51: Marte, Venere e Vulcano

Titolo dell’opera: Marte e Venere

Autore: Prospero Fontana (?)

Datazione: 1553-1561

Collocazione: Roma, Palazzo Stati-Cenci, fregio del salotto

Committenza: Cesare Stati

Tipologia: dipinto

Tecnica: affresco

Soggetto principale: amori di Marte e Venere

Soggetto secondario: metamorfosi della guardia di Marte in Gallo

Personaggi: Marte, Venere, guardia di Marte

Attributi: armatura, scudo (Marte); cresta, gallo (guardia di Marte)

Contesto: camera da letto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: De Jong J. L., Love, betrayal, and corruption: “Mars and Venus” and “Danaë and Jupiter” in the Palazzo Stati-Cenci and Mattei di Paganica in Rome, in “Source”, XIX, 1999, I, pp. 20-29; Pierguidi S., Roma, Palazzo Stati-Cenci, in C. Cieri Via, L’arte delle metamorfosi. Decorazioni mitologiche nel Cinquecento, Lithos, Roma 2003, pp. 291-292

Annotazioni redazionali: L’affresco si trova nel palazzo Stati-Cenci, in piazza Sant’Eustachio a Roma, la cui decorazione ha posto ai critici problemi di interpretazione, di datazione e, di conseguenza, anche di attribuzione. Risalente, secondo la Magnanimi (Pierguidi, 2003, pp. 291-292), al periodo tra il 1543, anno del matrimonio tra Cristoforo Stati e Quintilia Paluzzi Albertoni e il 1551, anno di morte del committente, con un’attribuzione a Perin del Vaga e alla sua bottega, la decorazione va invece datata in un periodo successivo, secondo un recente intervento interpretativo di De Jong (1999, pp. 20-23), che pone la data di esecuzione negli anni successivi alla morte di Cristoforo, in considerazione del tema trattato, che presuppone la committenza da parte del figlio di questi, Cesare. Ciò rende impossibile l’esecuzione degli affreschi da parte di Perin del Vaga, ormai morto. Oltre a ciò, De Jong osserva che alcune scene sono tratte dalla serie di incisioni di Caraglio (Cfr. scheda opera 30) (da disegni di Rosso Fiorentino e Perin del Vaga), rappresentanti i miti desunti dalle Metamorfosi di Ovidio, che erano molto rare prima del 1553, anno in cui ebbero una riedizione molto fortunata, ad opera di Enea Vico (Cfr. scheda opera 43). Pertanto gli affreschi andrebbero inseriti in un anno successivo al 1553 e precedente il 1561, quando il palazzo venne venduto e l’esecuzione deve essere ascritta ad un altro artista, probabilmente Prospero Fontana (Pierguidi, 2003, p. 292). Una delle scene, che si riferiscono ai miti narrati da Ovidio, raffigura l’amore di Marte e Venere. Il dio della guerra è seduto, nudo, vicino al bordo del letto nuziale di Venere, ormai profanato (Omero, Vulfc01, v. 269),senza armi e di spalle, mentre abbraccia la dea. Questa, distesa di fronte a lui, su un letto a baldacchino, dal quale scende una cortina di velo, corrisponde al suo abbraccio, mentre lo guarda con tenerezza negli occhi. Anche lei è nuda, con il diadema sui capelli. Davanti, in primo piano, sulla sinistra, sono poggiate in terra le armi, fra cui si riconoscono lo scudo e la corazza, di cui Marte si è spogliato nel momento del suo incontro con l’amante, a conferma di quanto narrato da Lucrezio (Vulfc10) edOvidio (Vulfc14, vv. 563-566), secondo i quali la dea dell’amore vince la violenza del dio della guerra. Adestra, accanto al letto, si trovano le pantofole di Venere, simbolo di lussuria, poste anche in modo un po’ disordinato, ad identificare il contesto illecito. Si tratta di un’iconografia piuttosto consueta nella rappresentazione di questo episodio, ma che ha la caratteristica di inserire un elemento raramente utilizzato. Infatti il pittore ha introdotto un gallo, in primo piano, ed un giovane soldato addormentato in un vano sulla destra. Si fa qui chiaramente allusione all’episodio narrato da Luciano ne Il sogno, o il gallo, in cui si dice che Marte, durante il suo incontro segreto con Venere, aveva messo di guardia il suo servitore Gallo, affinché lo avvisasse di eventuali pericoli. Ma Gallo, dopo un po’, cadde nel sonno, permettendo, di conseguenza, al Sole di scoprire l’amore illecito e di riferirlo a Vulcano. Per vendetta, Apollo tramutò il servo nell’animale che da lui prende il nome, che ha ancora sulla sua testa una cresta, a mo’ dell’elmetto che aveva quando si addormentò. Ciò allude chiaramente, quindi, al prosieguo di questo episodio, in quanto l’evidente richiamo alla scoperta del tradimento da parte del Sole e della rivelazione a Vulcano, rimandano alla successiva punizione da parte del marito tradito. L’inserimento di questo animale, con evidente intento iconografico, è, però, motivato anche dal fatto che ogni riquadro del Salotto è contornata da putti, figure di cariatidi, festoni di frutti, in mezzo ai quali c’è un uccello, in questo caso il gallo, poggiato sul festone.

Giulia Masone