23: Marte, Venere e Vulcano

Titolo dell’opera:

Autore: anonimo

Datazione: 1509

Collocazione: Raffaele Regio, Metamorfosi Pub. Ovidii Nasonis libri XV, Venezia 1509 (prima edizione 1493), libro IV

Committenza:

Tipologia: incisione

 

Tecnica: xilografia

Soggetto principale: Marte e Venere intrappolati dalla rete di Vulcano

Soggetto secondario: Sole informa Vulcano dell’adulterio di Marte e Venere

Personaggi: Marte, Venere, Vulcano, Nettuno, Mercurio, Saturno (Marte e Venere intrappolati dalla rete di Vulcano); Vulcano, Apollo-Sole (Sole informa Vulcano dell’adulterio di Marte e Venere)

Attributi: rete, incudine, martello (Vulcano); raggi del sole, verga (Apollo-Sole); tridente (Nettuno); caduceo, petaso (Mercurio); falce (Saturno)

Contesto: camera da letto

Precedenti:

Derivazioni: Giovanni Bonsignori, Marte e Venere illuminati dal Sole e scoperti da Vulcano, in Ovidio Methamorphoseos vulgare, Venezia 1501, f. 27v.

Immagini: http://www.uvm.edu/~classics/slides/a62.jpeg

Bibliografia: Guthmüller B., Mito, poesia, arte. Saggi sulla tradizione ovidiana nel Rinascimento, Bulzoni, Roma 1997

Annotazioni redazionali: L’incisione è tratta dall’opera illustrata delle Metamorfosi di Ovidio, redatta da Raffaele Regio, la cui prima edizione è stata stampata a Venezia nel 1493 (Vulfr04). Rappresenta il momento della scoperta, da parte di Vulcano, dell’adulterio di Venere e le conseguenze di ciò. L’immagine è divisa in due parti: sulla destra Apollo, contornato dai raggi luminosi, è rappresentato mentre sta rivelando a Vulcano, ignaro di ogni cosa, ciò che avviene nella sua casa. Il dito indice alzato e il corpo leggermente proiettato in avanti mostrano, da parte del dio del Sole, un atteggiamento molto colloquiale. Di fronte a lui, Vulcano, intento nella lavorazione di un oggetto metallico su un’incudine, ha lasciato cadere il martello per terra, vicino ai piedi, ed è rimasto con il braccio sollevato, in una posizione quasi impietrita (Vulfc15), secondo un’iconografia che ripropone quanto narrato da Ovidio. Questi, arricchendo la narrazione di Omero (Vulfc01), che indica solo la denuncia fatta dal Sole, sottolinea anche che questi va nella fucina, dove si trova Vulcano. Il dio fabbro si indigna talmente tanto, che gli cadono le braccia e il lavoro che tiene in mano. Oltre a questa precisazione di Ovidio, l’incisore dà rilievo anche a quanto narrato da Bonsignori (Vulfm19), che aggiunge che a Vulcano cade il martello, che sta usando. Dietro di lui, nella cavità di un monte, distinguibile per le rocce che si elevano in alcune parti, appare l’entrata della fucina, a delineare ancora meglio il fatto che l’adulterio avviene mentre lui, ignaro, si trova a lavorare, e proprio nel suo letto, ormai disonorato, rendendo ancora più straziante il suo dolore, come ben delineato da Omero e da Quinto di Smirne (Vulfc30). Sullo sfondo si intravede una collina, con alcuni alberi sulle pendici, a segnalare un ambiente aperto, nel quale si muove il Sole. Sulla sinistra dell’incisione è rappresentata la conseguenza di questa delazione. Infatti, sul letto, che accoglie i due amanti, è scattata la trappola della rete che li ha imprigionati, impedendo qualsiasi movimento, che permetta loro di liberarsi, mentre sono abbracciati, come detto nelle fonti letterarie greche da Omero e riproposto, nelle latine, da Ovidio. Essi sono imprigionati, nel loro amplesso, dalle reti preparate da Vulcano, come narrato in tutte quelle fonti che li identificano come amanti e che evidenziano, anche, sia l’abilità di Vulcano nel fabbricarle, così sottili da somigliare ad una tela di ragno, e tanto morbide e delicate che nessuno poteva sentirle, come detto da Regio, sia la sua astuzia nell’ideare la trappola che deve scattare nel momento in cui si trovano nel letto (Vulfc01, vv. 296-298, Vulfc15, Vulfc25Vulfc30Vulfc29 e Nonno di Panopoli, Vulfc32). A causa di ciò, come narrano le fonti indicate, i due sono impossibilitati a muoversi, nonostante i loro tentativi, perché “impigliati nei lacci” come evidenziato dal piede di Venere, che fuoriesce dalle maglie della rete. I due amanti sono in parte coperti,  seguendo il testo di Bonsignori, che non accenna alla loro nudità, diversamente da quanto riferito da Ovidio e Luciano, che li indicano “nudi”.Queste fonti sottolineano anche la loro vergognache si manifesta, anche iconograficamente, nell’atteggiamento piuttosto mesto, sotto gli occhi degli dei. Questi sono stati chiamati da Vulcano, che vuole ridicolizzare e mettere in imbarazzo i due adulteri, e si affollano intorno al letto, schiacciando, con la loro volumetria, i due amanti. Dalla sinistra si riconoscono Saturno, con la falce in mano, Apollo con la verga e Mercurio, con il caduceo, che guardano con attenzione e curiosità i due amanti, soprattutto quest’ultimo, che non esita a fare anche apprezzamenti, secondo quanto riferito da Omero, Ovidio, e, in modo particolarmente divertente e arguto, da Luciano. La raffigurazione di divinità solo maschili riprende la tradizione omerica, che narra della presenza solo di questi, in quanto le dee, per pudore, sono rimaste nelle loro case, diversamente da Ovidio che non ne indica il nome, né il sesso, ma ne parla in generale. Vulcano appare una seconda volta al centro dell’incisione, con un abito più ordinato rispetto a quello indossato nell’officina. La duplice rappresentazione rende lui il vero protagonista di questa vicenda, con la sua rabbia e il desiderio di rivalsa. Più a destra, Nettuno, unico fra tutti gli dei, non guarda i due amanti, ma si rivolge a Vulcano, con l’indice della mano rivolta verso di lui, quasi a ripetere quella di Apollo. Ma, mentre quest’ultimo era intervenuto presso il dio fabbro per svelargli l’adulterio e provocando quindi la sua ira, Nettuno, invece, interviene per placarlo e convincerlo a sciogliere Marte e Venere, e concludere, quindi, questa vicenda un po’ penosa e imbarazzante, dimostrandosi dispiaciuto di quanto sta avvenendo, come narrato da Omero e ripreso da Ovidio (Vulfc14).

Giulia Masone