30: Piramo e Tisbe

Titolo dell’opera: Piramo e Tisbe 

Autore: Marcantonio Raimondi

Datazione: 1505

Collocazione: Vienna, Graphische Sammlung, Albertina

Committenza:            

Tipologia: incisione

Tecnica: stampa (23,3 x 21,5 cm)

Soggetto principale: Tisbe si dispera davanti al corpo di Piramo morto

Soggetto secondario:

Personaggi: Piramo, Tisbe

Attributi: spada, moro (Piramo); velo, moro (Tisbe)

Contesto: paesaggio boschivo

Precedenti:

Derivazioni:

Immagine:

Bibliografia: Oberhuber K., Marcantonio Raimondi. The illustrated Bartsch, vol. 14 (parte 2), Abaris Books, New York 1978, p. 14; Davidson Reid J. – Rohmann C., The Oxford Guide to Classical Mithology in the Arts 1330-1990, New York – Oxford 1993, p. 963.

Annotazioni redazionali: Marcantonio Raimondi, maestro italiano nell’arte dell’incisione nell’età del Rinascimento, fu il primo che la praticò non per riprodurre disegni di sua propria invenzione, come invece avevano comunemente fatto i primi artigiani, bensì quelli di altri artisti in modo esclusivo. Egli studiò sotto l’orafo e cesellatore Francesco Raibolini, usualmente chiamato Francia e più tardi spesso firmò i suoi lavori con le sigle M-A. F., riferendo la F al suo maestro. Afferma di lui il Vasari (Vasari, 1963, pp. 36-37): ”Costui dunque, il quale aveva meglio disegno che il suo maestro, maneggiando il bulino con facilità e con grazia, fece (perché allora erano molto in uso) cinture ed altre molte cose niellate, che furono bellissime, perciocché era in quel mestiero veramente eccellentissimo”. Ma vera fama gli venne però non per l’arte orafa ma in quel particolare sviluppo del disegno su lastre di metallo, con lo scopo di riprodurlo attraverso l’arte tipografa. Questa arte non era nuova in Italia ma era ancora praticata in forma più o meno elementare. La prima stimolazione artistica in tal senso gli venne alla vista delle incisioni di Albrecht Dürer, alcune delle quali egli copiò con una tale perfezione da essere vendute come originali. Anche da Lucas di Leyden imparò molto. L’influenza dei modelli tedeschi è percettibile particolarmente nei paesaggi del fondo, nel tentativo di esprimere forma attraverso i mezzi della luce e dell’ombra, con più grande libertà di quella fino a quel momento praticata nelle scuole del sud. La sua prima lastra datata, illustrante la storia di Piramo e Tisbe, appartiene all’anno 1505. Essa ci presenta un’iconografia ormai divenuta canonica nell’illustrazione di questo mito: in primo piano ci sono i due protagonisti della storia. Piramo disteso a terra, con la spada ancora infilzata nel fianco destro e Tisbe sconvolta dall’orribile visione. Raimondi infatti la raffigura con la gamba destra avanzata rispetto all’altra, con il vento che le scompiglia i capelli e il velo che le cinge le spalle, svolazzante. Tale movimento contrasta con l’immobilità di Piramo sul lato destro. Anche in questa stampa non mancano i due elementi essenziali del racconto ovidiano: il sepolcro del re Nino e l’albero del moro. In lontananza si vede la città fortificata di Babilonia.

Anna Cola