21: Piramo e Tisbe

Titolo dell’opera: Piramo e Tisbe

Autore: Maestro di Paride

Datazione: 1445-1450 ca.

Collocazione: Firenze, Galleria Bellini

Committenza:

Tipologia: pannello di cassone

Tecnica: tempera su tavola (48,8 x 48,3 cm)

Soggetto principale: la morte di Piramo e Tisbe

Soggetto secondario:

Personaggi: Piramo, Tisbe

Attributi: spada, moro (Piramo); velo, moro (Tisbe)

Contesto: paesaggio boschivo

Precedenti:

Derivazioni:

Immagine:

Bibliografia: Schubring P., Cassoni. Truhen und Truhenbilder der italienischen Frührenaissance, Verlag von Karl W. Hiersemann, Leipzig 1923, vol. 1, p. 262; Casazza O., Gennaioli R., Mythologica et Erotica: Arte, e Cultura dall’antichità al XVIII secolo, Catalogo della mostra di Firenze, Sillabe Editoriale, Livorno 2005, p. 321

Annotazioni redazionali: in questa tavola è raffigurato il momento finale della storia di Piramo e Tisbe mentre in un’altra tavola è raffigurato il tragico epilogo della storia di Apollo e Dafne. Le due tempere su tavola, molto probabilmente frammenti del fronte di un cassone, sono opera del Maestro di Paride, nome convenzionale coniato da Paul Schubring nel 1915 (Schubring, 1923, p. 262) per indicare l’autore del Giudizio di Paride, che attualmente si trova nella Art Gallery and Museum di Glasgow. Il Maestro di Paride è un’artista fiorentino probabilmente formatosi nella bottega di Domenico Veneziano e sulla cui formazione influirono anche Domenico di Michelino e Pesellino; infatti la sensibilità per colori impregnati di luce, splendenti come paste vitree, l’illuminazione serena e mattutina e le forme elegantemente allungate sono certamente mutuate dall’artista ‘forestiero’ così come il gusto tardogotico, di stampo quasi nordico, nella descrizione del paesaggio. Tale attenzione verso una rappresentazione analitica della realtà si nota anche nella descrizione delle vesti eleganti all’ultima moda: Piramo ha un farsetto molto corto, mentre Apollo indossa un’elegante guarnacca, calza un paio di eleganti çabats botines, stivali di cuoio alti, secondo il gusto del momento. La quasi totale assenza di pieghe nelle vesti, il modellato appiattito degli incarnati, le ambientazioni semplificate, insieme alle strette affinità con i dipinti giovanili di Domenico Veneziano, suggeriscono una datazione nella seconda metà del quinto decennio del XV secolo e quindi le due tavolette possono essere considerate delle prime opere del Maestro di Paride. Nella tavoletta con la scena di Piramo e Tisbe viene rappresentato il momento più tragico di questo mito: la morte dei due amanti. Il giovane giace bocconi a terra, con la spada che gli esce dalla schiena e la fanciulla è rappresentata nel momento in cui si porta con entrambe le mani la spada al petto. Troviamo l’elemento ovidiano della fontana e l’albero del moro ma l’assenza della leonessa e la posizione stessa di Piramo ci allontanano dal racconto di Ovidio.

Anna Cola