39: Marte, Venere e Vulcano

Titolo dell’opera: Marte e Venere sorpresi ed imprigionati nella rete da Vulcano

Autore: Perin del Vaga (cerchia di)

Datazione: 1540 ca.

Collocazione: Roma, Palazzo Balami-Galitzin

Committenza: Ferdinando Balami

Tipologia: pittura parietale

Tecnica: affresco

Soggetto principale: Marte e Venere intrappolati nella rete di Vulcano

Soggetto secondario:

Personaggi: Marte, Venere, Vulcano, Nettuno, Giove, Giunone, Mercurio

Attributi: rete (Vulcano); tridente (Nettuno); petaso (Mercurio)

Contesto: camera da letto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Mandarano N., Roma, Palazzo Balami Galitzin, in C. Cieri Via, L’arte delle metamorfosi. Decorazioni mitologiche nel Cinquecento, Lithos, Roma 2003, pp. 274-275

Annotazioni redazionali: L’affrescosi trova nel palazzo voluto da Ferdinando Balami negli anni ‘20 del Cinquecento, in via della Scrofa a Roma. In particolare, il suo appartamento, sito nel piano nobile, venne fatto decorare, negli anni ‘40, da artisti appartenenti alla cerchia di Perin del Vaga, presente a Roma in quel periodo. Nella volta della sala d’angolo, il fregio, che corre lungo tutte le pareti, è formato da diversi riquadri, entro le quali sono raffigurate scene mitologiche, rappresentanti coppie divine, provenienti dalle narrazioni delle Metamorfosi di Ovidio. In uno di questi, è dipinto l’episodio in cui Marte e Venere sono sorpresi da Vulcano. Nel tondo, incorniciato da un serto di foglie, infatti, si raffigura il momento conclusivo della storia, iniziata con l’adulterio di Venere. Sulla sinistra si vedono i due amanti, sorpresi in flagrante, ancora abbracciati  ed  impediti nei loro movimenti dalla rete, che Vulcano ha fatto scattare sopra di loro, secondo quanto narrato da Omero (Vulfc01), da Ovidio (Vulfc15) e ripreso poi da Igino (Vulfc19), Luciano (Vulfc25) e Quinto di Smirne (Vulfc30). In primo piano, Marte, nudo, di spalle, guarda con espressione interrogativa Vulcano, mentre Venere, con il braccio sinistro attorno ai fianchi di lui, lo fissa con una certa apprensione. A destra Nettuno discute con Vulcano, seduto davanti a lui, per convincerlo a recedere dalla sua vendetta, come si riscontra nelle fonti letterarie fin dai tempi di Omero. Egli è rappresentato in atteggiamento di colloquio piuttosto concitato, in piedi, con il dito indice puntato ad indicare i due amanti, barbato, con il tridente in mano e coperto da una clamide. Si rivolge con il volto verso Vulcano, raffigurato ugualmente con il braccio teso verso la coppia, ad indicarla, nudo, con la clamide sulle spalle, che a sua volta lo guarda fissamente, dimostrando che fra loro è in corso una discussione piuttosto concitata. Sopra le nuvole, ci sono gli dei, che sono stati chiamati da Vulcano, per assistere alla situazione incresciosa, raffigurati in alto, diversamente da quanto narrato da Omero e Luciano, che li pongono invece sulla soglia della porta. Fra loro si riconoscono, al centro Giove, non facilmente identificabile, ma probabilmente da interpretare in tal modo per la posizione centrale e per analogia con altre raffigurazioni (Cfr. scheda opera 23), e Giunone, quest’ultima con il velo in capo, come è di sovente raffigurata, quale custode del matrimonio, a destra Mercurio con il petaso, che indica spregiudicatamente quanto sta avvenendo sotto di loro, e, a sinistra, un’altra divinità maschile, difficilmente identificabile. Dietro sono raffigurati i volti di altri dei, non riconoscibili, a dimostrazione di quanti siano queli affastellati per guardare, divertiti, l’avvenimento al quale Nettuno sta cercando di porre fine. Sono divinità sia maschili sia femminili, secondo la tradizione ovidiana, che non ne indica né il nome, né il sesso (Vulfc15 v. 187), ma ne parla in generale, diversamente da Omero che, invece, dice che le dee sono rimaste a casa per pudore. Dietro a tutti, in fondo, appare la luce del Sole, divinità determinante in questa storia, in quanto è stato colui che ha provocato la vendetta di Vulcano, nel riferirgli l’amore di Marte e Venere, da lui scoperto nel suo passaggio sulla terra.

Giulia Masone