04: Piramo e Tisbe

Titolo dell’opera: Piramo e Tisbe

Autore:

Datazione: I secolo d. C. - IV stile

Collocazione: Pompei, Casa di Ottavio Quartione (c.d. di Loreio Tiburtino) II, 2, 2 nel ninfeo dell’euripo, a destra della fontana

Committenza:

Tipologia: dipinto

Tecnica: affresco

Soggetto principale: la morte di Piramo e Tisbe

Soggetto secondario: in lontananza una leonessa fugge

Personaggi: Piramo, Tisbe, leonessa

Attributi: spada, mantello (Piramo); velo, moro (Tisbe)

Contesto: paesaggio boschivo

Precedenti:

Derivazioni:

Immagine: home.golden.net/ ~eloker/gallery/pompg.htm

Bibliografia: Schefold K., Pompejanische Malerei: Sinn und Ideengeschichte, Basel 1952, p.53, fig. 1;Schmitt F. von Mühlenfels,  Pyramus und Thisbe – Rezeptionstypen eines Ovidischen Stoffes in Literatur, Kunst und Musik, Carl Winter Universitätsverlag, Heidelberg 1972, pp. 24-25; Baldassarre I., Piramo  e Thisbe: dal mito all’immagine in L’art décoratiƒ à Rome (1981), p.342, fig. 4; Pompei. Pitture e Mosaici, vol. III, Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, Roma 1991, pp. 42, 102-105, fig. 91-92, 94;Pascale Linant de Bellefonds in “Lexicon Iconographicum Mythologiae classicae, Artemis, vol. VII/1, Zurigo-Monaco 1998, pp. 606-607, fig. 22.

Annotazioni redazionali: il soggetto rappresenta la morte di Piramo e Tisbe. In un paesaggio roccioso, Piramo nudo, il corpo crivellato di ferite, è disteso verso destra sopra il suo mantello, il viso rovesciato, gli occhi aperti; presso la sua mano destra c’è una sorta di asta da pastore e non il fodero della spada. Tisbe seminuda si getta su di lui, configgendosi la spada nel petto. A destra un albero al quale è appeso un drappo. Sullo sfondo c’è la leonessa, che qui assume un particolare rilievo, col muso di prospetto sottolineato da una ferocia trionfante mentre fugge verso sinistra. Benchè anche qui il soggetto sia il suicidio dei due amanti, parecchi dettagli si riferiscono alla versione ovidiana del mito: il gelso, la leonessa, il velo strappato e il modo con cui Tisbe si dà la morte, gettandosi sulla punta della spada; solo il corpo di Piramo, che è cosparso di ferite, sembra imputabile ai graffi della leonessa piuttosto che alle ferite di una spada e ciò denota forse una conoscenza meno diretta del testo di Ovidio. Lo schema di Tisbe (Baldassarre Ida, 1981, p. 342), in atto di uccidersi sul corpo senza vita di Piramo, è stato rovesciato rispetto ai precedenti affreschi (Cfr. scheda opera 01, scheda opera 02 e scheda opera 03), per cui il giovane appare di pieno prospetto. Su questi dipinti, tutti con il medesimo soggetto, ossia la morte di Tisbe distesa accanto al corpo di Piramo, lo studioso Karl Schefold (Schefold Karl, 1952, p. 53) ha sviluppato una sua teoria, secondo la quale il senso di tale pittura romana illusionista si trova nella consacrazione della casa: “nel terzo e quarto stile i temi del destino e del condizionamento terreno sono talmente sovrapposti che il significato originario della tradizione è dimenticato”. Il senso delle rappresentazioni di Piramo e Tisbe sono da collegare in un’unica visione con altri soggetti dipinti nella casa. Infatti troviamo nella Casa di Loreio Tiburtino un altro dipinto, raffigurante Narciso che muore alla fonte, posto di fronte a Tisbe che si pugnala sopra al cadavere di Piramo. Narciso e Tisbe sono coscienti della morte terrena e della felicità nel regno del mistero divino. Per il dipinto, che si trova nella Casa di Marco Lucrezio Frontone, Schefold  sostiene (Schefold Karl, 1952, p. 192): “particolarmente curioso è che di fronte a Tisbe, invece di Narciso, possono essere posti persino Bacco e un Sileno che suona la lira”. Anche il terzo dipinto, quello attualmente al Museo Nazionale di Napoli, illustra il tema dei misteri della religione pagana (Schefold Karl, 1952, p. 187): “la parete principale riporta una scena baccanale (non ermafrodita), mentre parte della parete circostante raffigura delle muse. La camera è dipinta nel terzo stile, la composizione del quadro diventa comprensibile grazie all’atmosfera baccanale e afrodisiaca”. Secondo lo studioso Schmitt (Schmitt-von Mühlenfels, 1972, p. 25) emerge il fatto straordinario che un racconto della figlia di Minia rivolto contro Bacco e la sua nuova religione può diventare addirittura simbolo della redenzione baccanale. Per altri studiosi la presenza di Narciso in quest’ambiente sembra voler sottolineare l’importanza dell’acqua nell’allestimento bicliniare. Infatti la storia narra che Narciso, innamorato della propria immagine riflessa in un corso d’acqua, vi affoga e viene trasformato in un fiore che nasce presso i corsi d’acqua.

Anna Cola