19: Marte, Venere e Vulcano

Titolo dell’opera: Vulcano sorprende Venere e Marte amanti

Autore:

Datazione: XV sec.

Collocazione: Lione, Biblioteca municipale, manoscritto del Roman de la Rose di Guillaume de Lorris - Jean de Meun, Ms P.A. 25, f. 108

Committenza:

Tipologia: illustrazione

Tecnica: miniatura atempera (7.6x6.9 cm.)

Soggetto principale:

Soggetto secondario:

Personaggi: Marte, Venere, Vulcano

Attributi:

Contesto: camera da letto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: http://sgedh.si.bm-lyon.fr/dipweb2/phot/enlum.htm

Bibliografia: Cotton F., Les manuscrits a peintures de la Bibliothèque de Lyon. Essai de catalogue, in “Gazette des Beaux-Arts”, LVX, 1965, n. 1156-57, p. 265-320; Brownlee K.- Huot S., Rethinking the Romance of the Rose, texte, image, Reception, University of Pennsylvania, Philadelphia 1992

Annotazioni redazionali: La miniatura è inserita in un’edizione del Roman de la Rosedel XV sec. In essa si coglie il momento in cui Vulcano scopre in flagrante i due adulteri.

La scena si svolge in una camera, in cui, in primo piano, si trova un letto a baldacchino, sullo sfondo di tende aperte, che lasciano entrare la luce. Dalle coltri, ben tirate, a coprire quasi integralmente i due corpi, che si intravedononudi,appaiono i volti di Venere e di Marte, sorpresi, intimoriti, come narrato nei Dialoghi di  Luciano (cfr. Vulfc25), e, sottolineato da Quinto di Smirne (cfr. Vulfc30), rossi per la vergogna, ma non particolarmente preoccupati. Di fronte a loro, in piedi, in atteggiamento intimidatorio, con il volto più addolorato che minaccioso, si trova il marito tradito, con le fattezze piuttosto brutte, specie se paragonate con quelle di Marte. Gli abiti che indossa, come anche il copricapo grezzo, che gli copre i capelli, stanno ad indicare un personaggio sicuramente rozzo. Nel vedere i due che giacciono nel suo letto nuziale, disonorandolo, la rabbia diviene ancora più accesa, tanto da fargli meditare la vendetta, perché, come dice Omero “l’ira lo dominava, selvaggia” (cfr. Vulfc01, v. 304).

Dal baldacchino, nella parte dalla quale questi sta giungendo, pende un sacchetto, piuttosto rigonfio e teso, per denotare una certa pesantezza, che racchiude probabilmente le catene preparate per imprigionare i due amanti. Queste scatteranno nel pieno della loro colpa, per umiliarli davanti a tutti, come viene narrato nelle fonti letterarie a partire da Omero, in cui si indicano le catene che pendono dal soffitto, e poi ripreso anche da Ovidio, nell’Ars Amatoria (cfr. Vulfc14).Nelle mani di Vulcano si intravede un altro sacchetto, contenente forse qualcosa di analogo, per completare meglio la sua vendetta.

La miniatura rappresenta visivamente, in modo opportuno, quanto affermato nel testo scritto da Jean de Meun (cfr. Vulfm09), che considera sciocco il dio, che pensa di essere l’unico amato da Venere. La dea, infatti, appare certamente mortificata per la situazione incresciosa,  ma pur sempre molto bella. Aggiunge, poi, che nessuno è stato creato per una persona sola, giustificando l’amore fra Marte e Venere, perché questo è un sentimento naturale.

Nella miniatura non compare direttamente il Sole, che è stato colui che ha svelato il segreto, citato nelle fonti letterarie sia greche (cfr. Omero, Vulfc01, vv. 270-271 e Luciano, Vulfc25), sia latine, in particolare da Ovidio (cfr. Vulfc15, vv. 167-169), la cui lettura suscita molto interesse in questo secolo. La sua presenza è però evidente dal chiarore che appare dalla parete di fondo, dove le tende tirate fanno presagire la presenza di una finestra.

L’ambientazione in un’epoca provenzale, in cui si parla dell’amore come di un sentimento raffinato e gentile, che giustifica anche l’adulterio, si può desumere dal turbante intrecciato, che copre i capelli della dea, come è consueto vedere nelle immagini delle dame dell’epoca e che ricorda l’iconografia dei secoli antichi, che vede spesso i capelli di Venere adornati da un diadema.

Giulia Masone