22: Marte, Venere e Vulcano

Titolo dell’opera: Venere, Marte e Amore

Autore: Piero di Cosimo

Datazione: 1485 ca.

Collocazione: Berlino, Staatliche Museen, Gemäldegalerie

Committenza:

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tavola (72x182 cm.)

Soggetto principale: amori di Marte e Venere

Soggetto secondario:

Personaggi: Venere, Marte, puttini

Attributi: armatura (Marte); colombe (Venere)

Contesto: paesaggio campestre

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: http://commons.wikimedia.org/wiki/Image:Piero_di_Cosimo_058.jpg

Bibliografia: Schubring P., Cassoni, Verlag, Leipzig 1923; Tietze Conrat E., Botticelli and the Antique, in “The Burlington Magazine for Connoisseurs”, XLVII, 1925, pp. 124-129; Gombrich E. H., Botticelli’s Mythologies: a study in the Neoplatonic Symbol of his circle, in “Journal of the Warburg Institute”, VIII, 1945, pp. 7-60; Langton Douglas R., Piero di Cosimo, University of Chicago, Chicago 1946; Zeri F., Rivedendo Piero di Cosimo, in “Paragone”, CXV, 1959, pp. 36-50; Levi Pisetzky R., Le parti caratteristiche dell’abbigliamento femminile quattrocentesco, in Storia del costume in Italia, Fondazione G. Treccani, Istituto editoriale italiano, Milano 1967, vol. II;  Radcliff Umstead D., La Venere di luce e amore nella Rinascenza medicea, in “Alla Bottega”, XI, 1973, n. 2, pp. 4-8; Bacci M., L’opera completa di Piero di Cosimo, Classici dell’arte, Rizzoli, Milano 1976; Ames Lewis F., Early Medicean Devices, in “Journal of the Warburg and Courtauld Institutes”, XLII, 1979, pp. 122-143; Barriault A. B., Florentine paintings for spalliere, Ann Arbor, Virginia 1985; Weiss R., La scoperta dell’anitchità classica nel rinascimento, Antenore, Padova 1989; Fermor S., Piero di Cosimo. Finction, invention and fantasia, Reaktion books, London 1993; Barriault A. B., Spalliera Paintings of Renaissance Tuscany. Fables of Poets for Patrician Homes, the Pennsylvania State University, Pennsylvania 1994; Forlani Tempesti A., Studiare dal naturale nella Firenze di fine ‘400, in Florentine Drawing at the Time of Lorenzo the Magnificent, a cura di E. Cropper, Nuova Alfa, Bologna 1996, pp. 1-15; Arasse D., Le sujet dans le tableau: l’essais d’iconographie analytique, Flammarion, Paris 1997; Baskins C. L., Cassone Painting. Humanism and Gender in Early Modern Italy, Cambridge University, Cambridge 1998; De Girolami Cheney L. – Hendrix J., Neoplatonism and the arts, The Edwin Mellen, New York 1999; Panofsky E., Sudi di iconologia. I temi umanistici nell’arte del Rinascimento, Einaudi, Torino 1999; Lee Rubin P., The seductions of antiquity, in C. Arscott – K. Scott, a cura di, Manifestations of Venus: art and sexuality,Manchester University, Manchester-New York 2000; Dempsey C., Inventing the Renaissance putto, University of North Carolina, London 2001; Falletti F. - Katz Nelson J., a cura di, Venere e Amore: Michelangelo e la nuova bellezza ideale. Venus and love: Michelangelo and the new ideal of beauty, Giunti, Firenze 2002; Tognarini I., L'identità e l'oblio: Simonetta, Semiramide e Sandro Botticelli, Electa, Milano 2002

Annotazioni redazionali: Il dipinto è identificabile con quello di proprietà del Vasari, attentamente descritto da Milanesi, come “un quadro dove è una Venere ignuda con Marte parimente, che spogliato nudo dorme sopra un piano pieno di fiori [...] Questo quadro è in Fiorenza in casa di Giorgio Vasari” (Bacci, 1976, pp. 90-91, n. 25). Milanesi riferisce anche di una probabile provenienza dall’eredità Gaddi, passata in casa Nerli. Fu acquistato, poi, da Rumohr nel 1828 per i musei berlinesi, ove si trova tuttora. Ignoti sono invece i committenti del dipinto, dato che sussistono opinioni discordanti. Langton Douglas (Langton Douglas, 1946, pp. 52-53) afferma che la tela fu commissionata nel 1498 da Lorenzo di Pierfrancesco, capo del più giovane ramo dei Medici, per commemorare la tragica morte di Giovanni, suo amato fratello, avvenuta durante il servizio militare, nell’anno successivo al suo matrimonio con Caterina Sforza, solo pochi mesi dopo la nascita del loro bambino. Dato che, dopo la rivolta dei fiorentini nel 1494, i due fratelli erano riusciti ad acquistare molti quadri di quella che era stata la collezione di Lorenzo il Magnifico, era entrata in loro possesso anche la tela di Botticelli, raffigurante Venere e Marte (Cfr. scheda opera 21), che probabilmente commemorava l’amore di Simonetta e di Giuliano, da poco ucciso nella congiura dei Pazzi.Alla morte di Giovanni, quindi, probabilmente, il fratello, molto legato a lui, ha voluto commemorare questo triste fatto, facendo eseguire a Piero di Cosimo una tela che potesse fare da riscontro all’altra, celebrando, quindi, un amore di uguale intensità, finito molto tragicamente. Secondo altri critici, invece, pare indimostrabile che il committente sia proprio Lorenzo, non essendoci documenti a questo riguardo (Langton Douglas, 1946, pp. 52-53; Forlani Tempesti - Capretti, 1996 pp. 101-102). Il dipinto, spesso messo in relazione, quindi, con quello di soggetto analogo dipinto da Botticelli, è di difficile datazione. Da alcuni infatti è considerato realizzato intorno al 1485, per altri in epoca molto più tarda, nei primi anni del secolo successivo. Inaccettabile per molti critici una data anteriore al 1490, viene considerato impossibile, secondo Zeri (1959, p. 36 sgg.), datare con precisione tale opera, che comunque, per i rapporti con il paesaggio presente nella Morte di Procri, inducono a pensare ad una stesura del dipinto verso la fine del XV secolo (Bacci, 1976, pp. 90-91). Probabilmente questo pannello è stato commissionato in un’occasione nuziale, come spalliera per un letto. In questi secoli era, infatti, molto frequente che famiglie di alto lignaggio decorassero le loro camere nuziali con opere artistiche di valore. È stato recentemente osservato che, durante l’attività di Piero, i matrimoni hanno formato una delle più importanti occasioni per committenze di opere (Fermor, 1993, p. 45). La Venere e Marte di Piero di Cosimo, che molto deve alla tavola di Botticelli, impiega lo stesso gruppo di personaggi che godono dei piaceri dell’amore consumato, nell’ambientazione di un paesaggio naturale. Dopo il loro amplesso, Marte e Venere riposano in un prato fiorito, descritto dai versi di Reposiano (Vulfc29). Il dio dorme, sotto lo sguardo della sua amante, mentre Amore si rannicchia sotto il braccio di lei, e con la mano strofina il muso di un coniglio, simbolo di fertilità e lussuria, convenzionalmente associato all’amore carnale. Davanti al dio addormentato, vicino ad una parte della sua armatura, due colombe, uccelli sacri a Venere, tubano e alludono all’abbraccio dell’amore, mentre nel fondo alcuni puttini, giocano con le armi abbandonate di Marte, che giacciono inutilizzate e, ancora più lontano, su uno spiazzo della collina a sinistra, altri due puttini, forse Eros e Anteros, anch’egli figlio della coppia, come sottolineato daCicerone (Vulfc11), sembrano lottare fra loro, in un’iconografia piuttosto consueta, in una lotta, cioè, che non indica discordia, ma la forza del reciproco sentimento. Tutta l’impostazione del dipinto, anche per quanto riguarda la scena gioiosa dai piccoli dei, riporta alla narrazione di Reposiano, anche se, in parte, si può già ritrovare in un dipinto di Pompei (Cfr. scheda opera 11). Il quadro rappresenta quindi un’allegoria del trionfo dell’amore sulla guerra, o dei pacifici effetti di un amore terreno, e realizzerebbe una compiuta iconografia augurale, indirizzata alla coppia nella fausta ricorrenza delle nozze, in cui si propone un’elegante e colta allegoria domestica, arricchita di significati neoplatonici, come una visualizzazione della dottrina ficiana (Vulfr01) del mutuo temperamento. Oltre a ciò Piero ha voluto mettere in evidenza anche il tema dell’amore coniugale e la reciproca natura dell’affetto di coppia. Se comparata, infatti, con la rappresentazione di Botticelli, risulta minore l’enfasi relativa alla potenza di Venere su Marte, rispetto alla rappresentazione della passione reciproca, come indicato dalle due colombe. Il tema del reciproco amore è inoltre suggerito, anche in un modo più sottile, nella posizione identica e speculare delle due figure, delle loro gambe sovrapposte, a raggiungere una stessa linea diagonale. Questa Venere di Piero in contemplazione estatica del suo amore,  è dimentica anche dell’arguto puttino che, aggrovigliato nel suo manto, la invita a guardare qualcosa che si trova oltre il boschetto, nel quale essi stanno distesi. La calma e l’impassibilità  di ambedue i personaggi sono ulteriormente indicate dalla farfalla poggiata sulle gambe della dea. Sullo sfondo della scena si apre un paesaggio, una sorta di locus amoenus, nel quale l’amore si distende sulla vista di colline e pianure, adornate con ricchezza di flora e fauna, scogli affioranti e lucentezza di mare. A completare l’iconografia scelta da Piero, si può osservare che sullo sfondo di Venere la natura appare bella e ricca, mentre dietro Marte si eleva uno sfondo di aspre rocce, a rafforzare il concetto degli opposti.

Giulia Masone