55: Marte, Venere e Vulcano

Titolo dell’opera: Marte e Venere, due amorini con un cavallo

Autore: Paolo Veronese

Datazione: 1570

Collocazione: New York, Metropolitan Museum of Art

Committenza:

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tela (201 x 161 cm)

Soggetto principale: amori di Marte e Venere

Soggetto secondario:

Personaggi: Marte, Venere, puttini

Attributi: armatura, spada (Marte)

Contesto: paesaggio boschivo

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: http://www.wga.hu/art/v/veronese/z_other/mars_ven.jpg

Bibliografia: Cagnola G., Due quadri importanti acquistati da Pubblici Musei, in “Rassegna d’Arte”, 1911, pp. 7-8; Fiocco G., Paolo Veronese, Apollo, Bologna 1928; Wehle H. B., A catalogue of Italian, Spanish and byzantine paintings, Bradford, New York 1940; Coletti L., Paolo Veronese e la pittura a Verona del suo tempo, Gruppo Curtatone e Montanara, Pisa 1941; Pignatti T., Pittura Veneziana del Cinquecento, Istituto italiano d'arti grafiche, Bergamo 1957; Zeri F., Paolo Veronese: Una reliquia del Marte e Venere, in “Paragone”, CVII, 1959, pp. 43-46; Pallucchini R., Un capolavoro inedito di Paolo Veronese, in “Acropoli”, IV 1963, pp. 293-303; Ballarin A., Osservazioni sui dipinti veneziani del Cinquecento nella Galleria del Castello di Praga, in “Arte Veneta”, XIX, 1965, pp. 59-82; Goodison J. – Robertson G., Fitzwilliam Museum, Cambridge: Catalogue of Paintings, vol. II, 1967; Piovene G.- Marini R., L’opera completa del Veronese, Classici dell’Arte Rizzoli, Milano 1968; Pallucchini R., Veronese, A. Mondatori, Milano 1984; Garas K., Veronese e il collezionismo del nord, in M. Gemin, a cura di, Nuovi studi su Paolo Veronese, Arsenale, Venezia 1990, pp. 17-20; Pignatti T. – Pedrocco F., Veronese. Catalogo completo, Cantini, Firenze 1991; Gnocchi L., Paolo Veronese tra artisti e letterati, L. S. Olschki, Firenze 1994; Walker Schroth S., Charles I, the duque de Lerma and Veronese’s Edinburgh “Mars and Venus”, in “The Burlington magazine”, CXXXIX, 1997, pp. 548-550; Cocke R., Paolo Veronese. Piety and Display in an Age of Religious Reform, Aldershot, Ashgate, 2001; Campenhausen, Britta, von, “Eloquente Pittore, pingente oratore”. Studien zu mythologisch-allegorischen Gemälden Paolo Veroneses, Scaneg, München 2003; Gentili A. - Terribile C. - Di Monte M. - Tagliaferro G., Veronese. La pittura profana, Art e Dossier, CCIX, Giunti, Firenze 2005; Nitti P. - Pedrocco F. - Romanelli G. - Strinati C., a cura di, Veronese. Miti, ritratti, allegorie, Skira, Milano 2005

Annotazioni redazionali: Questa è una delle le tele eseguita da Veronese, relative al mito di Marte e Venere. Nell’inventario dei dipinti delle collezioni del Castello di Praga, redatto nel 1621, infatti, viene citata la presenza di una tela di questo autore, come Venere, Marte, due amorini e un cavallo, meglio precisata, poi, nel 1648, al tempo del sacco di Praga, in cui da parte degli svedesi si elencano due soggetti simili, di cui uno è sicuramente questo. Giunta poi a Roma con la raccolta della regina Cristina, nella quale, dopo il sacco di Praga, erano confluiti i dipinti imperiali, nel 1689 circa, la tela è dettagliatamente descritta. Il dipinto passa poi, per eredità, agli Azzolini, poi, ampiamente documentato, agli Odescalchi, agli Orleans, a Lord Wimborne ed infine è acquistato dal Metropolitan Museum nel 1910, col fondo Kennedy. Fino a qualche anno fa, si pensava che fosse stata eseguita, insieme con altre, per Rodolfo II, ma Zeri (1959, pp. 43-46) ha avanzato alcuni dubbi su questa ipotesi, suggerendo che sia un’opera a sé, pur eseguita nello stesso spirito e nello stesso momento. I critici sono inoltre concordi nel riconoscere l’altissima qualità del dipinto, del quale, tuttavia, da parte di alcuni, rimangono alcune incertezze per quanto riguarda il tema trattato. La tela, secondo l’inventario a cui si è fatto riferimento, è stata per lo più considerata come rappresentante Marte e Venere con Amorini, in cui l’artista ha proposto l’episodio mitologico, secondo quanto narrato da Esiodo (Vulfc02), Aristotele (Vulfc08) e Plutarco (Vulfc17), in cui si parla dell’amore lecito delle due divinità, dal quale si genera Armonia. La dea, che si è appena tolta l’abito, appoggiato su un cespuglio accanto a lei, è in piedi, nuda, adorna di perle sul collo e nei capelli. Con una mano stringe un seno, dal quale spruzza un po’ di latte. Questo elemento iconografico, non presente nelle fonti letterarie, unito all’acqua che esce con due getti dalla fontana che si trova alle sue spalle, sta ad indicare la fecondità di questa unione. Poggia l’altra mano sulle spalle di Marte, che è rappresentato seduto di fronte a lei, con la barba, rivestito delle armi e coperto da un prezioso mantello, ad indicarne le belle armi, come si legge nel testo di Boccaccio, che riferisce, a questo riguardo, le parole di Stazio (Vulfm16, IX, cap. III). Con una mano sta sollevando un lembo dell’abito di Venere, coprendole, in parte, il corpo. Ambedue volgono lo sguardo verso un putto, che, in basso, sta legando i loro polpacci, ad indicare il legame del matrimonio. Sulla destra c’è il cavallo di Marte, con la testa girata verso il padrone, come se si volesse dirigere verso di lui, ma è trattenuto da un secondo putto, che lo spinge indietro usando, come bastone, la stessa spada di Marte, in cui ha inserito i finimenti. È piccolo, alto meno della zampa del cavallo, ma riesce a trattenere l’animale, ed indica, ancora una volta, che il dio della guerra è vinto dall’amore, come già osservato in vari dipinti del Rinascimento (Cfr. scheda opera 21 e scheda opera 22),che riprendono il tema letterario presente in Lucrezio (Vulfc10) ed Ovidio (Vulfc14, vv. 563-566). Tra essi si trova una piccola muratura classica, sorretta da un fauno. Sulla pietra, sulla quale si poggia Marte, scolpita con una testa di ariete, si legge, ben evidente il nome del pittore “PAULUS VERONENSIS F.”.

Giulia Masone