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490 a.C.

PINDARO, Pitica XII, A Mida d’Agrigento Auleta

 

Ti chiedo, amica di splendore,

bellissima fra le città mortali,

dimora di Persefone, che stai

sopra l’altura bene edificata

sulle rive dell’Acràgas

che nutre le tue greggi,

accogli benigna, o sovrana,

col favore dei numi e degli uomini

questa corona da Pito

per Mida illustre,

e lui stesso vincitore dei Greci

nell’arte che un giorno trovò,

intrecciando il funereo lamento

delle violente Gòrgoni, Pallade Atena;

dai loro capi di vergini

e dalle teste inaccessibili dei serpi

ella l’udiva stillare

con luttuoso travaglio,

quando la terza parte

delle sorelle Pèrseo eliminò

recando rovina

a Sèrifo marina e al suo popolo.

Così fiaccò la stirpe mostruosa di Forco

e volse in lutto a Polidette

il convito e il costante servaggio

della madre e l’imposto connubio

poi ch’ebbe rapito

il capo di Medusa dalle forti gote

il figlio di Danae che nacque, si dice,

dall’oro che piovve spontaneo.

Ma quando da queste fatiche

Ebbe salvato l’eroe diletto,

una melodia da vergine compose

con tutte le voci dell’aulo,

per imitare con lo strumento

il lamento sonoro scaturito

dalle mascelle frenetiche di Eurìale.

La dea la trovò e trovatala

ne fece dono agli uomini mortali,

la chiamò aria delle molte teste,

glorioso incentivo alle gare

che adunano il popolo;

essa percorre il bronzo sottile

e insieme le ance di canna

che vive presso la città delle Càriti

dai bei cori, nel sacro recinto

della ninfa Cefìsia,

fedeli testimoni dei coreuti.

Se c’è felicità fra gli uomini

non appare mai senza fatica;

o in questo giorno potrà adempierla il dio

– certo, non si sfugge al destino –

ma vi sarà un tempo, questo,

che con un colpo imprevisto

anche a taluno darà un esito inatteso

e non l’altro.

I sec. a.C.

Igino, Astronomica, II, 12, 1

Perseus. Hic nobilitas causa et quod inusitato genere concubitionis esset natus, ad sidera dicitur pervenisse qui missus a Polydecte Magnetis filio ad Gorgonas, a Mercurio, qui eum dilexisse existimatur, talaria et patesum accepit, praeterea galeam, qua indutus ex adverso non poterat videri. Itaque Graeci Aidos galeam dixerunt esse, non, ut quidam inscientissime interpretatur, eum Orci galea usum; quae res nemini docto potest probari. Fertur etiam a Vulcano falcem accepisse ex adamante factam, qua Medusam Gorgona interfecit; quod factum nemo conscripsit.

12,2

Sed , ut ait Aeschylus, tragediarum scriptor, in Phorcisi, Graecae fuerunt Gorgonum custodes; de quo in primo libro Genealogiarum scripsimus. Quae utraeque uno oculo usae existimantur, et ita suo quaeque tempore accepto oculo vigilias egisse. Hunc Perseus, una earum tradente, exceptum in paludem  Tritonida proiecit. Itaque custodibus excaecatis, facile Gorgona somno consopitam interfecit. Cuius caput Minerva in pectore dicitur habere conlocatum. Euhemerus quidem Gorgona a Minerva dicit interfactam; de qua allo tempore plura dicemus.