11: Piramo e Tisbe

Titolo dell’opera: piatto d’argento (Tesoro di Seuso)

Autore:

Datazione: fine IV - inizio V sec. d. C.

Collocazione:

Committenza:

Tipologia: piatto in argento

Tecnica:    (diametro 69,2 cm)

Soggetto principale: la morte di Piramo; Tisbe fugge dalla leonessa

Soggetto secondario:

Personaggi:

Attributi: spada, mantello (Piramo); velo (Tisbe)         

Contesto: scena all’aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagine:

Bibliografia: Mango M. M., Der Seuso-Schatzfud. Ein Ensemble westlichen und östlichen Kunstschaffens, in Antike Welt 21, Einzelpreis, Basel 1990, pp. 79-80; Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, (LIMC) Pyramos et Thisbe, Artemis, Zurigo-Monaco 1994, Vol. VII/1, pp. 606-607

Annotazioni redazionali: questo piatto (Mango, 1990, pp. 79-80) fa parte del “Tesoro di Seuso”, ha una base circolare e un ampio bordo orizzontale, incastonato da una perla, pesa 8606 grammi. La superficie del piatto abbassata mostra un motivo ornamentale cesellato a foglia. Il medaglione centrale è circondato da una corona di foglie e da un anello di perle. Il medaglione e il bordo orizzontale sono provvisti di un motivo ornamentale figurativo. Nel punto centrale del medaglione si trovano Meleagro, Atalanta e altri quattro cacciatori, che avevano preso parte alla caccia al cinghiale calidonio. Questa storia viene tramandata da Apollodoro nel seguente modo: Meleagro uccise il cinghiale, che in precedenza Atalanta aveva già colpito con una freccia. In seguito Meleagro, innamorato di Atalanta, le consegnò la pelle del cinghiale come trofeo di vittoria. Entrambi gli zii di Meleagro, che pure avevano partecipato alla caccia, si indignarono del fatto. Nel diverbio che seguì, Meleagro li uccise. La madre di Meleagro, adirata per la morte dei suoi fratelli, si ricordò di un’antica profezia delle parche e quindi scelse il pezzo di legno alla cui integrità era intrecciata la vita di Meleagro e lo gettò nel fuoco in modo sconsiderato. Così Meleagro morì miseramente. A motivo di questa tragica fine la leggenda della caccia al cinghiale calidonio fu uno dei temi preferiti per i rilievi sui sarcofagi romani del II e III secolo d.C.. Un altro tema altrettanto popolare, che scaturisce dalla saga, è l’amore tra Meleagro e Atalanta. La loro posizione nel mezzo del medaglione mostra il duplice tema della caccia e dell’amore. Quest’ultimo è sottolineato sul bordo del piatto anche attraverso la raffigurazione delle coppie di amanti minacciate dagli animali. Qui si trovano infatti, separati da sei maschere, quattro scene narrative (il giudizio di Paride, Perseo e Andromeda, Ippolito e Fedra, Piramo e Tisbe), insieme a due scene con figure differenti, Leda con il cigno. Singolare è la combinazione delle diverse scene sul piatto, mentre molteplici le origini delle singole immagini particolari. Alcune, come il giudizio di Paride, erano ben note ai tempi dei romani, altre, di provenienza più misteriosa, poterono essere ricavate persino da qualche elemento orientale. Anche gli stili di rappresentazione sul piatto, quello eroico nel medaglione centrale e quello più pittoresco sul bordo orizzontale, si differenziano. Fra le altre scene raffigurate sul bordo: a sinistra, circondato da due ninfe sedute con i gomiti poggiati ciascuna su una anfora rovesciata, Piramo, con tunica e mantello, è disteso su una roccia, il viso poggiato sul braccio destro ripiegato; il braccio sinistro, che ha lasciato andare la spada, pende inerte. Al centro, sul fondo, una leonessa balza verso sinistra, portante tra le fauci un lembo di tessuto. A destra, Tisbe, con il peplo e un velo gonfiato a forma di arco dietro la schiena, fugge verso destra con le braccia levate, con il busto girato verso sinistra e ai suoi piedi vi è un vaso rovesciato. All’estremità destra un personaggio, seduto su una roccia, suona la siringa. Questa iconografia del mito di Piramo e Tisbe sembra qui fondere le due tradizioni, quella orientale (Cfr. scheda opera 09) e quella ovidiana (Cfr. scheda opera 01). Infatti le anfore rovesciate delle ninfe, dalle quali sgorga l’acqua, ricordano con questo particolare la metamorfosi di Piramo in fiume e di Tisbe in sorgente mentre la scenetta di Tisbe che fugge spaventata dalla leonessa e quella del suicidio di Piramo derivano dalle Metamorfosi di Ovidio.

Anna Cola