, Utrecht 1611 (?)

Committenza:

Tipologia: incisione

Tecnica:

Soggetto principale: la morte di Piramo e Tisbe

Soggetto secondario: in lontananza una leonessa fugge

Personaggi: Piramo, Tisbe, leonessa

Attributi: spada, moro (Piramo); velo, moro (Tisbe)

Contesto: paesaggio boschivo

Precedenti:

Derivazioni:

Immagine:

Bibliografia: Gaedertz K. T., Gabriel Rollenhagen: Sein Leben und seine Werke, Leipzig 1881, pp. 85-95; Schmitt F. von Mühlenfels, Pyramus und Thisbe – Rezeptionstypen eines Ovidischen Stoffes in Literatur, Kunst und Musik, Carl Winter Universitätsverlag, Heidelberg 1972, p. 50

Annotazioni redazionali: Gabriel Rollenhagendà un’interpretazione morale della storia di Piramo e Tisbe; infatti egli aggiunse una morale conclusiva alla quarta ristampa del poema dei maestri cantori degli Amantes Amentes del 1614. L’ultima strofa del poema trae così le conseguenze dalla fine cruenta di Piramo e Tisbe: “Impara ciò che segue giovane amato/ e anche tu, o fanciulla/ che a voi è capitato un tale destino/ che non vi rende uniti,/ la retta via si allontana/ sul sentiero sicuro state,/ il diavolo si sveglia/ e vi conduce fuori,/ lui seduce il mondo/ e l’amore con il canto/ insieme e diviso,/ credete a me”. Certamente il diavolo non interpreta il ruolo del leone in questo poema dei maestri cantori, tuttavia egli è la forza malvagia che provoca la sciagura “aspirando soltanto a ciò che ha sedotto il mondo”, come afferma lo studioso Karl Theodor Gaedertz (Gaedertz, 1881, pp. 85-95). Proprio la coppia di innamorati è particolarmente esposta all’arte di seduzione del diavolo. Di conseguenza Gabriel Rollenhagen afferma nel secondo distico dell’epigramma di un suo emblema: “Chi desidera seguire le tue schiere, o dolce Cupido,/ chi con tanta difficoltà le tue attenzioni!” (“Quis tua castra sequi cupiat, o saeve Cupido,/ qui tanta tractus asperitate tuos!”). Come nelle poesie anonime del medio latino, si tratta di una risposta negativa alla militia amoris che manda in rovina gli uomini. L’abbigliamento di Piramo e Tisbe secondo la moda del tempo attualizza questa morale, che viene ancora di più sottolineata dalla statua della dea Fortuna, raffigurata sopra la fontana, che tiene nella mano destra il corno dell’abbondanza e poggia con i piedi sopra un delfino: il tema della volubilità della buona sorte completa le affermazioni dell’epigramma ed esorta ad un comportamento quindi ragionevole e prudente.

Anna Cola