70: Marte, Venere e Vulcano

Titolo dell’opera: Venere, Marte e Amore

Autore: Guercino

Datazione: 1633

Collocazione: Modena, Galleria Estense

Committenza: Francesco I, duca di Modena

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tela (139 x 161 cm)

Soggetto principale: amori di Marte e Venere

Soggetto secondario:

Personaggi: Marte, Venere, Amore

Attributi: almo, armatura (Marte); arco, freccia e faretra (Amore)

Contesto: scena d’interno

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Pallucchini R., I dipinti della Galleria Estense di Modena, Cosmopolita, Roma 1945; Salerno L., I dipinti di Guercino, Bozzi, Roma 1988; Ficacci L., Guercino, Art dossier, LXI, Giunti, Firenze 1991; Mahon D., sir, Giovanni Francesco Barbieri. Il Guercino, 1591-1666, catalogo mostra (Bologna, Museo Civico Archeologico; Cento, Pinacoteca Civica e Chiesa del Rosario, 1991), Nuova Alfa, Cagliari 1991; Stone D. M., Guercino. Catalogo completo dei dipinti, Cantini, Firenze 1991

Annotazioni redazionali: Di questo dipinto si hanno notizie fin dalle notazioni relative al suo pagamento finale, che risale al gennaio del 1634, attuato da Cesare Cavazzini, per conto del committente Francesco I duca di Modena, estimatore ed ammiratore del Guercino. Il dipinto, che è sempre rimasto nelle collezioni degli Este, ad eccezione di un breve interludio in Francia tra il 1796 e il 1815, è stato catalogato alla fine del Settecento da Pallucchini (1945, p. 138, n. 308) e da Salerno (1988, p. 242, n. 151), il quale fa cenno ad un inventario del 1692 (n. 94) che riporta la presenza del dipinto nella Camera dei Sogni del Palazzo Ducale di Sassuolo, come indicato da Massimo Prondini. Fu trasferito a Modena, dopo che Francesco III nel 1745 ebbe venduto ad Augusto III di Sassonia molti dei dipinti estensi e lì si trova tuttora. La concezione del dipinto ha un’iconografia non consueta. In essa si vede Amore che è istruito da Venere a mirare non a Marte, che sta vicino a lui, ma direttamente allo spettatore e quindi, forse, allo stesso Francesco I duca di Modena, che lo aveva commissionato, e la cui aquila, simbolo di famiglia, si scorge sulla faretra. Venere è raffigurata nuda, coperta sulle gambe da un telo. Con la mano destra, sollevata, indica con l’indice teso, nella direzione verso la quale Amore deve indirizzare la sua freccia e mantiene una espressione serena e consapevole del suo potere, con il quale, secondo le fontiletterariedi Lucrezio (Vulfc10) e di Ovidio (Vulfc14, vv. 563-566), sa di poter piegare l’impeto del dio della guerra. In terra, vicino a lei, è poggiata la faretra aperta di Amore, dalla quale sporgono alcune frecce. Alle loro spalle, sullo sfondo, c’è una cortina scura, dalla quale si introduce Marte, ancora tutto armato, come descritto da Pausania (Vulfc27, 18, 5) e, successivamente, da Boccaccio (Vulfm16, IX, cap. III), che riferisce le parole di Stazio, relative alla bellezza delle sue armi. Egli, rappresentato con la barba e i baffi, indossa la corazza, l’elmo piumato, ed un mantello rosso. Nella mano destra stringe un’asta e con la sinistra sembra aprire la cortina posta dietro Venere. Ha lo sguardo assorto rivolto verso Amore, e sembra preoccupato per le conseguenze delle sue frecce, di cui anche lui ha provato la forza, che è risultata superiore a quella delle sue stesse armi da guerra.

Giulia Masone