Medfc07

460 a.C.

ESCHILO, Prometeo Incatenato, II

 

PROMETEO

Se vi sta tanto a cuore, non posso impedire: ecco l'aperta predizione, come voi insistete. Iò comincerò da te. Svelo il gorgo infinito del tuo vagare: segnalo, tu, nei fogli profondi della memoria. Compiuto il tuo guado del fiume, frontiera di due terreferme, cammina alle fonti lucenti del sole, passa fragore di mare ed ecco, ti trovi alle zolle Gorgonie, laggiù, a Cistene. Vi stanno le Forcidi, tre, millenarie fanciulle - cigni, a vederle - una sola pupilla per tutte, un identico dente. Mai si posò su di loro sguardo radioso di sole, o di notte lunare. Accanto, le loro sorelle, pennute, villose di rettili: tre Gorgoni, schifo del mondo. Un'occhiata, e non c'è creatura che serbi il respiro. Ti serva da scudo il racconto. Attenta. Ecco il quadro che segue: ripugna, al contatto. Schiva la muta di Zeus, i Grifoni: becchi taglienti, non sanno ringhiare. Con loro il branco sgroppante dei guerci Arimaspi, al galoppo: stanno alla sponda del rivo Opulento, che fluisce dorato. Gente da non starci vicina. Poi arrivi alla terra ai confini del mondo, agli uomini negri che vivono sotto le fonti del sole, là dove scorre l'Etiope, il fiume Riarso. Inoltrati lungo gli argini, finché incontrerai la cascata: laggiù, dalle alture dei Libri sgorga il flusso adorato e prezioso del Nilo. Sarà lui ad aprirti la strada, giù al triangolo di terra che si chiama Nilotide. A tale distanza, Iò è deciso che sorga a te e al tuo ceppo la nuova dimora. Se nel racconto c'è parola che zoppica, chiusa, ostinata, chiedi due volte, illumina la tua conoscenza. Tanto è fermo il mio tempo: più di quel che vorrei.