591-570 a.C.
PSEUDO-ESIODO, Lo scudo di Eracle, vv. 216-237
E ancora il figlio di Danae bella chioma, Perseo cavaliere,
non toccava con i piedi lo scudo, né vi era lontano,
prodigio a vedersi, ché non poggiava in alcun luogo.
Così infatti l’avevano scolpito le mani dell’illustre Ambidestro,
d’oro; i piedi avvolti da alati calzari;
intorno alle spalle una spada dai neri legami pendeva
dal balteo di bronzo; ed egli volava come pensiero.
Tutto il suo dorso avvolgeva il capo di un mostro terribile,
la Gorgone, che aveva posto, meraviglia a vedersi, in un sacco
d’argento; e da lì scendevano frange d’oro
lucenti; le tempie dell’eroe stringeva il terribile
elmo di Ades che della notte aveva la tenebra orribile.
E Perseo stesso, figlio di Danae, stava ritto come
chi si affretta e trema per la paura: alle sue spalle
le Gorgoni tremende e innominabili si lanciavano
pronte a ghermirlo; e mentre avanzavano sul pallido
acciaio, risuonava lo scudo di un rombo pesante,
acuto e stridente; alle loro cinture stavano appesi
due serpenti con le teste tese in avanti;
e questi sibilavano, muovendo i denti con furia,
lo sguardo selvaggio; sulle teste terribili di Gorgoni
si agitava un’immensa paura. [...]