13: Piramo e Tisbe

Titolo dell’opera: coppe bronzee

Autore:

Datazione: fine XII secolo- inizio XIII secolo

Collocazione: Copenaghen, Nationalmuseum

Committenza:

Tipologia: coppa bronzea

Tecnica:

Soggetto principale:

Soggetto secondario:

Personaggi:

Attributi: spada, moro (Piramo); velo, moro (Tisbe)         

Contesto: scena all’aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagine:

Bibliografia: Weitzmann-Fiedler J., Romanische Bronzeschale mit mythologischen Darstellungen: Ihre Beziehungen zur mittelalterlichen Schulliteratur und ihre Zweckbestimmung in Zeitschrift für Kunstwissenchaft, 10, 1956, pp. 109-152; 11, 1957, pp. 1-34; Schmitt F. Von Mühlenfels, Pyramus und Thisbe, Carl Winter, Heidelberg 1972, pp. 32-34.

Annotazioni redazionali: le coppe romaniche di bronzo del XII secolo, come Josepha Weitzmann-Fiedler (Weitzmann-Fiedler, 1956, pp. 134-152) documenta, perseguono lo stesso scopo morale che hanno i testi dei grammatici contemporanei. Il ciclo pittorico del soggetto di Piramo e Tisbe è composto normalmente di quattordici scene, divise di volta in volta in due coppe. Nelle coppe del primo gruppo Tisbe è in primo piano mentre in quelle del secondo gruppo lo è Piramo. Intorno al medaglione centrale sono ordinate le raffigurazioni restanti. Ogni scena è accompagnata da un testo incorniciato in modo tale che emergono i legami reciproci tra parola e immagine. I testi mostrano una comune tradizione di bottega artistica; in  quanto si trova ogni volta un esametro con parti dal medio latino pseudo-ovidiano. Il medaglione centrale della coppa di Tisbe, nella quale la studiosa Weitzmann-Fiedler identifica in tutto sei scene, rappresenta Piramo e Tisbe in dialogo, separati da un muro. Le tappe successive sono: la fanciulla lascia la casa dei suoi genitori, inganna il custode della città, attende Piramo al luogo stabilito, viene spaventata da una leonessa, fugge attraverso il bosco, si siede nel suo nascondiglio che è un cavo di albero. Sulle tre coppe di Piramo conosciute prosegue la successione pittorica sui medaglioni interni: Piramo lascia la casa dei genitori, trova il velo di Tisbe insanguinato, si uccide con la spada, Tisbe ritorna al luogo stabilito, trova Piramo morto, gli toglie la spada dal petto. Nel medaglione centrale la fanciulla si uccide con la spada. Secondo il principio di rappresentazione tipico del Medioevo, la figura risulta anomala: infatti il medaglione centrale della coppa di Piramo a Copenaghen, rappresentante una donna seduta con due specchi nelle mani, sembra essere fuori dell’ordinario. Ma la coppa perduta da Soisson nella prima guerra mondiale, della quale c’è ancora un ricalco, offre solamente la rappresentazione del suicidio di Tisbe. I capelli in rilievo non sono un segno caratteristico casuale: “essi rappresentano una persona viziata e si trovano spesso su queste coppe e anche nelle miniature della Psicomachia di Prudenzio. Di conseguenza questo tema può essere spiegato come condanna morale dell’atto di suicidio e risulta particolarmente tipico per il Medioevo” (Schmitt-von Mühlenfels, 1972, pp. 32-34). Come Tisbe, anche le figure allegoriche di Ira e Lussuria hanno capelli in rilievo su una coppa di virtù e vizi, conservata ad Hannover, e Mirra viene rappresentata allo stesso modo. La coppa di Piramo a Münster rappresenta, invece del suicidio di Tisbe, una figura femminile che attraverso un’iscrizione è riconoscibile come superbia. Essa tiene in ciascuna mano una qualità: nella destra un oggetto a forma di disco, nella sinistra un vaso chiuso, che spesso appare nei manoscritti in quanto attributo di vizi e virtù. Il disco si può interpretare come specchio. La superbia della coppa a Copenaghen tiene in entrambe le mani lo specchio, quindi il vizio è rappresentato in entrambi i lati ma la figura corrisponde in modo preciso alla superbia della coppa a Münster. Del resto la personificazione della superbia nella coppa di Copenaghen è incorniciata da un testo, il cui inizio appartiene alla trascrizione della prima scena della coppa di Tisbe. L’artista così personifica il vizio attraverso l’immagine di Tisbe. Il testo al centro del medaglione della coppa di Tisbe afferma: “INVIDE CUR PARIES IUVENES DISIUNGIS AMANTES”. La critica però si riferisce soltanto alla disgrazia che colpisce i due giovani, non all’amore in sé della coppia, anche se il suicidio è condannato dalla prospettiva cristiana. Nessun giudizio negativo di alcuna specie è quindi da dare alle raffigurazioni della coppa di Tisbe perché qui il suicidio viene ‘giustificato’ in quanto legato alla sventura dei due amanti.

Anna Cola