47: Marte, Venere e Vulcano

Titolo dell’opera: Venere, Vulcano e Marte

Autore: Jacopo Robusti, detto Tintoretto

Datazione: 1560 ca.

Collocazione: Monaco, Altepinakothek

Committenza:

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tela (135 x 198 cm)

Soggetto principale: Vulcano scopre l’adulterio di Marte e Venere

Soggetto secondario:

Personaggi: Marte, Venere, Vulcano, Amore

Attributi: elmo, corazza (Marte); specchio (Venere)

Contesto: camera da letto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: http://www.cartage.org.lb/en/themes/Arts/painting/paintings/bigphotos/T/vulcan.jpg

Bibliografia: De Vecchi P., L’opera completa del Tintoretto, Classici dell’Arte Rizzoli, Milano 1970; Lord C., Tintoretto and the Roman de la Rose, in “Journal of the Warburg and Courtauld Institute”, XXXIII, 1970, pp. 315-317; Pallucchini R. - Rossi P., Tintoretto. Le opere sacre e profane, Electa, Milano 1982, tomo I; Cieri Via C., Venere, Vulcano e Marte: un’allegoria mitologica nella cultura veneta del Cinquecento, in Mito e Allegoria, produzione artistica e tradizione di immagini nel Cinquecento, dispense del corso di lezioni tenuto dalla prof. C. Cieri Via, a.a. 1994-95, Bagatto Libri, Roma 1995, pp. 308-317; Weddigen E., Nuovi percorsi di avvicinamento a Jacopo Tintoretto. Venere, Vulcano e Marte: l'inquisizione dell'informatica, in P. Rossi – L. Luppi, a cura di, Jacopo Tintoretto nel quarto centenario della morte, Quaderni di Venezia arti, III, Il Poligrafo, Venezia 1996, pp. 155-161; Arasse D., Non si vede niente. Descrizioni, Artemide, Roma 2005

Annotazioni redazionali:  Notizie documentate su questo dipinto sono riscontrabili solo dal 1925, anno in cui venne venduto alla Altepinakothek di Monaco da Frau von Kaulbach, che a sua volta l’aveva acquistato dalla collezione Munro. Non sono invece documentabili le notizie relative ai passaggi precedenti, e si suppone che la tela dovesse decorare probabilmente una dimora veneziana intorno al 1551-52. Attribuito a Tintoretto,tratta il tema di Marte, Venere e Vulcano, attuando un processo di allegorizzazione moralizzata, attraverso il mito, facilmente riscontrabile nelle cultura veneziana del Cinquecento, quando la condanna dell'erotismo e della lussuria si affidava anche all'uso delle immagini mitologiche. Nella tela, che probabilmente è stata realizzata per una sovrapporta, sono raffigurati Venere, Vulcano, il piccolo Amore e Marte. Il dipinto di Tintoretto esce dall'impostazione tradizionale della narrazione del mito, che vedeva in alcuni casi la rappresentazione di Marte e Venere da soli, riferendosi alla tradizione secondo la quale i due sono legittimamente maritati, come narrato da Esiodo (Vulfc02), mentre in altri narra il momento in cui i due amanti sono colti in flagrante da Vulcano, al cospetto di altre divinità dell'Olimpo, come narrato da Omero (Vulfc01). In questa immagine, invece, Vulcano, con un’iconografia inconsueta, non rivela un atteggiamento di aggressività nei confronti di Marte e Venere: non ha la rete né le catene con cui cerca di irretirli, anzi ha un atteggiamento di chi rimane affascinato alla vista della moglie (cfr. Cieri Via, 1994-95, p. 310). L'immagine rappresenta Venere nuda, la cui bellezza è messa in risalto dal grande drappo scuro su cui è posata, con i capelli inanellati sulle spalle e acconciati con perle. La sua espressione è turbata, ma in essa sembra apparire non tanto la vergogna o il timore per essere stata sorpresa, ma piuttosto un senso di pudore e di timidezza nel trovarsi così nuda di fronte agli occhi di Vulcano, che appare evidentemente eccitato alla sua vista. Egli, infatti, si trova vicino a lei, rappresentato come un vecchio barbuto, coperto da un drappo rosso sui fianchi, e cerca di scoprirla, mentre la dea afferra il drappo con una mano nell'atto di ripararsi. Fra di loro, in una culla, sembra dormire il piccolo Amore, con una freccia in mano, a significare che ha compiuto la sua missione e forse rappresenta il frutto dell'amore fra Marte e Venere (Cieri Via, 1995, p. 313). Sul retro della scena Marte, che indossa l'elmo e la corazza, si sporge, in una posa non molto dignitosa per il dio della guerra, da una cassapanca, sotto la quale si era prontamente nascosto all'arrivo di Vulcano, in una rappresentazione, pertanto, ben lontana da quella di un focoso amante. Attraverso, quindi, un impianto scenico- teatrale si coglie, nel dipinto del Tintoretto, il desiderio di passare, dal pathos del dramma, legato allo svelamento dell'adulterio, alla dimensione quasi burlesca della scena di genere propria della commedia (Cieri Via, 1995, p. 318). Di Marte appare solo il viso che si rivolge, preoccupato, verso un cagnolino, simbolo della fedeltà coniugale, che si trova ai piedi del letto di Venere e che sta abbaiando contro di lui, per svelarne la presenza. Al di sopra del cassone c'è uno specchio, che ha suscitato varie interpretazioni critiche. La sua posizione anomala, infatti, non appeso, ma appoggiato al cassone, ha fatto pensare a Weddingen che possa in realtà essere identificato con lo scudo di Marte, per lui forgiato da Vulcano nella sua officina (Ceri Via, p. 312), che si intravede nell'ambiente contiguo alla camera da letto, secondo una composizione consueta in molti pittori ed incisori dell'epoca. L'ultimo personaggio della storia, cioè il Sole, colui che ha svelato a Vulcano l'adulterio, è pienamente presente nella scena, attraverso la sua luce che proviene dalle finestre, di cui una, alle spalle di Venere, non rappresentata, è però facilmente intuibile dal fascio di luce che illumina il corpo della dea. Da quella posta sulla culla di Amore, proviene un'altra fonte luminosa, che illumina tutta la stanza, in particolare il viso addormentato del piccolo dio, rivelato nel suo ruolo di complice degli amanti, con la freccia nelle mani, rivolta questa volta verso Vulcano, che si sta avvicinando alla moglie. La stessa luce arriva anche a colpire lo specchio, raddoppiando l'immagine dello svelamento di Vulcano, che, vero protagonista di questo episodio qui narrato, occupa, nella totalità della sua figura, il centro del quadro. Inoltre in esso si mostra quasi il prosieguo della vicenda, in quanto dall'immagine riflessa si vede che il dio ha posto anche l'altro ginocchio sul letto (Arasse, 2005, pp. 16-17), continuando nel suo avvicinamento alla moglie. Sul ripiano della finestra, inoltre, è posto un vaso di leggero vetro trasparente, che ha la funzione di rifrangere ed esaltare la luce solare, oltre a quello iconografico di simboleggiare la purezza e la castità.

Giulia Masone