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1563

GIUSEPPE OROLOGGI, Annotazioni a Le Metamorfosi di Ovidio ridotte da Giovanni Andrea dell’Anguillara in ottava rima, 1563, libro IV

Gli amori di Piramo, e Tisbe narrati da Alcithoe, sono con ogni maniera di leggiadria rappresentati da l’Anguillara; che le va con la felicità del suo stile, facendo ricchi di spiriti, di affetti, di conversioni, di comparatione, di descrittioni e de ogni ornamento poetico, onde si può veramente dire, che si sia, così in questa, come in tutte l’altre sue rappresentazioni, tutto trasformato nello spirito di Ovidio, il quale quando havesse avuto a scrivere la histoira di questi dui infelici amanti in questa nostra lingua italiana, so che non l’avrebbe potuta vestire di più vaghi & artificiosi ornamenti, di quelli che si scoprono, nella poesia dell’Anguillara; il quale descrive felicemente così la bellezza de Piramo, nella stanza; Fra i più lodati giovani del mondo, come ancora quella di Tisbe in quella; Et s’ei tutti eccedea di quell’etade. Vaga conversione a i padri de gl’inamorati è quella della stanza, O sfortunati padri ove tendete, come è ancor quella al muro che rafredava gli accesi desideri che i giovanetti amanti, nella stanza Dhe perche non ti muovi a i nostri preghi. Come scopre poi gli affetti così del giovane, come di Tisbe, mentre che attendevano l’hora, nella quale speravano di dar compimento a i loro focosi amori nella stanza Chi potria dire ogni amorosa cura e in quelle che seguono, si vede ancora bellissima la conversione che fa a Tisbe, dicendo Che voi far infelice aspetta ancora. Bellissima è la conversione fatta alla Luna, nella stanza Dhe Luna ascondi il luminoso corno; come è ancora quella, a Piramo poco più oltre Dhe non dar fede misero a quel panno, bellissima, è molto affettuoso è il cordoglio del giovane che comincia nella stanza Come recuperar la voce puote girando le sue dogliose parole, quando alla morte, quando alle stelle, quando ai cieli, quando alle fiere, quando alle vesti dell’amata Tisbe, quando al leone e quando a se stesso. E molto vaga ancora la conversione che fa il poeta alle stelle nel voler Piramo farsi la punta della spada nel petto, nella stanza: Appoggia in terra il pomo della spada; come è ancor vaga quella a Tisbe, nella stanza: O sventurata, e dove ti conduce. Insieme con l’ultime parole piene di vari affetti, molto vagamente rappresentati de gl’infelici amanti che si legono nelle stanze che seguono. Come medesimamente si vede ancora rappresentato felicemente l’epitafio di quelli infelici amanti nella stanza: Qui stan Piramo, e Tisbe amansi e danno.