42: Marte, Venere e Vulcano

Titolo dell’opera: Marte e Venere intrappolati nella rete da Vulcano

Autore: Maarten van Heemskerck

Datazione: 1540

Collocazione: Vienna, Kunsthistorisches Museum

Committenza:

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tela (96 x 99 cm)

Soggetto principale: Marte e Venere intrappolati nella rete di Vulcano

Soggetto secondario:

Personaggi: Marte, Venere, Vulcano, Giove, Apollo-Sole, Mercurio, Giunone, Nettuno

Attributi: rete, martello (Vulcano); elmo (Marte); Giove (aquila); raggi di sole (Apollo-Sole); caduce, petaso (Mercurio); corona (Giunone); tridente (Nettuno)

Contesto: scena all’aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: http://grenier2clio.free.fr/grec/pic/Venus_Mars.jpg

Bibliografia: Veldman I. M., Het “Vulcanus-triptiek” van Maarten van Heemskerck, in “Oud Holland”, LXXXVII, 1973, n. 2-3, pp. 95-123; Veldman I. M., Maarten van Heemskerck and Hadrianus Junius: the relationship between a painter and a humanist, in “Simiolus”, VII, 1974, n. 1, pp. 35-54; Stadnichuk N., An unknown 'Mars and Venus' by Maarten van Heemskerck, in “The Burlington magazine”, CXXXVIII, 1996, pp. 182-185

Annotazioni redazionali: Il soggetto di Marte e Venere intrappolati nella rete da Vulcano è stato trattato più volte da Maarten van Heemskerck, che espresse in essi molta di quella ironia già presente nelle fonti letterarie a partire da Omero (Vulfc01). In questo, egli, eseguendo un netto taglio in diagonale, differenzia bene i due episodi della narrazione relativa a questo mito: in basso, sulla parte sinistra, l’adulterio, la scoperta e l’incatenamento; in alto, sulla destra, il riso degli dei. Venere e Marte sono distesi sul letto: la dea, nuda (Ovidio, Vulfc14, v. 580), coperta da un coltre, ornata da alcuni gioielli, guarda con apprensione il marito, trovandosi a disagio e piena di vergogna, come evidenziato dalla narrazione ironica di Luciano (Vulfc25), tra la rabbia dell’uno e l’ironia degli dei. Marte, invece, la abbraccia con un gesto di protezione, e rivolge verso l’alto lo sguardo inquieto, in parte sorpreso e irritato. Indossa l’elmo con il cimiero, a significare la potenza in guerra, ora vinta dall’amore di Venere e poi resa ridicola da questa situazione incresciosa. I due amanti sono impediti nel fare qualsiasi movimento dalla rete già stesa per imprigionarli, che lascia liberi solo i volti, secondo la narrazione di Ovidio, ripresa poi da Luciano. Su di loro incombe il corpo di Vulcano, raffigurato nudo, di spalle, con i capelli disordinati e la barba, mentre alza lo sguardo irato verso gli dei, per renderli testimoni dell’offesa ricevuta, argomento trattato fin dalle fonti letterarie antiche. Ad accentuare il suo desiderio di farli partecipi, alza il braccio sinistro, nel quale tiene il martello, suo attributo iconografico, per indicare con il dito indice teso, il tradimento compiuto e la conseguente sua vendetta. In alto, invece, su una nuvola, sono presenti molti dei, che guardano divertiti quanto sta avvenendo. In primo piano c’è Giove, con un sorriso allegro e bonario, che stringe nelle mani un’aquila, certamente non imponente, come nell’iconografia tradizionale, che cerca di allungare anch’essa il collo e il muso, con il becco aperto, per osservare i due amanti. Dopo di lui vi sono quegli dei che hanno maggiore spazio nella narrazione dell’episodio, in particolare Apollo, con la corona di raggi luminosi, colui, cioè, che accortosi per primo di quanto stava avvenendo, come risulta dai versi di Ovidio, è andato a riferirlo a Vulcano. Qui cerca di attirare l’attenzione delle dee, verso il giaciglio di Marte e Venere. Anche Mercurio, accanto a lui, con il petaso in testa, indica, con il caduceo abbassato, la scena che si sta volgendo in basso, mantenendo l’atteggiamento ironico e spregiudicato, presente nelle fonti letterarie fin da Omero. Ambedue hanno il volto girato, rivolto verso le quattro dee poste dietro, fra le quali si riconosce Giunone, con la corona sui capelli, alle spalle di Giove, mentre le altre non sono ben identificabili dai volti. Sono in secondo piano, per non sembrare di essere troppo partecipi di questa situazione, ma sporgono la testa in avanti, per cercare di vedere bene, sollecitate proprio da Apollo e da Mercurio.Più lontano, Nettuno, invece, sembra non divertirsi di fronte a quanto sta accadendo, e guarda con una certa mestizia verso i due amanti. Sarà, infatti, colui che, tra breve, chiederà a Vulcano di sciogliere la rete e porre fine a questa situazione così poco dignitosa, secondo quanto narrato nelle fonti letterarie a partire dall’Odissea. In questa narrazione, quindi, Maarten van Heemskerck dimostra che, pur conoscendo bene il racconto di Omero, segue, come avviene per molti artisti del XVI secolo, la tradizione di Ovidio (Vulfc15), che non esclude le dee dalla partecipazione all’episodio. In altre opere, sullo stesso soggetto, egli farà riferimento anche ad altre fonti, come per esempio Luciano, Cartari (Vulfr09) e Conti (Vulfr13), in particolare nella tela conservata nel Pavlovsk Palace-Museum, in cui, in mezzo a tanti personaggi, inserisce anche l’episodio, raramente rappresentato, del ragazzo lasciato da Marte come sentinella per avvisare di  eventuali intrusi, il quale, non essendosi accorto dell’arrivo del Sole, con le conseguenze ben note, viene da Marte trasformato in gallo per punizione.

Giulia Masone