16: Marte, Venere e Vulcano

Titolo dell’opera:

Autore:

Datazione: 170-180 d.C.

Collocazione: Roma, Museo Nazionale

Committenza:

Tipologia: scultura

Tecnica: statua in marmo (2.16 m. h.)

Soggetto principale: amori di Marte e Venere

Soggetto secondario:

Personaggi: Marte, Venere

Attributi: elmo, corazza, faretra (Marte)

Contesto: scena all’aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: http://www.ostia-antica.org/regio2/9/9-3.htm

Bibliografia: Delcourt Curvers M., Héphaistos ou la lègende du magicien, Belles Lettres, Paris 1957; Aurigemma S., Le terme di Diocleziano e il Museo Nazionale romano, Istituto poligrafico dello Stato, Libreria dello Stato, Roma 1963; Charbonneaux J., La Sculpture grecque et romaine au Musée du Louvre, Collection des Guides du visiteur, Paris 1963; Schmidt E. E., Die Mars-Venus Gruppe in Museo Capitolino, in Antike Plastik, a cura di W. H. Schuchhardt, Verlag Gebr. Mann, Berlin, 1968, VIII, pp. 85-95; Brilliant R., Narrare per immagini. Racconti di storie nell’arte etrusca e romana, Giunti, Firenze 1987; Walter H.- Jürgen Horn H., a cura di, Die Rezeption der 'Metamorphosen des Ovid in der neuzeit: der antike mythos in text und bild, Gebr. Mann Verlag, Berlin 1995; Paris G., La Rinascita di Afrodite, Moretti e Vitali, Bergamo 1997; Fossi G., Il Nudo. Eros, Natura, Artificio, Giunti, Firenze 1999; Gigante L. M., Roman commemorative portraits: women with the attributes of Venus, in Memory and oblivion, a cura di W. Reinink, Kluvwer Academic Publishers, Dordrecht  1999, part. 1, p. 447-453; Turcan R., Messages d’outre-tombe. L’iconographie des sarcophages romains, De Boccard, Paris 1999; Becatti G., L’arte dell’età classica, Sansoni, Firenze 2000

Annotazioni redazionali: La statua, di età antonina, è stata trovata ad Ostia, nell’aula che da questa prende il nome, situata nei mercati di Adriano, dove era stata istallata a metà del IV secolo. Durante gli scavi di questa costruzione, sono state trovate tracce di un incendio, dopo il quale non sembra che l’edificio sia stato restaurato. Ciò ha permesso di ritrovare numerosi oggetti, lasciati lì abbandonati, tra i quali il più importante è proprio questo gruppo statuario di Marte e Venere, trovato in terra in vari pezzi, con ritratti dei volti di Marco Aurelio e Faustina. In origine esso doveva essere posto in una nicchia, in quanto la scultura è stata realizzata per essere vista di fronte e perde di qualità se visto di lato o dal retro. Ciò dimostra il grande interesse, suscitato già dai tempi dell’età adrianea, ed ancora fortemente presente a Roma, per gli ideali classici, per la cultura e per la civiltà greca. È anche il caso di questa statua, in cui i due sposi sono raffigurati, non con lo schema tradizionale della dextrarum iunctio, ma con una formula eclettica, in uso in quell’epoca, per cui si preferisce spesso sovrapporre le teste-ritratto degli sposi ai corpi nudi della coppia divina. Tuttavia, anche nel proporre le fattezze dei due sposi secondo il gusto dell’epoca, l’artefice non si discosta dal mito tradizionale, seguendone la narrazione, tramandata da Esiodo, che parla del legittimo amore fra le due divinità, da cui è generata Armonia (Vulfc02). La donna è nuda nella parte superiore del corpo ed indossa il mantello che la riveste dalla vita in giù.L’uomo, che è identificato con Marte, assume anch’egli le caratteristiche iconografiche di questo dio. Si presenta, infatti, nudo, dopo aver posto in terra le armi, di cui si è spogliato al momento del suo incontro con la dea, ma ancora indossa, sul capo, l’elmo con il cimiero. È presentato davanti, con il capo leggermente reclinato verso la donna, in un atteggiamento di muto e affettuoso colloquio. Accanto a lui, in terra, giace la corazza, sulla quale è appoggiato il mantello. Ancora ha indosso la faretra,di cui si vede il laccio di pelle che attraversa il suo busto. Si richiamano quindi le fonti letterarie di Lucrezio (Vulfc10), che indica in Venere colei che sola può gratificare i mortali con una tranquilla pace, poiché riesce a placare le azioni guerresche di Marte, vinto dal suo amore, e quelle di Ovidio (Vulfc14, vv. 563-566), che parla di Marte che, da guerriero tremendo, si era fatto amante.È, quindi una raffigurazione che richiama l’amore fra i due personaggi, apportatore di una benefica serenità e di pace. Infatti si deve considerare che nell’epoca antonina l’identificazione con Marte e Venere era scelta non in considerazione delle due divinità come amanti, quindi nel loro rapporto adulterino, ma nel loro aspetto di protettori dei Romani e delle loro famiglie perché ne erano visti come i due progenitori, e, in quanto tali, particolarmente venerati. Si può anche pensare che il gruppo, forse, era stato messo sull’ara dei Gemelli, trovata poco discosto da questa, sulla quale rimangono alcune cavità che indicherebbero che essa sia stata riusata come base per una statua (Cfr. scheda opera 10). In tale ottica la tradizione che deriva da Lucrezio e Ovidio sarebbe ulteriormente avvalorata dalla raffigurazione laterale dell’ara, in cui si vedono i puttini che bloccano il carro da guerra di Marte. Un gruppo molto simile nella composizione, che presenta ugualmente la figura di Marte, nudo e con l’elmo in testa, la cinghia della faretra che gli attraversa il petto, vicino a Venere, nuda nel busto, con il panneggio che le copre i fianchi, si trova nel museo degli Uffizi. Altri due gruppi marmorei di analogo soggetto, uno nei Musei Capitolini e l’altro al Louvre, si discostano solo di poco dai precedenti, in particolare nell’abbigliamento. Venere, infatti, in ambedue i casi, risulta completamente vestita, con una tunica a pieghe fitte che le scende fino ai piedi, mentre Marte, barbuto, con una clamide sulle spalle e una lancia in mano nella prima, nudo nella seconda, e leggermente più staccato dalla dea ha appoggiato su un cippo, posto accanto a lui, la corazza che si è appena tolto nel suo incontro con Venere.

Giulia Masone