20: Marte, Venere e Vulcano

Titolo dell’opera: Mese di Settembre

Autore: Cosmè Tura

Datazione: 1467-70

Collocazione: Ferrara, Palazzo Schifanoia, Sala dei Mesi

Committenza: Borso d’Este

Tipologia: pittura parietale

Tecnica: affresco

Soggetto principale: Trionfo della Lussuria

Soggetto secondario: Vulcano nella sua fucina; amori di Marte e Venere

Personaggi: Vulcano, Ciclopi, Marte, Venere, puttini

Attributi: scimmie (Lussuria);incudine, martello (Vulcano); elmo, scudo, corazza (Vulcano)

Contesto: paesaggio campestre

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: D’Ancona P., I mesi di Schifanoia in Ferrara, Milione, Milano 1954; Saxl F., Letures, The Warburg Institute-University of London, London 1957; Salmi M., Pittura e minaitura a Ferrara nel Primo Rinascimento, Silvana, Milano 1961; Zorzi L., Il teatro e la città: ricognizione del ciclo di Schifanoia, in Il Rinascimento nelle corti padane, (convegno Società e cultura al tempo di Ludovico Ariosto, Ferrara 1975) De Donato, Bari 1977, pp. 531-552; Rosenberg C. M., Courtly Decorations and the Decorum in interior space, in  G. Papagno -  A. Quondam, a cura di, La corte e lo spazio: Ferrara estense, Bulzoni, Roma 1982, pp. 529-544; Weddigen E., Eine morale ovidisée von Hugo, Vulkan und Parisina in September fresko Schifanoia?, in “Musei Ferraresi”, XVI, 1988-89, pp. 51-63; Cieri Via C., I trionfi, il mito e l’amore: la fascia superiore dei Mesi negli affreschi di Palazzo Schifanoia, in R. Varese, Atlante di Schifanoia, Panini, Modena 1989, pp. 37-55; Campbell S., Cosmè Tura of Ferrara, Yale University, New Haven – London 1997; Fratucello C. – Knorr C., Il cosmo incantato di Schifanoia. Aby Warburg e la storia delle immagini astrologiche, guida alla mostra (Ferrara, Palazzo Schifanoia, 1998) Cartografia di Ferrara, Ferrara 1998; Bertolozzi M., La tirannia degli astri. Gli affreschi astrologici di Palazzo Schifanoia, Sillabe, Livorno 1999; Molteni M., Cosmè Tura, Federico Motta, Milano 1999; Manca J., Cosmè Tura. The Life and Art of a Painter in Estense Ferrara, Clarendon, Oxford 2000

Annotazioni redazionali: L’affresco, rappresentante il Mese di Settembre con la Fucina di Vulcano, eil Trionfo della Lussuria, si trova nel Palazzo Schifanoia di Ferrara, nella Sala dei Mesi, le cui vaste pareti erano in origine interamente ricoperte di dipinti, alcuni dei quali sono oggi andati perduti. L’opera completa, divisa in scomparti da un’intelaiatura architettonica, a loro volta suddivisi in tre zone sovrapposte, raffigura, nella parte superiore, la divinità tutelare del mese, nella parte inferiore scene di occupazione agricola inerente il periodo e, nella zona intermedia, oltre ai segni zodiacali, altre figure simboliche, interpretate da Warburg, come rappresentazione dei decani astrologici. Nella zona superiore dell’affresco relativo al mese di settembre, è seduta una donna che, con la mano destra, indica il ventre, in corrispondenza del quale l’abito, fermato in vita da un grosso nodo, è aperto. Dalle sue spalle scende un mantello rosso scuro, che le copre le gambe, i cui lembi cadono su un globo collocato vicino al suo piede. È seduta su un carro tirato da scimmie, che simboleggiano un tipo di animali considerati lascivi, mentre altre scimmiette sono sedute sugli angoli del carro stesso, quasi da contorno alla donna. Sul lato sinistro si trova la fucina di Vulcano, in cui il dio, aiutato dai Ciclopi, sta lavorando sull’incudine, intento a forgiare le armi, che poi vengono appese sulla grotta. L’atteggiamento dei Ciclopi sembra quello di un balletto, mimato in silenzio, con sguardi e gesti sospesi. Dietro, alle loro spalle, uno strano pendaglio collega questo personaggio con la figura posta sul carro trionfale, che mostra un oggetto analogo sul petto, le cui fattezze femminili, sono state da alcuni critici assimilate al personaggio, sicuramente maschile, a sinistra della fucina, con il mantice in mano. A fianco della grotta è appeso uno scudo ovoidale con lo stemma di Roma, ben riconoscibile per la presenza della lupa che allatta i gemelli. Sullo sfondo di questo si riconoscono alcune costruzioni della città: un obelisco, l’arco trifornice di Costantino e la Mole Adriana. Ciò potrebbe anche collegare la lavorazione delle armi, che si sta compiendo nella fucina, con quelle preparate da Vulcano per Enea, da cui discende la stirpe romana. Sulla destra, in basso, appare una coppia di amanti, avvolta in un lenzuolo chiaro, che, per la presenza di Vulcano, potrebbe far pensare a Marte e Venere. Mentre, però, l’iconografia rimanda senza dubbio a Marte, per la presenza delle armi posate accanto al letto, la figura femminile non è interpretabile con sicurezza, in quanto mancano gli attributi iconografici tali da renderla leggibile. È presente, di lei, solo l’abito poggiato al bordo del letto, accanto ad una piccola sfera. L’ambiente da cui è circondato il letto dei due amanti è composto da una parete rocciosa, da un’apertura della quale si vede il paesaggio retrostante. Su uno sperone di questa si trova un gruppo di cinque putti nudi danzanti, che hanno intorno al capo un nastro, scuro per due di essi, chiaro per gli altri. Sull’estrema sinistra di questa roccia è visibile una chiesa. In alto nel cielo è raffigurato un puttino, che tiene nella mano una corona, circondato da una nuvola, dalla quale si espandono raggi luminosi, e, alla sua destra, sempre nell’aria, vi sono altre quattro figure. Sullo sfondo si vede un paesaggio arido, con alberi secchi, dietro il quale appare una città, caratterizzata da costruzioni turrite. Questo affresco presenta proposte di lettura diverse, una delle quali, confermata da molti critici, ma non avvalorata da altri, vede nell’opera l’allegoria della Lussuria. Attraverso tale interpretazione, la scena riporta la narrazione della storia dell’amore di Marte e Venere, anche se l’episodio dell’amplesso sulla destra, come il gruppo di puttini, che rimandano alla tradizione che deriva da Stazio e da Reposiano, e la strana figurazione “prodigiosa” in alto sfuggono ad una lettura immediata, tanto del mito che del contesto stagionale e delle vicende ad esso collegate, con la presenza di Vulcano. Le due figure sulla destra, in un’ultima connessione con questo dio, ricondurrebbero, quindi, all’episodio dell’adulterio di Venere e Marte (Vulfc01). L’iconografia, piuttosto inusuale, indica, nei vestiti deposti dei personaggi, un connubio fra un guerriero ed una fanciulla; facile è dunque riconnettersi al noto mito che, secondo le fonti classiche, narra della rete costruita da Vulcano con la quale i due amanti vennero irretiti e scoperti; infatti la strana foggia di un lenzuolo, fortemente serrato ad avvolgere i due personaggi, potrebbe avere la medesima funzione della mitica rete, introdotta nelle fonti letterarie sia greche (Vulfc01Vulfc25), sia latine (Vulfc15 eVulfc19). Da questa unione di due opposti, nasce Armonia, la cui corona forgiata da Vulcano appare in alto come in una visione prodigiosa. Ancora in connessione con Vulcano, il gruppo di puttini sulla destra può essere identificato con i dodici figli di Eolo, vale a dire i 12 venti, che contribuiscono con la loro azione all’origine del fuoco, generando gli incendi. L’aspetto encomiastico dell’affresco, teso ad esaltare la famiglia d’Este, e Borso in particolare, sarebbe in tal modo evidente proprio nella scelta delle due divinità, da sempre considerate fondatrici della stirpe romana, quella stirpe, cioè, alla cui grandezza la famiglia di Ferrara vuole ricollegarsi, nel riconoscimento del loro ben operare nei confronti della città. Su questo concetto, infatti, Borso fonda l’immagine di buon Principe, come baluardo per la difesa del suo potere, contro le accuse di illegittimità e di usurpazione.

Giulia Masone