
Titolo dell’opera: Marte e Venere
Autore: Guglielmo Della Porta
Datazione: 1555 ca.
Collocazione: Vienna, Kunsthistorishes Museum, Kunstkammer
Committenza:
Tipologia: Placchetta
Tecnica: rilievo in bronzo (13,6 x 14 cm)
Soggetto principale:
Soggetto secondario:
Personaggi: Marte, Venere, Vulcano, Apollo-Sole, Ciclopi, Amore
Attributi: elmo, armi (Marte); incudine, rete (Vulcano); carro del Sole (Apollo-Sole)
Contesto: paesaggio boschivo
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Goldsmith Phillips J., Guglielmo Della Porta, in “Bulletin of Metropolitan Museum of Art”, XXXIV, 1939, pp. 148-151; Gibellino Krasceninnicowa M., Gugliemo Della Porta. Scultore del papa Paolo III Farnese, Fratelli Palombi, Roma 1944; Gramberg W., Die Dusseldorfer Skizzenbucher des Guglielmo della Porta, Mann, Berlin 1964; Mosetto Zanini G. L., Notizie biografiche di Guglielmo della Porta, in “Commentari”, XXIII, 1972, n. 3, pp. 299-305; Cannata P., Rilievi e placchette dal XV al XVIII sec., catalogo mostra (Roma, Palazzo Venezia 1982), De Luca, Roma 1982; Middeldorf U., In the wake of Guglielmo della Porta, in “The Connoisseur”, CXCIV, 1977, n. 780, pp. 75-84; Kryza Gersch C., Guglielmo della Porta, in O. Casazza O. – R. Gennaioli, a cura di, Mythologica et erotica: arte e cultura dall'antichità al XVIII secolo, catalogo mostra (Firenza, Palazzo Pitti, 2005-2006) Sillabe, Livorno 2005, p. 174
Annotazioni redazionali: La placchetta, rappresentante la scena dell’adulterio di Venere e Marte, è una delle quattro ricavate da alcuni bozzetti di Guglielmo della Porta, da lui realizzati nel 1555 ca. Probabilmente, secondo alcuni critici, gli originali erano stati modellati per essere poi fusi in oro o argento e inseriti in un sontuoso mobile. Ciò però non avvenne e, solo più tardi, da questi bozzetti, già parzialmente compromessi dal logorio provocato dall’intento di trarne forme, furono ricavati dei calchi in bronzo. L’unica serie interamente conservata è quella che si trova a Vienna, nel Kunsthistorisches Museum. In una di queste placchette, che propone la narrazione del mito secondo la tradizione omerica, ripresa poi nelle fonti greche (Omero, Vulfc01 e Luciano, Vulfc25) e latine (Ovidio, Vulfc15), si raffigura Venere che, per amore di Marte, tradisce Vulcano provocandone la conseguente vendetta. Sulla destra, infatti, sono rappresentati i due amanti, abbracciati in terra, su una coperta,nudi, come viene sottolineato nei testi di Ovidio e di Luciano. La dea è vista dal retro, mentre allunga il braccio per stringere Marte, verso cui è rivolta. Questi è raffigurato, secondo l’iconografia consueta, relativa a questo episodio, con l’elmo in testa e una clamide che scende dalle spalle. Le sue armi sono posate in terra, ai bordi del telo che funge da giaciglio, del tutto inutilizzate. In particolare, si nota lo scudo, decorato con un rilievo raffigurante una testa, vicino al quale si trova Amore, anch’egli disteso, a simboleggiare la passione delle due divinità. A sinistra della coppia di amanti, si riconosce Vulcano, a fianco dell’incudine, già da lui utilizzata per fabbricare la rete che tiene nelle mani, atta ad imprigionare Marte e Venere, ancora ignari di quanto sta avvenendo, i quali, come appare sia in Omero sia in Ovidio, utilizzano proprio l’assenza del dio fabbro per consumare l’adulterio. Egli ha il braccio slanciato in avanti, tutto il busto in tensione e lo sguardo fisso, rivolto verso i due colpevoli. La scena è ambientata in un paesaggio pieno di alberi, in mezzo ai quali, sulla destra ci sono tre figure, nude, non ben identificabili, che si avvicinano a Marte e Venere, indicandoli con le mani. Sembrano avere un gesto di meraviglia, come se avessero visto, improvvisamente, qualcosa di inaspettato. Sui rami di un albero, posto alle spalle di Marte, si vede il telo dell’abito di Venere, precedentemente poggiato dalla dea. Sulla sinistra, nella fucina di Vulcano, si affaticano Ciclopi, in mezzo agli attrezzi da lavoro. In alto, nel cielo, si vede il carro del Sole, con i cavalli in corsa, incorniciati dal cerchio che identifica questo astro. Il dio guarda verso la Terra e, avendo visto “per primo” (Vulfc15, vv. 169-170), come narra Ovidio, quanto sta avvenendo, si prepara a informare Vulcano del tradimento della moglie. Intorno a lui, tra le nuvole del cielo, si vedono gli dei che, convocati dal marito irato, si sporgono per assistere, divertiti, alla situazione imbarazzante, in cui si sono venuti a trovare Marte e Venere.
Giulia Masone