14: Marte, Venere e Vulcano

Titolo dell’opera:

Autore:

Datazione: disegno del 1874, da sarcofago della I metà del II sec. d.C.

Collocazione:

Committenza:

Tipologia: disegno da sarcofago

Tecnica:

Soggetto principale: Sole informa Vulcano dell’adulterio di Marte e Venere

Soggetto secondario:

Personaggi: Marte, Venere, Vulcano, puttini, Apollo-Sole, Ercole, Bacco, Giove, Giunone, Minerva, Mercurio, Cielo, Terra, Diana

Attributi: elmo, scudo (Marte); martello (Vulcano); raggi del sole (Apollo-Sole); pelle di leone (Ercole); scettro, fulmine (Giove); clamide (Mercurio)

Contesto: scena all’aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Robert C., Die antiken Sarkophagreliefs, Deutsches Archäologisches Institut, Berlin 1904, III; Delcourt Curvers M., Héphaistos ou la lègende du magicien, Belles Lettres, Paris 1957; Camassa G., L’occhio e il metallo. Un mitologema greco a Roma?, Il Melangolo, Genova 1983; Brilliant R., Narrare per immagini. Racconti di storie nell’arte etrusca e romana, Giunti, Firenze 1987; Walter H.- Jürgen Horn H., a cura di, Die Rezeption der 'Metamorphosen des Ovid in der neuzeit: der antike mythos in text und bild, Gebr. Mann Verlag, Berlin 1995; Paris G., La Rinascita di Afrodite, Moretti e Vitali, Bergamo 1997; Gigante L. M., Roman commemorative portraits: women with the attributes of Venus, in Memory and oblivion, a cura di W. Reinink, Kluvwer Academic Publishers, Dordrecht  1999, part. 1, p. 447-453; Turcan R., Messages d’outre-tombe. L’iconographie des sarcophages romains, De Boccard, Paris 1999

Annotazioni redazionali: I disegni, realizzati da Eichler nel 1874, si riferiscono alla lastra di un sarcofago, che si trova ad Amalfi, datato intorno alla prima metà del II secolo d.C., utilizzato poi nel 1263 per l’inumazione dell’arcivescovo di Salerno, Cesareo di Alagno, che aveva chiesto di essere seppellito nella sua città natale. Ciò risulta da un’iscrizione posta sul margine superiore della lastra, molto rovinata e slavata, in cui è scritto: DNS CESAREUS DE ALANEO DE AMALPHIA ARCHIEPISCOPUS SALERNITANUS MCCLXIII. In tempi più recenti, invece, il sarcofago è stato utilizzato come fontana, come prova il fatto che sul suo lato sinistro c’è lo scolo. Ciò, naturalmente, ha provocato il danno dell’iscrizione superiore. Nella parte centrale della lastra è rappresentata Venere, nell’atteggiamento di Rea Silvia, stesa in riposo, poggiata sul fianco sinistro, che abbraccia un puttino. Questi, con le braccia aperte, tiene in mano una freccia e rivolge, ricambiato, il viso verso di lei. Sull’altro fianco, un secondo puttino, con le ali aperte, non è ben distinguibile nella sua azione. La dea è mancante del braccio destro, la cui mano probabilmente terminava sul capo. A sinistra si vede Marte con la clamide sulle spalle, l’elmo, la spada, lo scudo e sembra tenere nella mano destra la “vigorosa asta”, indicata da Anacreonte (Vulfc03), quasi a proteggere la dea dall’ira del marito. A sinistra, infatti, ci sono gli altri personaggi determinanti in questa storia, cioè il Sole e Vulcano, come narrato nelle fonti letterari fin dai tempi di Omero (Vulfc01), e ripreso presso i latini da Ovidio (Vulfc15). Il Sole, delatore, che ha denunziato l’accaduto, è raffigurato in mezzo ai due rivali, con una clamide sulle spalle ed una corona dalla quale emergono due punte, a simboleggiare i raggi luminosi. Accanto a lui c’è Vulcano, il marito ingannato, che si slancia avanti irruente, con il suo abbigliamento caratteristico, il pileo in testa e l’esomide, tipico di un artigiano che, come narra Omero, lavora nella fucina (Vulfc01, vv. 271-273).Con il braccio indicaVenere, mentre nella mano sinistra tiene un martello, o una tenaglia, attributi iconografici del dio fabbro. Dall’altra parte, in posizione speculare a quella di Marte, sta Ercole barbuto, riconoscibile dalla pelle di leone che pende dalla sua spalla. È rivolto verso Bacco, in piedi accanto a lui, con tre dita della mano destra aperte, nella sua direzione, stese ed alzate, nell’atteggiamento di un colloquio. Con l’altro braccio circonda Bacco, a sua volta vestito solo con il nebrise con i capelli stretti da una fascia, che ricambia il suo abbraccio. A destra di questo gruppo centrale, si trova la triade capitolina. Giove è in trono, rivestito di un ampio mantello, che lascia scoperto il busto, con i capelli legati da una fascia. Con la mano sinistra tiene lo scettro, che esce dalle pieghe, con l’altra un fulmine. Al suo fianco si trova Giunone, con il chitone e il mantello sui capelli, incorniciati anche da un diadema. Ha le braccia abbassate e tiene nella sinistra uno scettro, difficilmente riconoscibile, però, a causa del deterioramento della lastra. Dall’altro lato, dietro il padre, si trova Minerva, in posizione dinamica, con le gambe incrociate, la mano sinistra sul fianco e la destra stesa, con cui, probabilmente, tiene la lancia. Indossa un elmo con cimiero, un chitone senza maniche e l’egida. Alla sua destra sta a terra lo scudo. Tra il gruppo centrale e la triade capitolina si trova Mercurio, che tiene sulla spalla una clamide. Diversamente, però, dall’iconografia tradizionale relativa a questo episodio, in cui, secondo la tradizione omerica, ripresa poi da Ovidio e da Luciano, interviene con molta ironia, in questa scena non guarda i due amanti, ma volge lo sguardo verso il padre. Ai piedi di Giove si vede il busto del Cielo, che tiene un mantello sulla sua testa, con entrambe le mani, a forma di volta celeste, con i capelli sciolti sulle spalle, mentre guarda a sinistra, in alto, verso il gruppo centrale. A destra di lui c’è la Terra, stesa, con il busto nudo, le gambe coperte da un mantello, che porta una grande e abbondante cornucopia. Dalla parte opposta della lastra si vedono Diana, con il chitone e i calzari da caccia, un diadema nei capelli, nella posizione agile a lei consueta. Nella mano sinistra tiene un arco, di cui si vede solo la parte inferiore, ai suoi piedi sta un cane da caccia. Anche lei mostra tre dita della mano aperte ed il braccio piegato, nella posizione di colloquio, in una postura e in atteggiamento analoghi a quelli di Ercole, mentre simile alla posizione di Bacco è quella del fratello, che si trova accanto a lei. Questi è rappresentato nel tipo di Apollo Licio, con il braccio sinistro appoggiato ad una colonna e la mano destra sulla testa. Dalla spalla scende una clamide e nella mano sinistra reca un attributo, probabilmente un ramo di alloro. Ai suoi piedi c’è un grifo, animale a lui sacro, la cui testa è molto mutilata. La presenza delle divinità, che osservano Venere e Marte, differisce dalle fonti letterarie, in quanto, in Omero, Ovidio e Luciano, si parla dei due adulteri imprigionati nel letto, sotto lo sguardo divertito degli dei. In questo caso, invece, l’artista, come del resto anche quelli degli altri due sarcofagi (Cfr. scheda opera 13 e 15), ha preferito inserire i due amanti seduti sulla klinè, ma ha mantenuto in loro un certo atteggiamento di imbarazzo e di vergogna. Oltre a ciò, va evidenziato che, nella raffigurazione, si è privilegiata la tradizione ovidiana, in quanto, mentre Omero parla della sola presenza di dei, perché le dee sono rimaste a casa per pudore, Ovidio parla in generale di “dei”, senza specificarne il nome o il sesso. Le coppie divine, Apollo- Diana e Ercole- Bacco, incorniciano le figure centrali, mentre le divinità capitoline sono poste, in questa lastra, in posizione esterna all’episodio narrato, quasi per metterle maggiormente in evidenza e non coinvolgerle nell’episodio dell’adulterio. A conferma di quanto il culto delle due divinità venisse strettamente collegato con quello delle origini di Roma, si possono osservare i pannelli minori laterali del sarcofago. In uno di questi, infatti, si vede Marte, con la clamide e una lancia sulla sinistra, che stringe la mano di Venere, mentre tra di loro Cupido tiene una fiaccola accesa, ad indicare l’imeneo. La scena è inserita nell’arco di una porta. Nell’altro lato si vedono i due gemelli, Romolo e Remo, allattati dalla lupa e ritrovati dai due pastori Faustolo e Faustino.

Giulia Masone