
Titolo dell’opera: Marte e Venere sorpresi da Vulcano
Autore: Virgil Solis
Datazione: 1581
Collocazione: P. Ovidii Nasonis Metamorphoses, Lione 1581 (prima edizione 1563)
Committenza:
Tipologia: incisione
Tecnica: xilografia
Soggetto principale: Marte e Venere incatenati da Vulcano
Soggetto secondario:
Personaggi: Marte, Venere, Vulcano, Amore, Giove, Giunone, Sole
Attributi: rete (Vulcano); armatura, scudo (Marte); raggi del Sole (Sole)
Contesto: camera da letto
Precedenti: Salomon, Marte e Venere sorpresi da Vulcano, in La Metamorphose d’Ovide figurèe, Lione 1557
Derivazioni:
Immagini: http://www.latein-pagina.deovidovid_m4.htm#6
Bibliografia: Guthmüller B., Mito, poesia, arte. Saggi sulla tradizione ovidiana nel Rinascimento, Bulzoni, Roma 1997
Annotazioni redazionali: L’incisione si trova nel testo di Johannes Spreng P. Ovidii Nasonis Metamorphoses, edita a Francoforte nel 1563, raffigurata da Virgil Solis. Rappresenta l’episodio culminante della storia dell’adulterio di Venere e Marte in modo molto simile, anche se non identico, a quello di Salomon, ma con immagine ribaltata e senza cornice. Lo scorcio del letto, che si vede dalla parte laterale, permette di evidenziare il bordo inferiore che si conclude con una zampa a forma di voluta. Sulle coperte sono abbracciati i due amanti, come detto nelle fonti letterarie greche da Omero (Vulfc01, ripreso poi da Eschilo, Vulfc07, Luciano, Vulfc25 e Quinto di Smirne, Vulfc30), e, nelle latine, da Ovidio (Vulfc14, v. 580, ripreso poi da Igino, Vulfc19). Si vedono soprattutto il dorso di Venere, il volto e le mani di Marte, ambedue nudi, secondo quanto riferito da Ovidio e Luciano. Dalla sommità del letto scende un ampio telo, a forma di tenda, simile ad un baldacchino, tenuto aperto di lato da Amore, frutto di questa passione, che osserva la vicenda. Di fronte al letto, proprio dalla parte in cui si trova la dea, giacciono inutilizzate le armi e la corazza del dio della guerra, quasi a simboleggiare che la violenza e il dissidio vengono piegati e resi vani dalla forza dell’amore, nella tradizione letteraria che si rifà a Lucrezio (Vulfc10) ed Ovidio, e che è ripresa da Marsilio Ficino nel Rinascimento (Vulfr01). Dalla stessa parte avanza Vulcano, artefice di quelle armi, indignato per l’adulterio della moglie, che avviene proprio nel suo letto, ormai disonorato, rendendo ancora più straziante il suo dolore, come descritto da Omero e da Quinto di Smirne. Egli porta aperta una rete appena confezionata da lui stesso, con la quale intende imprigionare e mettere in imbarazzo Marte e Venere, ancora del tutto ignari di quanto sta avvenendo. L’iconografia qui presentata, che vede Vulcano slanciato verso il letto, con in mano la rete, differisce dalle fonti letterarie, che parlano di una trappola che imprigiona i due amanti nel letto, quando si trovano sopra. In questa raffigurazione, l’incisore tende ad accentuare il desiderio di vendetta del maritotradito,proponendo in parte la versione di Reposiano (Vulfc29), che parla di lui, sottolineando che “lega insieme i due amanti”. Da una finestra circolare, che richiama la forma del disco del Sole, entrano i raggi luminosi inviati sulla terra proprio da quel dio che, accortosi “per primo” del tradimento, come riferito da Ovidio,l’ha voluto svelare a Vulcano, e ora permette a tutti di vedere chiaramente l’episodio. Dietro quella stessa finestra si accalcano gli dei, due dei quali, in primo piano, forse Giove e Giunone, si guardano e indicano con la mano ciò che sta avvenendo. Dietro di loro, piuttosto confusi e numerosi, altri dei sbirciano all’interno per divertirsi alle spalle dei protagonisti. Sono divinità sia maschili sia femminili, secondo la tradizione ovidiana, che non indica ne né il nome, né il sesso (Vulfc15, v. 187), ma ne parla in generale, diversamente da Omero che, invece, dice che le dee sono rimaste a casa per pudore.
Giulia Masone