
Titolo dell’opera: Marte e Venere
Autore: Van Dyck, scuola di
Datazione: 1630
Collocazione: Roma, Galleria Colonna
Committenza:
Tipologia: dipinto
Tecnica: olio su tela (154 x 125 cm)
Soggetto principale: amori di Marte e Venere
Soggetto secondario:
Personaggi: Marte, Venere, Amore
Attributi: armatura, elmo (Marte)
Contesto: paesaggio boschivo
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Puyvelde L., van, Van Dyck, Gründ, Paris 1950; Byam Shaw J., Paintings by Old Master at Christ Church, Oxford, London 1967; Larsen E., L’opera completa di Van Dick, Rizzoli, Milano 1980; Safarik E. A., Catalogo sommario della Galleria Colonna in Roma. Dipinti, Bramante, Roma 1981; Wheelock A.K. – Barnes S. – Held J. S., Van Dyck. Paintures, National Gallery of Art, Washington 1991; Barnes S.J. – Boccardo P. - Di Fabio C. – Tagliaferro L., Van Dyck a Genova. Grande pittura e collezionismo, catalogo mostra (Genova, Palazzo Ducale, 1997) Electa, Milano 1997
Annotazioni redazionali: Il dipinto, che si trova nella Galleria Colonna, acquistato probabilmente tra il 1818 e il 1847, secondo molti critici, è da ascrivere alla scuola di Van Dych, mentre tradizionalmente era stato attribuito all’ambiente rubensiano. La composizione ripropone, rovesciandolo, un dipinto di Rubens sul medesimo soggetto, in formato orizzontale datato 1617 ca.. In esso si raffigura l’amore di Venere e Marte, secondo la narrazione del mito presentata da Esiodo (Vulfc02), che parla del legittimo amore delle due divinità, da cui viene generata Armonia. Marte, piegato accanto a Venere, si rivolge alla dea, stringendo il suo braccio destro con il suo. Il dio è armato, con la corazza e mantello, mentre, intorno a lui, si affrettano due puttini, che gli tolgono parte dell’armatura. Uno, infatti, in alto, ha già nelle mani l’elmo con il cimiero, mentre un altro tiene per le briglie il suo cavallo, che rivolge il muso verso il padrone (Cfr. scheda opera 55). Questi, invece, tutto preso dal suo amore per Venere, si rivolge solo verso di lei con uno sguardo appassionato. La deachina il capo verso di lui, con gesto dolce, e nel frattempo gli toglie la spada, in un’iconografia che rimanda al concetto, ribadito nel Rinascimento, della vittoria della dea dell’amore sul dio della guerra, che rimane avvinto e disarmato da lei (Marsilio Ficino, Vulfr01), in un aspetto già presente nella narrazione latina di Lucrezio (Vulfc10) ed Ovidio (Vulfc14, vv. 563-566). A terra, ai loro piedi, è poggiata parte dell’armatura appena dismessa. La scena è ambientata in uno spazio boschivo, ispirata a Reposiano (Vulfc29) che, a differenza delle fonti classiche, inserisce l’incontro fra le due divinità in un ambiente naturale, in un prato ombreggiato di siepi e di alberi.
Giulia Masone