14: Piramo e Tisbe

Titolo dell’opera: Storia di Piramo e Tisbe

Autore:

Datazione: 1289 ca.

Collocazione: Parigi, Bibliothèque Nationale, Ms. lat. 15158, fol. 47r.

Committenza:

Tipologia: miniatura

Tecnica:

Soggetto principale: su due registri sovrapposti vediamo: nel primo Piramo e Tisbe che si parlano attraverso il buco della parete; nel secondo Tisbe seduta accanto alla tomba del re Nino, mentre sul lato opposto si vede una leonessa

Soggetto secondario:

Personaggi: Piramo, Tisbe, leonessa

Attributi: mantello, moro (Piramo); velo, tomba, moro (Tisbe)

Contesto: interno di una casa (registro superiore); paesaggio boschivo (registro inferiore)

Precedenti:

Derivazioni:  

Immagine:

Bibliografia: Panofsky E. - Saxl F., Classical Mythology in Mediaeval Art, Gérard Monfort éditeur, Brionne 1933, pp. 96-99; Panofsky E., Il significato nelle arti visive, Einaudi, Torino 1962, pp. 47-49, fig. 8; Panofsky E., Rinascimento e Rinascenze nell’arte occidentale, Feltrinelli Editore, Milano 1971, pp. 104-107, fig. 54; Panofsky E., Studi di iconologia: temi umanistici nell’arte del Rinascimento, Einaudi, Torino 1975, p. 24, fig. 8.

Annotazioni redazionali: questa miniatura si trova in un manoscritto dell’opera di Ovidio, De remediis amoris, parte di una Psychomachia datata al 1289, nella Biblioteca Nazionale di Parigi. Esso testimonia del cosiddetto ‘principio di distacco’; infatti, secondo lo studioso Erwin Panofsky (Panofsky, 1971, pp. 105-106), ogni volta che nel maturo e tardo Medioevo un’opera d’arte prende in prestito uno schema da un modello classico, a questo quasi sempre si attribuisce un significato non classico, solitamente cristiano, mentre ogni volta che un’opera d’arte prende in prestito un tema dalla poesia, dalla leggenda, dalla storia o dalla mitologia del mondo classico, questo tema è rappresentato secondo uno schema formale non classico, di solito contemporaneo. Si verifica quindi quasi sempre che uno stile classico si trova piuttosto nella sfera ecclesiastica, e cioè nella decorazione delle chiese e degli oggetti liturgici, piuttosto che nelle rappresentazioni di soggetti mitologici o comunque classici, che adornavano le abitazioni private dei signori dell’epoca o le miniature in manoscritti secolari. Infatti afferma lo studioso (Panofsky, 1971, p. 106): “gli eroi e le eroine greci e troiani, chiamati ‘baroni’ e ‘damigelle’ nelle versioni vernacole del ciclo troiano, si muovono costantemente in un ambiente medievale, si comportano secondo i costumi medievali e indossano armature o vestiti medievali…. Tisbe conversa con Piramo attraverso un muro che separa due edifici gotici schematizzati e lo attende stando seduta su di una pietra tombale gotica la cui iscrizione ‘Hic situs est Ninus rex’ è preceduta dall’allora indispensabile croce”. Ciò avvenne perché lo spirito medievale era incapace di realizzare l’unità della forma e del soggetto classico e quindi omise di riunire questi due elementi separati, che niente avrebbero potuto evocare sia all’artista che allo spettatore. Familiari con l’idea della Vergine Maria essi potevano rappresentarla e riconoscerla anche sotto una forma classica; familiari con l’aspetto delle tombe medievali non erano stupiti nel vedere rappresentata Tisbe con il gusto dell’epoca, seduta su una pietra tombale gotica mentre non avrebbero potuto comprendere una Tisbe ‘classica’, seduta vicino ad un mausoleo classico. Per rappresentare le divinità del mondo pagano o mitologico, gli artisti si basavano sulle descrizioni trovate nelle fonti letterarie. Quindi la tradizione testuale attraverso la quale la conoscenza della mitologia fu trasmessa al Medioevo è della massima importanza per lo studio dell’iconografia. Le figure della mitologia antica non solo furono interpretate in senso generalmente moralistico, ma furono riferite in modo preciso alla fede cristiana: così Piramo fu interpretato come Cristo, Tisbe come l’anima umana, il leone come il Male che insudicia le vesti.

Anna Cola