
Titolo dell’opera: Piramo e Tisbe
Autore:
Datazione: fine del XII sec. ca.
Collocazione: Basilea, duomo, capitello della terza colonna del deambulatorio
Committenza:
Tipologia: scultura
Tecnica:
Soggetto principale: Piramo uccide il leone; Tisbe trova Piramo morto; Piramo e Tisbe uniti nella morte
Soggetto secondario:
Personaggi: Piramo, Tisbe, leonessa
Attributi: spada, moro (Piramo); velo, moro (Tisbe)
Contesto: scena all’aperto
Precedenti:
Derivazioni:
Immagine:
Bibliografia: Cahier C., Nouveaux Mélanges d’Archéologie, d’Histoire et de Littérature sur le Moyen Age, Paris, 1874, p. 229; Goldschmidt A., Der Albanipsalter in Hildesheim und seine Beziehung zur symbolischen Kirchensculptur des XII.Jahrhunderts. Berlin 1895, pp. 72-73;Schmitt F. Von Mühlenfels, Pyramus und Thisbe, Carl Winter, Heidelberg 1972, pp. 55-57.
Annotazioni redazionali: sul capitello, alla terza colonna del deambulatorio, costruito verso la fine del XII secolo nel duomo di Basilea, è rappresentata Tisbe che, davanti al leone, si rifugia su un albero. Questo elemento della fiaba è abbastanza frequente nel Medioevo: Piramo incontra il leone che ha in bocca il velo di Tisbe; Piramo uccide il leone; Tisbe trova l’amato, che si è ucciso con la spada; la coppia è unita nella morte. Si è voluto vedere in questo rilievo un messaggio preciso: l’uomo deve essere messo in guardia dall’imbroglio nefasto che gli gioca il leone, d’altra parte si è creduto che si trattasse di “un esempio di funeste conseguenze…” (Cahier, 1874, p. 229). Tali tentativi di interpretazione possono essere però considerati superati da quando lo studioso Adolph Goldschmidt (Goldschmidt, 1895, pp. 72-73) ha interpretato in modo convincente il rilievo di Basilea come allegoria spirituale. Questo studioso ricorda i riassunti medio latini di racconti brevi, le conosciute Gesta Romanorum, composte forse intorno al 1300, nelle quali la storia di Piramo e Tisbe diventava allegorizzata in senso cristiano; in esse infatti Piramo veniva indicato come Gesù Cristo che si affida alla morte, Tisbe come l’anima umana che si mette al seguito di Cristo con il digiuno e le opere buone. Questa moralizzazione della favola in sensus anagogicus contiene già l’interpretazione del leone come diavolo. Goldschmidt tenta di spiegare tutto questo in chiave psicologica: l’uomo medievale, attraverso la moralizzazione, ha sdrammatizzato l’opera di Ovidio; ha respinto ciò che è inconciliabile con la teologia morale cristiana, ovvero, ha voluto giustificare con la morale la sua gioia per il racconto pagano sensuale. Egli vuole così dare un’interpretazione anagogica alla favola scolpita sul capitello del duomo di Basilea, richiamando l’attenzione all’unità iconografica, nella quale il capitello della terza colonna è in relazione con i capitelli delle restanti colonne. I rilievi del primo capitello mostrano infatti il viaggio del grifone di Alessandro come esempio noto della curiosità peccaminosa degli uomini di voler conoscere ciò che è stabilito per loro: questo corrisponde al peccato originale, alla cui base sta la stessa curiosità. La conseguenza di tutto ciò è la cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre. Sul secondo capitello il cavaliere combatte contro le bestie feroci, contro due orsi, due tori, un drago e anche contro due leoni, che preludono alla scena nella quale Piramo colpisce il leone. Le battaglie del cavaliere devono quindi mostrare “la battaglia dell’umanità che cade davanti alla forza del peccato e la sua chiamata al soccorso” (Goldschmidt, 1895, p. 72). L’ultimo capitello rappresenta il sacrificio di Isacco; mostra l’anima salvata nel seno di Abramo e lascia, al contrario, che due dannati siano torturati dai draghi. Il ciclo sui rilievi dei capitelli ha come tema anche il peccato e la salvezza degli uomini. Il sacrificio di Isacco, come prefigurazione della morte di Cristo, si ricollega al significato della storia del terzo capitello, sul quale Piramo=Cristo domina il leone=diavolo e si offre per l’anima umana, che lo segue nella morte.
Anna Cola