
Titolo dell’opera: Marte, Venere e Amore
Autore: Pieter Paul Rubens
Datazione: 1630 ca.
Collocazione: Londra, Dulwich College Picture Gallery
Committenza:
Tipologia: dipinto
Tecnica: olio su tela (195 x 133 cm)
Soggetto principale: amori di Marte e Venere
Soggetto secondario:
Personaggi: Marte, Venere, Amore
Attributi: scudo, armatura (Marte); frecce, ali (Amore)
Contesto: scena d’interno
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Held J. S, Rubens, Garzanti, Milano 1963; Baudouin F., Pietro Pauolo Rubens, Mercatorfonds, Anversa 1977; Held J. S., The Oil Sketches of Peter Paul Rubens, Princeton University, Princeton 1980, vol. I; Jaffé M., Rubens. Catalogo completo, Rizzoli, Milano 1989; Bodart D., Rubens, Art Dossier, XLIV, Giunti, Firenze 1990; Denk C., Rubens, in Venus. Bilder einer Göttin, hrsg. von den Bayerischen Staatsgemäldesammlungen, Alte Pinakotek, Müchen 2001, pp. 170-172
Annotazioni redazionali: Il dipinto appartenne precedentemente alla collezione del duca d’Orleans, già prima del 1720, anno in cui fu visto e documentato da Watteau. Messo poi all’asta con tutta la collezione, fu in pochi anni, venduto varie volte e infine divenne proprietà del re di Polonia, per poi giungere alla Galleria di Londra, alla quale fu donato, nel 1811, da sir Francis Bourgeois. Rubens, che tratta il tema dell’amore di Marte e Venere in varie tele (Cfr. scheda opera 64, scheda opera 65 e scheda opera 72), rappresentandolo sotto vari punti di vista, anche in relazione al momento storico in cui li esegue, sceglie, in questa occasione, una soluzione iconografica diversa da quelle consuete, privilegiando un’atmosfera di tenerezza familiare e domestica, piuttosto che il momento della seduzione e dell’adulterio (Cfr. scheda opera 77). La dea, infatti si prepara per allattare, sotto gli occhi attenti di Marte, Amore, che, secondo molte versioni del mito, è figlio di questa passione furtiva. È seduta sul bordo del letto, nuda, con i gioielli di perle, come di consueto raffigurato nell’iconografia tradizionale, coperta solo sui fianchi da una tela blu azzurra, mentre dalla spalla destra scende un panno bianco, trattenuto da un bracciale d’oro. Con la mano stringe il seno sinistro, da cui fuoriesce già del latte, e guarda con molta tenerezza il figlio, che si sta affannando a salire sulle sue ginocchia, affamato, aggrappandosi al suo braccio. Il piccolo, figlio di questo amore, come detto già da Simonide (Vulfc04), guarda la madre, con sguardo intenso, attento ad ottenere quello che desidera e già apre la bocca per succhiare il latte che gli arriva sul viso. Ha lasciato in terra la faretra e le frecce, dimenticando di colpire e far innamorare le persone. Questo tipo di iconografia, non presente nelle fonti letterarie, magià utilizzato in una tela di Veronese (Cfr. scheda opera 55), sta ad indicare la fecondità di questa unione. A destra, è giunto Marte, che ha tolto l’elmo, ma ancora indossa la corazza e tiene in mano lo scudo, opera di Vulcano. Nonostante la marzialità delle armi, ha perso l’atteggiamento bellicoso e sembra interessato a questo ambiente familiare, in atteggiamento di protezione nei confronti di due persone a lui care, unendo, nella sua persona, la forza delle armi e la delicatezza dei sentimenti, che accentua le sensibilità già presente nel rapporto della madre con il figlio.
Giulia Masone