35: Marte, Venere e Vulcano

Titolo dell’opera: Marte e Venere derisi dagli dei

Autore: Francesco Mazzola, detto Parmigianino

Datazione: 1535

Collocazione: Londra, British Museum

Committenza:

Tipologia: disegno

Tecnica: penna e inchiostro marrone (14 x 11 cm)

Soggetto principale: Vulcano mostra l’adulterio di Marte e Venere agli dei

Soggetto secondario:

Personaggi: Vulcano, Diana, Ercole, Minerva, Saturno, Nettuno

Attributi: mezzaluna (Diana); pelle di leone (Ercole); elmo (Minerva); falce (Saturno); tridente (Nettuno)

Contesto: scena d’interno

Precedenti:

Derivazioni: disegno conservata a Chatsworth (inv. 801); disegno di Rosaspina conservato al British Museum di Londra

Immagini:

Bibliografia: Popham A.E., Catalogue of the drawings of Parmigianino, The Piermont Morgan Library, Yale University, New Haven – London 1971; De Jong J., Ovidian fantasies. Pictorial variation on the story of Mars, Venus and Vulcan, in Die Rezeption der “Metamorphosen” des Ovid in der Neuzeit: der antike Mythos in Text und Bild, hrsg. von den H. Walter H. Jürgen Horn, Mann, Berlin 1995

Annotazioni redazionali: In questo disegno si rappresenta l’episodio di Marte e Venere che, scoperti dal marito Vulcano, vengono da lui imprigionati in una rete d’oro e derisi dagli altri dei, chiamati appositamente per assistere alla loro ignominia. Mancano, però, proprio le figure dei due protagonisti, che dovevano trovarsi sul letto, posto sulla sinistra della scena, come risulta dalla copia che si trova a Chatsworth, proveniente dalla collezione Lanière, nella quale le due figure sono visibili sul letto, in secondo piano. Per quanto riguarda il disegno del British, un antico proprietario, probabilmente, deve aver abraso le figure dei due amanti, e coperto poi la parte rovinata con una tinta rosa, attuando una censura dell’immagine (Cfr. scheda opera 34). L’episodio narrato da Omero, ben conosciuto da parte del Parmigianino, viene realizzato tenendo soprattutto presente l’interpretazione dei versi di Ovidio. Infatti, mentre quest’ultimo parla, in generale, di “dei” che accorsero (Vulfc15, v. 189), Omero, invece, dice espressamente che le dee rimasero a casa, per non doversi vergognare dinanzi a questo episodio, costrette dalla “modestia femminile” (Vulfc01, v. 324). Gli dei presenti sono ben identificabili per i loro attributi iconografici. A sinistra Vulcano avanza verso il letto, dove dovrebbero essere stesi i due amanti, indicandoli con un braccio teso e la mano rivolta verso di loro, mentre con l’altra sollecita ad avanzare una riluttante Diana, con la mezzaluna nei capelli, che volge, invece, il capo per non vedere quanto sta avvenendo. Tra i due si trova Ercole, con la pelle di leone, che scende dalla testa, che guarda interessato, dietro a lui si riconosce Minerva, con l’elmo in testa, anch’ella girata, con il volto indietro, per non guardare. Poi, appena delineato nei lineamenti, ma identificabile per la falce, Saturno. Infine, in fondo al gruppo, unico dio maschio a volgersi,  per non assistere a questo episodio sgradevole, vi è Nettuno, con il tridente, che evidentemente non vuole partecipare a questo divertimento, ma pensa già di chiedere a Vulcano di porre fine a questa situazione, secondo quanto narrato da Omero, che lo presenta come unico, fra gli dei, che rimane turbato da questa situazione incresciosa e interviene per far liberare i due amanti. Questo episodio è poi ripreso da Ovidio (Vulfc14, v. 587) e, in epoca più recente, dai commentatori delle  Metamorfosi (Boccaccio, Vulfm13, Vulfm14, Vulfm16; Giovanni dei Bonsignori, Vulfm19; Niccolò degli Agostini, Vulfr06 e Francesco Colonna, Vulfr05). La presenza delle due dee è stata inserita da Parmigianino proprio per rendere più ironica e pungente la storia narrata. Infatti sono state da lui raffigurate, fra tutte quelle che potevano essere inserite, proprio Minerva e Diana, le dee vergini e patrone della castità, che, di fronte ad un episodio così manifesto di lussuria e di infedeltà coniugale, non possono far altro che girare il volto con disapprovazione. La scelta consapevole del pittore, che ben conosceva Omero, di non seguirlo nel particolare dell’assenza delle divinità femminili, è la dimostrazione del suo desiderio di dare un’accentuazione esplicitamente ironica a tutto l’episodio. Il pittore ha trattato questo soggetto anche in altre sue opere, come per esempio nel disegno conservato a Parma (Cfr. scheda opera 36), in cui ha esposto l’argomento con uno spirito diverso, non ridente, ma più riflessivo ed elaborato.

Giulia Masone