Titolo dell’opera: Marte e Venere illuminati dal Sole e scoperti da Vulcano
Autore: anonimo
Datazione: 1501
Collocazione: Giovanni Bonsignori, Ovidio Methamorphoseos vulgare, Venezia 1501, f. 27v. (prima edizione 1497)
Committenza: Lucantonio Giunta
Tipologia: incisione
Tecnica: xilografia
Soggetto principale: Marte e Venere intrappolati dalla rete di Vulcano
Soggetto secondario: Sole informa Vulcano dell’adulterio di Marte e Venere
Personaggi: Marte, Venere, Vulcano, Nettuno, Mercurio, Saturno (Marte e Venere intrappolati dalla rete di Vulcano); Vulcano, Apollo-Sole (Sole informa Vulcano dell’adulterio di Marte e Venere)
Attributi: rete, incudine, martello (Vulcano); raggi del sole, verga (Apollo); tridente (Nettuno); caduceo, petaso (Mercurio); falce (Saturno)
Contesto: camera da letto
Precedenti: Raffaele Regio, Metamorfosi Pub. Ovidii Nasonis libri XV, Venezia 1509, libro IV
Derivati:
Immagini: http://visualiseur.bnf.fr/CadresFenetre?O=IFN-2200050&I=12&M=imageseule
Bibliografia: Guthmüller B., Mito, poesia, arte. Saggi sulla tradizione ovidiana nel Rinascimento, Bulzoni, Roma 1997
Annotazioni redazionali: L’edizione dell’Ovidio Methamorphoseos vulgare fu stampata per la prima volta nel 1497 e arricchita da illustrazioni di commento agli episodi narrati. L’incisione, qui presentata, appartiene alla ristampa del 1501, con l’eliminazione della censura del nudo di Nettuno, attuata nel testo precedente. In essa si rappresenta graficamente il momento in cui si ha la rivalsa di Vulcano nei confronti dei due amanti (Vulfm19). La scena è divisa in due parti, ognuna delle quali rappresenta due personaggi determinanti per lo sviluppo della vicenda. A sinistra, infatti, si individua l’inizio di questa situazione, cioè il momento in cui Vulcano, impegnato nella sua attività di fabbro, lascia cadere a terra il martello con il quale sta lavorando, di fronte alla delazione fatta da Apollo, secondo un’iconografia che ripropone quanto narrato da Ovidio (Vulfc15, vv. 167-170). Questi, arricchendo la narrazione di Omero (Vulfc01, vv. 270-275), che indica solo la denuncia fatta dal Sole, sottolinea anche che questi va nella fucina, dove si trova Vulcano. Il dio fabbro si indigna talmente tanto, che gli cadono le braccia e il lavoro che tiene in mano. Oltre a questa precisazione di Ovidio, l’incisore dà rilievo anche a quanto narrato da Bonsignori, che aggiunge che a Vulcano cade il martello, che sta usando. Il Sole ha il corpo circondato dai raggi, il piede sinistro posto in avanti, ad indicare che si è appena fermato, e la mano alzata, nel gesto di chi sta parlando. Di fronte a lui Vulcano, preso alla sprovvista, sembra impietrito, con il braccio destro in alto, pronto a battere il ferro, ma privo del martello, che è caduto davanti ai suoi piedi, mentre la mano sinistra afferra ancora un oggetto, posto sull’incudine che si trova fra lui ed Apollo. Questa parte della scena è ambientata all’aperto, come si evince dal monte che si eleva alle spalle del dio fabbro, probabilmente quello in cui si trova la fucina, a delineare ancora meglio il fatto che l’adulterio avviene mentre lui, ignaro, si trova a lavorare, e proprio nel suo letto, ormai disonorato, rendendo ancora più straziante il suo dolore, come ben delineato da Omero (Vulfc01, v. 269), da Quinto di Smirne (Vulfc30). A destra, infatti, in un interno, sul letto che occupa l’altra metà dell’incisione, si trovano Marte e Venere, abbracciati, come detto nelle fonti letterarie greche fin da Omero (Vulfc05, Vulfc25 e Vulfc30), e riproposto, nelle latine, da Ovidio. Essi sono imprigionati, nel loro amplesso, dalle reti preparate da Vulcano, come narrato in tutte quelle fonti che li identificano come amanti e che evidenziano, anche, sia l’abilità di Vulcano nel fabbricarle, così sottili da somigliare ad una “tela di ragno, e tanto morbide e delicate che nessuno poteva sentirle”, come detto da Regio (Vulfr04), sia la sua astuzia nell’ideare la trappola, che deve scattare nel momento in cui si trovano nel letto (Omero, Vulfc01, vv. 296-299, Ovidio, Vulfc15, vv.183-185, Luciano, Vulfc25, Reposiano, Vulfc29, Quinto di Smirne, Vulfc30, Nonno di Panopoli, Vulfc32). A causa di ciò, come narrano le fonti indicate, i due sono impossibilitati, quindi, a muoversi, nonostante i loro tentativi, perché “impigliati nei lacci” (Vulfc15, v. 174). Marte ha il viso rivolto verso la dea, teso a rasserenarla, mentre questa, molto irritata, fissa lo sguardo su Apollo, già meditando la sua vendetta, come narrato da Ovidio, che narra la storia di questo adulterio scoperto e denunciato dal Sole, proprio per motivare le cause del suo triste amore per Leucotee, provocato dalla vendetta di Venere. I due amanti sono in parte coperti, seguendo il testo di Bonsignori, che non accenna alla loro nudità, diversamente da quanto riferito da Ovidio e Luciano, che li indicano “nudi”.Tali fonti sottolineano anche la loro vergognache si manifesta, anche iconograficamente, nell’atteggiamento piuttosto mesto, sotto gli occhi degli dei che si trovano dietro il letto. Questi sono stati chiamati da Vulcano che vuole ridicolizzare e mettere in imbarazzo i due adulteri. A determinare la presenza degli dei dell’Olimpo, si trovano, infatti, intorno a loro in pose diverse, cinque divinità. Sulla destra Saturno, identificabile per la falce, Apollo,per la vergae Mercurio, per il caduceo ed il petaso, interessati e incuriositi da quanto avviene, sembrano commentare ironicamente l’episodio, soprattutto quest’ultimo che non esita a fare anche apprezzamenti, secondo quanto riferito da Omero, Ovidio, e, inmodoparticolarmente divertente e arguto, da Luciano. La raffigurazione di divinità solamente maschili riprende la tradizione omerica, che narra della presenza solo di questi, in quanto le dee, per pudore, sono rimaste nelle loro case, diversamente da Ovidio che non ne indica il nome, né il sesso, ma ne parla in generale. Alla loro sinistra, invece, Nettuno, piuttosto perplesso, si rivolge a Vulcano, con atteggiamento colloquiale, per convincerlo a mettere fine a questa situazione imbarazzante. Questa seconda rappresentazione di Vulcano, posto in questo caso proprio al centro dell’incisione, con abiti più ordinati, dimostra che il vero protagonista della storia che si sta svolgendo è proprio lui, dal momento della scoperta a quello della vendetta. L’atteggiamento di colloquio di Apollo e di Nettuno nei suoi confronti è il medesimo, ma suscita sentimenti diversi, in quanto dal primo derivano rabbia e desiderio di vendetta, dal secondo, invece, sentimenti più razionali. Il dio del mare, infatti, è dispiaciuto di quanto sta avvenendo e riesce a porre fine a questa sgradevole e imbarazzante situazione, come narrato da Omero e ripreso da Ovidio (Vulfc14).
Giulia Masone