32: Marte, Venere e Vulcano

Titolo dell’opera: Allegoria del marchese del Vasto

Autore: Tiziano

Datazione: 1530-35

Collocazione: Parigi, Louvre

Committenza:

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tela (12 x 10,7 cm)

Soggetto principale: Allegoria del marchese del Vasto

Soggetto secondario:

Personaggi: Marchese del Vasto-Marte, Maria d’Aragona-Venere, Amore, Fede maritale (?), Speranza (?)

Attributi: armatura (Marchese del Vasto-Marte); diadema (Maria d’Aragona-Venere); frecce (Amore)

Contesto: scena d’interno

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: www.reproarte.com/picture/_Tizian+(Tiziano+Vecellio)/Allegory+of+the+wedding/11141.htm

Bibliografia: Wethey H. E., The Paintings of Titian. Complete edition. The Mythological and Historical paintings, Phaidon, London 1975, vol. III; Ginzburg C., Tiziano, Ovidio, e i codici della raffigurazione erotica nel Cinquecento, in Miti, Emblemi e spie,Einaudi, Torino 1986, pp. 133-157; Dunand L. – Lemarchand P., Les compositions de Titien intitulées Les amours des dieux Gravées par Gian-Jacopo Caraglio selon les dessin préoaratoires de Rosso Fiorentino et Pierino del Vaga, Michal Slatkine, Genève, 1989, vol. II; Barnes S. J. – Wheelock A. K., Van Dyck 350, National Gallery of Art, Washington 1991; Gentili A., Da Tiziano a Tiziano. Mito e allegoria nella cultura veneziana del Cinquecento, Bulzoni, Roma 1997; Panofsky E., Sudi di iconologia. I temi umanistici nell’arte del Rinascimento, Einaudi, Torino 1999; Rosand D., Inventing mythologies: the painter's poetry, in P. Meilman Mahnken, ed. By, The Cambridge companion to Titian, Cambridge University Press, Cambridge 2003

Annotazioni redazionali: Questo dipinto di Tiziano fu acquistato, in Spagna, nel 1639 da Carlo I di Inghilterra e denominato Allegoria del marchese del Guasto, come riferito da Van der Doort, il  quale, in tale anno, compilò un inventario della collezione reale. Nel 1649 tale collezione venne venduta e la tela fu indicata come Marchese de Guasto di Tiziano. Giunta in Francia nella collezione di Luigi XIV, come risulta nell’inventario di Le Brun del 1683, si trova ora nel museo del Louvre. Il ritratto allegorico eseguito da Tiziano ha diviso la critica per quanto riguarda sia l’attribuzione dell’identità del personaggio raffigurato, sia il significato dell’allegoria qui rappresentata. Il nome di Alfonso d’Avalos, marchese del Vasto, indicato nei documenti di acquisto da parte di Carlo I, è convenzionalmente mantenuto per menzionare tale dipinto, ma sembra improbabile, secondo molti critici, che possa essere lui il soggetto rappresentato, insieme con la moglie Maria di Aragona, in quanto risulta essere stato un uomo piuttosto meschino, caduto in disgrazia e rimosso dalla carica di governatore di Milano nel 1546, da parte di Carlo V. Oltre a ciò, la dama con la sfera di cristallo non ricorderebbe l’aspetto della moglie. Anche sul piano delle interpretazioni iconografiche ci sono molte discordanze negli studi dei vari critici. L’impostazione riportata da Tiziano è comunque quella di riproporre l’immagine di un uomo e di una donna, verosimilmente due ritratti, con l’iconografia consueta utilizzata per la rappresentazione di Marte e Venere, seguendo in tal modo la proposta, già attuata in altri secoli da parte di altri artisti, di identificare con le due divinità i personaggi potenti della loro epoca, in chiave reale o allegorica (Cfr. scheda opera 16 e scheda opera 65). In questa celebrazione, poi, la narrazione del mito, proprio per la specificità dell’argomento, segue l’impostazione di Esiodo (Vulfc02), che parla del legittimo amore fra le due divinità, da cui viene generata Armonia. In particolare, in questa tela, il richiamo a Marte deriva dalle armi indossate e dall’atteggiamento affettuoso nei confronti della donna, la quale, a sua volta, assume le sembianze della dea, non solo per la bellezza della sua persona ed in particolare del suo volto, ma anche per alcuni attributi che rimandano a lei, come il diadema di perle nei capelli,l’abito che lascia intravedere il seno, il bracciale d’oro, che le ferma la manica, e la presenza di Amore. Questo concetto è confermato da Panofsky (1939, ed. 1999, p. 224), che, in una teoria erudita e complessa, considera che il dipinto rappresenti “un’allegoria del matrimonio”, in cui l’uomo e la donna sono non solo gli sposi, ma anche Marte e Venere. In questa interpretazione il globo tenuta dalla dama simboleggia l’armonia (Marsilio Ficino, Vulfr01 e scheda opera 21), per la sua forma perfetta, ma con l’aggiunta, però, che la sua composizione di vetro indica che tale armonia si può rompere facilmente, perché, come indica Ripa, “il vetro mostra la vanità delle cose mondane per la fragilità sua”. In questo, secondo Panofsky, sta l’elemento più sottile dell’intera allegoria: mentre l’uomo consacra alla sposa il suo amore, la sua fede e la sua speranza, ella si sente responsabile di una cosa tanto delicata, come la loro comune felicità. Le tre figure a destra sarebbero poi Amore, con un fascio di ramoscelli, la Fede Maritale, identificabile nella ragazza con il mirto sui capelli, e la Speranza, nella figura che solleva il canestro di rose, per la sua posa di ascesa verso l’alto. Nel testo del 1969 Panofsky ha anche aggiunto una fotografia del disegno originale della tela, che era venuto alla luce quando il dipinto era stato rifoderato nel 1962. Nel disegno, rispetto alla tela, le principali variazioni consistono nella mancanza del globo e nel posizionamento della mano dell’uomo sul suo petto, piuttosto che su quello della donna, che assume un evidente tono di commiato. Ciò ha fatto pensare che uno di essi fosse morto, spiegando anche la tristezza soffusa del dipinto. Un’analisi di Hartlaub interpreta la palla di cristallo come una predizione del futuro, e la donna seduta come l’allegoria della Prudenza. Segue questa ipotesi lo studio di Liselotte Möller sul significato della sfera, che afferma che, a suo parere, il dipinto è un “ritratto moralizzato”, in cui la donna, Prudenza, guarda nella sfera per predire il futuro, ma dichiara che una specifica identificazione dell’uomo in armatura e della donna non è riscontrabile (Möller, 1952, pp. 168-171; cfr. Wethey, 1975, p. 127). In un articolo del 1967, Walter Friedländer (1967, pp. 51-52; cfr. Wethey, 1975, p. 127) ritorna sull’identificazione originaria, intendendo i due personaggi come Marchese del Vasto e Maria d’Aragona, individuando, in particolare, la giovane, che indossa una corona, come Vesta, protettrice della pace domestica, nella figura, non comprensibile se maschile o femminile, con il canestro in mano, Imeneo, simbolo iconografico del matrimonio, e infine nel puttino in primo piano, un Amore, ormai addomesticato, che non ha più bisogno di colpire e che presenta il suo fascio di frecce alla sposa. Tiziano eseguì altri dipinti, rappresentanti argomenti che derivavano da questi personaggi mitologici, in particolare uno, andato perduto, di cui rimangono sia un disegno di Van Dych, che conobbe direttamente l’opera, sia una copia tarda, eseguita dalla sua cerchia,in cui il soggetto è impostato secondo l’iconografia tradizionale, chevede i due amanti abbracciati in un ambiente aperto, sotto lo sguardo attento di Amore.

Giulia Masone