29: Marte, Venere e Vulcano

Titolo dell’opera: Marte e Venere

Autore: Jacopo de’ Barbari

Datazione: 1516

Collocazione: Dresda, Staatliche Kunstsammlungen, Gabinetto delle incisioni

Committenza:

Tipologia: incisione

Tecnica: bulino (26,5 x 18 cm)

Soggetto principale: amori di Marte e Venere

Soggetto secondario:

Personaggi: Marte, Venere, Amore

Attributi: elmo, corazza, schinieri, asta, scudo (Marte); caduceo (Mercurio) diadema (Venere)

Contesto: scena all’aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: http://www.spamula.net/blog/2004/07/debarbari.html

Bibliografia: Borenius T., Four Early Italian Engravers: Antonio del Pollaiuolo, Andrea Mantegna, Jacopo de’ Barbari, Giulio Campagnola, The Medici society, London 1923; Servolini L., Jacopo de’ Barbari, Le Tre Venezie, Padova 1944; Dunand L. – Lemarchand P., Les compositions de Jules Romain intitulées Les amours des dieux, gravées par Marc-Anotoine Raimondi, Lemarchand, Lausanne  1977, vol. I; Wimböck G., Jacopo de’ Barbari, in Venus. Bilder einer Göttin,hrsg. von den Bayerischen Staatsgemäldesammlungen, Alte Pinakotek, Müchen 2001, p. 297

Annotazioni redazionali: L’incisione mostra Marte e Venere, con il piccolo Amore. La dea è raffigurata nuda, con il diadema fra i capelli,come nell’iconografia tradizionale, che, a partire da Omero, la identifica con l’epiteto “bella corona” (Vulfc01, v. 267). Ha un mantello dietro il corpo, che, partendo dal suo braccio destro e concludendosi attorno al braccio sinistro di Marte, unisce la sua figura a quella dell’amante, come a rendere ancora più stretto il legame fra i due. La sua corporatura, alta e slanciata, si staglia di fronte al dio della guerra, che si mostra del tutto armato, diversamente dall’iconografia consueta, che, nel suo incontro con Venere, lo vede per lo più privo di armi. Egli indossa l’elmo, la corazza, gli schinieri, porta in mano l’asta e sulle spalle lo scudo, preparato per la guerra, così come detto da Pausania, “indossa le armi e conduce Afrodite” (Vulfc27, 18, 5). Queste sono belle e lavorate e ciò, su indicazione di Boccaccio (Vulfm16, IX, cap. III), che riferisce le parole di Stazio, significa che “sono destinate a portare e compiere battaglia”.Il suo abbigliamento bellicoso è, però, del tutto ammorbidito dallo sguardo che rivolge alla dea, che rende serena e rassicurante tutta l’ambientazione. Anche Amore, rannicchiato fra le braccia della madre, frutto di questo amore, secondo la tradizione che si rifà a Simonide (Vulfc04), sembra, per il momento, aver perso il suo spirito vivace, teso a portare scompiglio alle persone. Il clima pacato dell’incisione è, però, in parte turbato dalla presenza di un caduceo che appare in lontananza. Sembra non essere portato da nessuno, ma allude chiaramente a Mercurio, messaggero degli dei, e sembra sottolineare quello che avverrà successivamente, cioè l’arrivo di tutte le divinità richiamate da Vulcano, secondo quanto narrato dalle fonti letterarie a partire da Omero, ripreso, poi, da Ovidio (Vulfc15) e Luciano (Vulfc25), senza però che qui sia presente la componente ironica caratteristica diesse. A causa della delazione del Sole, quindi, che provoca l’ira e la reazione di Vulcano, questo clima di amore sarà ben presto distrutto. Al dio fabbro, del resto, già facevano riferimento le stesse armi di Marte, che erano state forgiate proprio per lui, quando, non sapendo del tradimento consumato alle sue spalle, il dio le aveva preparate belle, robuste e finemente lavorate. L’incisore, quindi, ha colto, nella storia del mito relativa all’amore di Marte e Venere, proprio il momento appena precedente all’accusa del Sole, quando nulla sembra ancora turbare la serenità dei due amanti.

Giulia Masone