64: Marte, Venere e Vulcano

Titolo dell’opera: Il ritorno dalla guerra: Marte disarmato da Venere

Autore: Pieter Paul Rubens e Jan Brueghel il Vecchio

Datazione: 1610-1612

Collocazione: Los Angeles, The Paul Getty Museum

Committenza: Arciduca Alberto dei Paesi Bassi

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tela  (127,3 x 163,5 cm)

Soggetto principale: amori di Marte e Venere

Soggetto secondario:

Personaggi: Marte, Venere, puttini

Attributi: elmo, scudo, armatura (Marte)

Contesto: scena d’interno

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:http://i66.photobucket.com/albums/h270/kule1/Dwojka/14017601.jpg

Bibliografia: Baudouin F., Pietro Pauolo Rubens, Mercatorfonds, Anversa 1977; Held J. S., The Oil Sketches of Peter Paul Rubens, Princeton University, Princeton 1980, vol. I; Jaffé M., Rubens. Catalogo completo, Rizzoli, Milano 1989; Woollett A. T., “The return from war: Mars disarmed by Venus” by Peter Paul Rubens and Jan Brueghel the Elder at the J. Paul Getty Museum, Los Angeles, in “Apollo”, CDLXXVIII, 2001, p. 18-19

Annotazioni redazionali: Il dipintoè il risultato di un lavoro di collaborazione fra Rubens e Jan Brueghel il vecchio, attivi ad Anversa nei primi anni del XVII secolo. La forma e il soggetto, piuttosto singolare, suggeriscono che sia stato eseguito su commissione di un importante personaggio, forse dallo stesso sovrano dei Paesi Bassi, l’arciduca Alberto, che favoriva molto l’attività dei due artisti. Per quanto riguarda il soggetto trattato, l’Amore che disarma la Guerra, è probabile che sia stato richiesto per commemorare la firma del trattato che, nel 1609, poneva una tregua nella guerra fra le Province dell’Olanda del Nord e le province del Sud. Successivamente, in un inventario del collezionista napoletano Spinelli si trova un’entrata, del 1654, che include un quadro di 6 palmi di Venere e Marte di Pietro Paolo Rubens che può essere identificato con il dipinto di Los Angeles. Le vicissitudini successive sono maggiormente documentate, da quando un membro della famiglia Pennington-Mellor acquistò il dipinto in Italia nel 1890. Il dipinto rimase proprietà della famiglia, viaggiando con essa, fino a quando Hilda Pennington-Mellor, moglie dello scrittore Axle Munthe, tornò in Inghilterra nel 1940. Alla sua morte fu ereditato dal figlio Major Malcom Munthe e da lui venduto, nel 1953, ad un privato, per poi essere acquistato nell’ultimo decennio del ‘900 dal Getty Museum.Un restauro recente, eseguito presso il Getty, ha permesso di analizzare con precisione il lavoro di collaborazione degli artisti e di capire i loro diversi campi di azione. Il dipinto ripropone un tema trattato nel Rinascimento, che ha le fonti in Lucrezio (Vulfc10), Ovidio (Vulfc15) e Stazio (Vulfc22), in cui si vedono i benefici effetti dell’amore, che riesce a moderare e vincere la guerra, secondo l’ideale neoplatonico del mutuo temperamento. In un angolo della fucina di Vulcano, Venere si volge verso Marte con uno sguardo intenso, e, inclinandosi nel suo abbraccio, inizia a togliergli l’elmo, simbolo del suo valore marziale. La dea è nuda, coperta solo sui fianchi da un velo trasparente e da una cintura d’oro sotto il seno. La sua figura, come anche quella di Marte, alla quale lei si volge con molta seduzione, è opera di Rubens. Preso dall’amore per lei, Marte sembra del tutto disinteressato a quanto avviene. Indossa ancora la corazza e gli schinieri, mentre un mantello rosso gli scende dalle spalle. Intorno a lui, come si legge in Stazio (Vulfc21) e Poliziano (Vulfr02), si muovono vari puttini, per cercare di disarmarlo. Già lo scudo è in terra, nelle mani di uno di essi, che, con le ali aperte e lo sguardo incuriosito verso i due amanti, si affretta a portarlo lontano, aiutato da un compagno. Un terzo, concentrato, e un po’ dispettoso, è intento a sciogliere le stringhe dei calzari, mentre un altro tira con il braccio sinistro la faretra, per toglierla dalla spalla di Marte, ed infine l’ultimo fa capolino da dietro, sorridendo a tutta la scena. Nonostante tutto questo dinamismo intorno a lui, Marte, invece, fissa con attenzione la dea, vinto e disarmato dal suo amore. A rafforzare il concetto dell’Allegoria dell’Amore, dovunque, per terra, giacciono, sparpagliate e ammucchiate, una serie di armi e armature, prodotte da Vulcano e ora rese inutili dalla pace. Ma questa armonia è contrastata dalla vista, a distanza, della fucina, dove arde il fuoco e il dio fabbro lavora sull’incudine, segno che si stanno preparando altre armi, per quando la guerra non sarà più temperata dall’Amore, e,  forse, anche, che si sta preparando la rete d’oro per interrompere questo colloquio di amore fra gli sguardi appassionati di Venere e Marte. Tanti sono gli oggetti per terra, opera di Jan Brueghel il vecchio, che, con il loro significato in parte aggressivo, in parte quotidiano, come i bacili di rame, in parte curioso e originale, come la coppia di piccoli porcellini, elemento fiammingo spesso presente nelle opere di Brueghel di questo periodo, permettono di rafforzare i concetti espressi nell’allegoria. Tra tutti spicca il cannone, che indica l’attualizzazione della vicenda e conferma lo scopo della committenza, di desiderare, cioè, di legare questa magnifica presentazione del soggiogamento della guerra, disarmata dall’amore, agli eventi contemporanei che stavano portando un periodo di pace. Jan Brueghel il vecchio era giustamente celebre per la sua abilità di rendere meticolosamente le qualità dei singoli materiali. Ancora molti aspetti sono da chiarire sul lavoro di collaborazione fra i due pittori. Da una prima osservazione, si può dedurre che Brueghel intraprese lo spazio iniziale e stabilì lo spazio interno, fissando anche la struttura dell’angolo destro, in cui Rubens inserì poi le figure dei due amanti. La scena è ambientata in un luogo chiuso e cavernoso, che risente degli studi e delle osservazioni precedentemente fatte da Brueghel a Roma, soprattutto nelle visite al Colosseo, alle Terme di Caracalla e di fronte ad altre rovine, come risulta dai disegni da lui eseguiti. In fondo a questo ambiente, oltre la presenza di alcune persone impegnate in lavori vari di tipo quotidiano, c’è un cavallo condotto da un uomo e, ancora più lontano un cavaliere che si avvicina, con un evidente richiamo allegorico alle armi.

Giulia Masone