1330-1365 ca.
FRANCESCO PETRARCA, Rime disperse, sonetto XVII
Testo tratto da: F. Neri, G. Martelletti, E. Bianchi, N. Sapegno, R. Ricciardi (a cura di), Francesco Petrarca, Rime, trionfi e poesie latine, Milano-Napoli 1951, vol. VI, pp. 607-608
Sì come il padre del folle Fetonte
Quando prima sentì la punta d’oro
Per quella Dafne che divenne alloro,
de le cui fronde poi si ornò la fronte;
e come il sommo Giove nel bel monte
per Europa trasformassi in toro;
e com per Tisbe tinse il bianco moro
Piramo del suo sangue innanzi al fonte;
così son vago de la bella Aurora,
unica del sole figlia in atto e in forma,
s’ella seguisse del sua padre l’orma.
Ma tutti i miei pensier convien che dorma
finchè la notte non si discolora:
così, perdendo il tempo, aspetto l’ora.
E se innanzi di me tu la vedesti,
io ti prego, Sennuccio, che mi desti.