18: Marte, Venere e Vulcano

Titolo dell’opera: Marte e Venere, distesi nel letto, nudi, sono sorpresi da Vulcano

Autore:

Datazione: XV sec.

Collocazione: Parigi, Bibliothèque National, manoscritto di una traduzione francese delle Metamorfosi di Ovidio, Ms. français 137, f. 137

Committenza:

Tipologia: illustrazione

Tecnica: miniatura atempera

Soggetto principale: Marte e Venere incatenati da Vulcano

Soggetto secondario:

Personaggi: Marte, Venere, Vulcano, Sole

Attributi: catena, grembiule (Vulcano)

Contesto: camera da letto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: http://gallica.bnf.fr/scripts/mediator.exe?F=C&L=08100128&I=000038

Bibliografia: Moé E.A., von, Les manuscrits a peintures a la Bibliothèque Nazionale, in “Archives et Bibliothèques”, III, 1937-1938, pp. 161-169

Annotazioni redazionali: La miniatura, utilizzata per commentare le pagine di un testo di traduzione francese delle Metamorfosi di Ovidio, rappresenta il momento in cui Vulcano, avvertito dal Sole dell’adulterio che si sta compiendo nella sua casa, raggiunge i due amanti e li lega strettamente. Al centro, infatti, in un letto con le lenzuola spiegazzate, a significare l’avvenuto adulterio, si trovano Marte e Venere, nudi, come indicato dalla narrazione di Ovidio (Vulfc14), di Luciano (Vulfc25) e di Igino (Vulfc19), e scoperti nella parte superiore del corpo. Il dio è raffigurato con la corona in testa e le ali aperte, nel momento in cui, resosi conto di quanto sta avvenendo, cerca di fare uno sforzo per alzarsi, ma ne è impedito. Vicina a lui, al centro della miniatura, fra le due divinità maschili, si trova Venere anche lei cosciente della situazione, ma con il volto quasi rassegnato, nell’impossibilità di qualsiasi reazione, coperta da un leggero rossore, come indicato sia da Luciano, sia da Quinto di Smirne (Vulfc30). Conclude il gruppo la figura di Vulcano, dal volto malevolo, in contrasto con l’aspetto piuttosto pacato degli altri due, con indosso il grembiule, attributo iconografico di un artigiano. Con questo si vuole indicare il suo lavoro, per accentuare il fatto che ha appena terminato di realizzare la fune di ferro, con la quale sta imprigionando i due amanti, che oltraggiano il suo letto, con le catene in cerchio, come riferito da Omero (Vulfc01). Questa rappresentazione si discosta, però, dall’iconografia tradizionale, in cui non lo si vede legarli direttamente. Sembra quasi che il miniatore segua la fonte letteraria di Reposiano (Vulfc29), che parla di Vulcano vendicatore, con in mano le catene, con le quali poter legare, ma non ferire, le braccia di Venere. È, però, difficile affermare che l’opera di questo autore, conosciuto nella Firenze di fine Quattrocento, come si evince dalle opere di Botticelli (Cfr. scheda opera 21) e di Piero diCosimo (Cfr. scheda opera 22), fosse già noto nell’epoca e nella zona diprovenienza di questa miniatura, che pur risponde così bene alla descrizione fatta da Reposiano. I tre personaggi indossano tutti un copricapo sulla testa, ma, mentre quelli di Marte e Venere sottolineano un ambiente sociale elevato, in linea con il mondo cavalleresco dell’epoca in cui viene realizzata la miniatura, quello di Vulcano è molto più semplice e popolare, simile al pileo, come si addice ad un’attività di fabbro. Ciò accentua ancora maggiormente la differenza del suo aspetto fisico rispetto a Marte, già delineata nell’Odissea (Vulfc01, vv. 306-311), in cui il dio fabbro si lamenta con Zeus, perché la moglie disprezza lui, che è zoppo e sciancato, mentre ama l’altro, perché è bello e sano di gambe. La scena avviene in una stanza da letto, ma, nella parte alta, il soffitto si apre nella volta del cielo. Tramite fra questi due ambienti, così diversi nei colori, è il raggio di sole, che colpisce dall’alto il letto e svela a Vulcano quanto sta avvenendo, come viene riferito nelle fonti letterarie che, a partire da Omero, narrano le vicissitudini seguite alla delazione fatta dal Sole, conosciute soprattutto attraverso l’opera di Ovidio, molto conosciuto ed apprezzato nel periodo medievale. A destra e a sinistra, nel cielo, appaiono le figure delle divinità che, chiamate a testimoni dal marito tradito, assistono divertite e commentano fra di loro, specie quelle di destra, il fatto che sta avvenendo.La presenza, accanto alle divinità maschili anche di dee, dimostra che si è seguita la tradizione ovidiana, in quanto, mentre Omero parla della sola presenza di dei, perché le dee sono rimaste a casa per pudore, Ovidio non ne indica il nome, né il sesso, ma ne parla in generale (Vulfc15, v. 187).

Giulia Masone