31: Marte, Venere e Vulcano

Titolo dell’opera: Storie di Amore e Psiche

Autore: Giulio Romano, aiuti

Datazione: 1527-28

Collocazione: Mantova, Palazzo Tè, Sala di Psiche

Committenza: Federico II Gonzaga

Tipologia: pittura parietale

Tecnica: affresco

Soggetto principale: bagno di Marte e Venere

Soggetto secondario:

Personaggi: Marte, Venere, Amore, puttini

Attributi: faretra (Amore)

Contesto: scena all’aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Hartt F., Giulio Romano, Yale University, New Haven – London 1958, vol. I; Verhayen E., The Palazzo del Te in Mantua. Images of Love and Politics, Johns Hopkins University, Baltimore and London, 1977; Arasse D., Giulio Romano e il labirinto di Psiche, in “Quaderni di Palazzo Tè”, III, 1985, pp. 7-18; Zuccari A., Raffaello e le dimore del Rinascimento, Art dossier, VII, Giunti, Firenze 1986; Giulio Romano, catalogo mostra (Mantova, Palazzo Te-Palazzo Ducale, 1989), Electa, Milano 1989; Belluzzi A. - Forster K. W., Palazzo Tè, in Giulio Romano, 1989, pp. 317-335; Gombrich E. H., “Anticamente moderni e modernamente antichi”. Note sulla fortuna critica di Giulio Romano pittore, in Giulio Romano, 1989, pp. 11-14; Oberhuber K., La sala di Psiche, in Giulio Romano, 1989, pp. 343-346; Tafuri M., Giulio Romano: linguaggio, mentalità, committenti, in Giulio Romano, 1989, pp. 15-64; Salvy G. J., Giulio Romano, Lagune, Paris 1994; De Romanis A., Mantova, Palazzo Tè, Sala di Amore e Psiche, in C. Cieri Via, L’arte delle metamorfosi. Decorazioni mitologiche nel Cinquecento, Lithos, Roma 2003, pp. 236-237

Annotazioni redazionali: L’affresco si trova nella Sala di Psiche di Palazzo Tè, ambiente destinato ai banchetti. Nel suo programma illustrativo, Giulio Romano si propone di rappresentare le vicende di Psiche, come narrate nell’Asino d’oro di Apuleio, che occupano la complessa trama della volta e le pareti sulle quali sono affrescate le scene di due banchetti: il Banchetto rustico ed il Banchetto degli dei, organizzati in onore di Amore e di Psiche. Nella struttura del racconto sono poi inseriti tre amori bestiali e tre amori divini (Marte e Venere, Marte che insegue Adone, scoperto nella camera di Venere, Bacco e Arianna). Fra questi ultimi compare, nella parete nord, la storia di Marte e Venere. Questo episodio completa la storia di Psiche, e dà spazio, come le altre, a diverse interpretazioni da parte dei critici. Mentre infatti Hartt (1958, p. 129 sgg.) vi identifica l’ascesa dell’anima dal mondo e dal suo amore bestiale verso la rivelazione dell’amore spirituale, Verheyen (1977, pp. 116-119), rifiutando questa lettura neoplatonica, vi riscontra soltanto un’esaltazione paganeggiante del piacere e degli illeciti amori. Arasse (1985, pp. 7 e sgg.) ha dimostrato come possano convivere i due filoni tematici, in due diverse chiavi di lettura, in quanto il Rinascimento e il Manierismo utilizzano le immagini nel loro carattere polisemico. Ciò non permette di semplificarne la lettura, in quanto il loro significato è molteplice e articolato. La scena, qui raffigurata, rappresenta il tema dell’amore di Marte e Venere, utilizzando un’iconografia adottata nel Rinascimento, ma che non trova riscontro nelle fonti letterarie, in cui le due divinità sono colte mentre fanno un bagno (Cfr. scheda opera 40). A sinistra, Amore, rappresentato come un giovinetto adolescente, con la faretra sulle spalle, non ha la freccia in mano, come nell’iconografia consueta, ma si affretta verso Marte, con un telo, per asciugarlo. Il dio, infatti, sta uscendo dal bagno, con un piede già sul bordo della vasca, nudo, con la corporatura muscolosa, senza barba e con i capelli ricciuti. Con il braccio destro alzato, sta indicando alla dea la scena rappresentata sull’altra parete, quella ovest, in cui vi è descritto il Banchetto Rustico. In alto, sopra la sua testa, un putto, verso il quale guarda Amore, ha in mano un lembo del telo, per avvolgere i capelli di Marte. In basso, sopra un sasso, sono appoggiate le pantofole colorate di Venere, simbolo iconografico di sensualità. La parte destra dell’affresco è occupata dalla dea intorno alla quale si affrettano molti puttini, per aiutarla nei suoi lavacri. Due di essi, infatti, stanno adoperandosi a lavarle una gamba, mentre un altro, dalle ali colorate, vicino al quale c’è un’ampolla per l’unguento, cerca, con un bracco alzato, di indirizzare sul corpo della dea l’acqua, che un altro putto versa da un’anfora in alto. Infine, alle sue spalle, un ultimo putto guarda, con aria interrogativa e curiosa, il suo compagno che sta dietro Marte, e si affretta, in gara con l’altro, ad asciugare Venere, formando quasi una schiera, come dice Stazio (Vulfc21).In mezzo a questa allegra giostra di puttini c’è la dea, che è pronta per uscire dall’acqua. Non indossa i consueti gioielli, sui attributi iconografici e porta i capelli lunghi, sciolti sulle spalle. Scarsamente interessata a quanto stanno facendo intorno a lei i putti, volge il viso e lo sguardo dall’espressione intensa, verso Marte, che la ricambia con pari sentimento.

Giulia Masone