1361-1375
BOCCACCIO, Delle Donne Illustri
VI. Minerva
[...] ed in esso la [Minerva] rappresentarono in una statua dagli occhi torvi, con in capo un elmo, coperta di corazza, con in mano un’asta lunghissima, protetta da un’egida di cristallo, con la testa di Medusa nel mezzo. Con ciò vollero, volta a volta, significare: che raramente si può sapere a che scopo tenda il sapiente; che i piani dei sapienti sono segreti e alla lunga preparati; che il sapiente è sempre armato contro i colpi della fortuna; che il sapiente dirige i suoi colpi mirando lontano; infine che ogni allegoria è chiara al sapiente e che i sapienti stessi sono muniti di così serpentina astuzia, che gli ignoranti – quando li guardano – sembrano diventare di pietra. [...]
XXII. Medusa, figlia di Forco
Medusa fu figlia del ricchissimo re Forco e sua erede. Il suo splendido regno fu nell’Oceano Atlantico e, secondo alcuni, nelle isole Esperidi. Se dobbiamo prestar fede agli antichi, Medusa fu così meravigliosamente bella, che non solo superava tutte le altre, ma, come una meraviglia superiore all’ordine naturale, attraeva anche lo sguardo di molti uomini. Aveva la chioma folta e d’oro, ornamento singolare del volto; corpo alto e slanciato; ma tra le altre qualità, così grande e dolce fu il vigore del suo sguardo, che quasi impietriva e smemorava quanti guardava benevolmente. Fu anche espertissima di agricoltura (come alcuni affermano); e perciò ottenne il soprannome di Gorgone; e coll’esercizio di quest’arte non solo con sagacia mirabile serbò le ricchezze del padre, ma le accrebbe a tal punto che quanti la conobbero credevano che ella superasse in ricchezza tutti i re dell’occidente. Così per la straordinaria bellezza, come per la ricchezza e l’acutezza dell’ingegno, riuscì a grandissima fama anche presso i più lontani popoli; e tra gli altri fino agli Argivi. Tra essi Perseo, il più splendido tra i giovani Achei, quando sentì parlare dei pregi di Medusa, concepì subito il desiderio di vedere la bellissima donna e di impadronirsi dei suoi tesori. Imbarcatosi su di una nave, che aveva per insegna il cavallo Pegaso, con rapidità mirabile, si portò in occidente, dove, col prudente uso delle armi, conquistò la regina e il suo tesoro e tornò ai suoi, carico di ricca preda. Da ciò prese spunto la favola dei poeti che Medusa Gorgone fosse solita impietrire quanti guardava; e che i suoi capelli fossero stati mutati in serpenti dall’ira di Minerva, perché ella aveva profanato il suo tempio giacendovi con Nettuno e generando Petaso; e che Perseo, inforcando un cavallo alato, fosse volato nel suo regno; e che, armato dello scudo di Pallade, l’avesse vinta. Infelice il possesso dell’oro: se esso rimane nascosto, nessun vantaggio ne viene al possessore; ma, solo che luccichi, ecco nascere mille agguati da parte di coloro che lo appetiscono; e anche se le mani dei bricconi se ne astengono, non vengono perciò meno le ansie dei possessori; ogni tranquillità è cacciata dall’animo; si perde il sonno, subentra la paura, diminuisce la sicurezza, aumenta il sospetto; e, per dirla in breve, è tolta al misero la possibilità di godere veramente della vita. Se poi per qualche accidente la ricchezza va in rovina, l’avaro, divenuto povero, è torturato dall’angustia, mentre l’uomo d’animo eletto si compiace, l’invidioso ride, l’indigente si consola e tutto il popolo mette alla berlina l’avaro che si lamenta.