Titolo dell’opera: Marte e Venere giocano a scacchi
Autore: Alessandro Varotari, detto Padovanino
Datazione: 1630-40
Collocazione: Oldenburg, Landesmuseum für Kunst und Kulturgeschichte Augusteum
Committenza:
Tipologia: dipinto
Tecnica: olio su tela (99 x 118 cm)
Soggetto principale: Marte e Venere giocano a scacchi
Soggetto secondario:
Personaggi: Marte, Venere, Vulcano (?), Amore
Attributi: elmo, corazza (Marte); rete (Vulcano) (?)
Contesto: scena d’interno
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:http://www.art-prints-on-demand.com/a/varotari-alessandro/mars-and-venus-at-the-che.html
Bibliografia: Valone C., Il Padovanino: a new look and a new work, in “Arte Veneta”, XXXVI, 1982, pp. 161-177; Pallucchini R., Il mito classico nel Padovanino, in Scritti di storia dell’arte in onore di Roberto Salvini, Sansoni, Firenze 1984, pp. 483-485, Ruggeri U., Il Padovanino, Soncino, Crema 1993; Punzi A., Tristano. Storia di un mito, Carocci, Roma 2005
Annotazioni redazionali: Il dipinto mostra un’iconografia insolita, non riscontrabile nei testi letterari, della rappresentazione del mito di Marte e Venere sorpresi da Vulcano. In esso, infatti il gioco di amore e di seduzione, da parte della dea, si attua attraverso la simbologia del gioco degli scacchi, oltre ai consueti elementi. I due amanti sono impegnati in una partita, durante la quale Venere si piega in avanti, verso Marte, per giocare la sua pedina, ma anche, con l’altra mano, per fare dolcemente il gesto di togliergli l’elmo. La dea è nuda, con i gioielli di perle e i bracciali d’oro, presenti nella consueta iconografia, seduta sugli abiti, che si è appena tolta per conquistare e attrarre il suo amante. Non è possibile, attraverso l’immagine, capire come si stia svolgendo il movimento degli scacchi fra i due e chi stia compiendo la mossa vincitrice, ma tutto fa capire che sarà Venere, trionfatrice sul dio della guerra, sia nel gioco reale, sia nell’amore, come tramandato dalle fonti letterarie di Lucrezio (Vulfc10) e Ovidio (Vulfc14, vv. 563-566) e ripreso, con molto interesse, nel Rinascimento, soprattutto a Firenze, nella filosofia di Marsilio Ficino (Cfr. scheda opera 21 e scheda opera 22). Ad accentuare questo concetto, c’è il piccolo Amore, che, tenendosi abbracciato alle gambe della madre, guarda Marte con attenzione, tenendo una mano in bocca, in un gesto prettamente infantile. Il pittore sembra aver voluto cogliere, in questa tela, il momento in cui scaturisce l’amore fra le due divinità, facendo un evidente riferimento alla storia di altri amanti della letteratura, legati indissolubilmente da questo sentimento, quali Tristano ed Isotta. In questo dipinto non è presente, però, l’aspetto drammatico di una storia infelice, ma prevale la componente di un amore cortese, che conquista il cuore di Marte: il dio, mai vinto in guerra, sta, invece, per cedere all’amore. Egli, infatti, sedutodi fronte a Venere, è intento e concentrato nel gioco, ma già ha dismesso parte degli abiti marziali, mantenendo solo la corazza luccicante e l’elmo con il ricco cimiero. Ha il braccio destro poggiato sulla gamba, che si incontra con quello di Venere, mentre l’altro, alzato per sorreggere il viso, si viene a trovare vicino alla mano di un personaggio maschile, probabilmenteVulcano, che sta penetrando, piuttostoirato, dal fondo. Quest’ultimo, con il gesto della mano destra, sembra scacciare Marte, mentre con l’altra tiene una matassa d’oro, pronto a lanciarla sui due amanti, per legarli e imprigionarli, secondo la tradizione omerica. Il dio tradito è raffigurato piegato in avanti, con il volto incattivito e la bocca tesa in un ghigno, che lo fa rassomigliare ad un satiro, gli occhi stretti per la rabbia, il corpo in ombra di chi avanza di soppiatto, per cercare di non farsi scorgere, in un’immagine che accentua la diversità fra il suo volto e quello bello e sereno di Marte. La scena è ambientata nell’interno del palazzo lussuoso che Vulcano aveva preparato per le sue nozze con Venere, nella stanza con il letto, ormai profanato (Vulfc01, v. 269), su cui si trovano i due amanti.
Giulia Masone