10: Marte, Venere e Vulcano

Titolo dell’opera:

Autore:

Datazione: 124 d. C.

Collocazione: Roma, Museo Nazionale

Committenza:

Tipologia: scultura (part.)

Tecnica: rilievo (84x84 cm., h: 110 cm.)

Soggetto principale: amori di Marte e Venere

Soggetto secondario: puttini che guidano il carro di Marte; Romolo e Remo allattati dalla Lupa

Personaggi: Marte, Venere, Amore, Imeneo

Attributi: elmo (Marte)

Contesto: scena all’aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:www.ostia-antica.org/regio2/7/7-3.htm

Bibliografia: Delcourt Curvers M., Héphaistos ou la lègende du magicien, Belles Lettres, Paris 1957; Brilliant R., Narrare per immagini. Racconti di storie nell’arte etrusca e romana, Giunti, Firenze 1987; Walter H.- Jürgen Horn H., a cura di, Die Rezeption der 'Metamorphosen des Ovid in der neuzeit: der antike mythos in text und bild, Gebr. Mann Verlag, Berlin 1995; Paris G., La Rinascita di Afrodite, Moretti e Vitali, Bergamo 1997; Gigante L. M., Roman commemorative portraits: women with the attributes of Venus, in Memory and oblivion, a cura di W. Reinink, Kluvwer Academic Publishers, Dordrecht  1999, part. 1, p. 447-453; Turcan R., Messages d’outre-tombe. L’iconographie des sarcophages romains, De Boccard, Paris 1999; Becatti G., L’arte dell’età classica, Sansoni, Firenze 2000

Annotazioni redazionali: Il rilievo, ora nel Museo Nazionale Romano, si trovava ad Ostia, nell’angolo sud ovest del Piazzale delle Corporazioni, inserito in un piccolo tempio, chiamato “sacello dell’Ara dei Gemelli”. È stato rinvenuto nel 1880-1881, durante i lavori di scavo condotti da Lanciani. L’ambiente è stato saccheggiato in un periodo ancora sconosciuto, ma non è stata, però, trovata l’ara, che era coperta da un grosso pezzo del soffitto e che, pertanto, è rimasta sul posto. Sulla sommità di questa era fissato un contenitore per offerte o una statua, come si evince da tre incavature lasciate da alcuni sostegni. La parte frontale dell’ara rappresenta Marte e Venere, affiancati, congiunti dalla presenza di Amore che vola fra le loro spalle, nato dalla loro unione, secondo quanto tramandato dalle fonti letterarie, come Simonide (Vulfc04) e successivamente anche da Apollonio Rodio (Vulfc09). Il piccolo dio sta ad indicare l’amore che li lega, e, unito alla presenza, vicino alla dea, di Imeneo, il dio che guida il corteo nuziale, ribadisce la narrazione del mito che segue la tradizione presentata da Esiodo, in cui si parla del legittimo amore fra Marte e Venere, che genera Armonia (Vulfc02). Egli, infatti, diversamente da Omero (Vulfc01), nella Teogonia, nel presentare l’origine degli dei, indica l’unionematrimoniale di Ares e Afrodite, come sarà poi ripreso anche da altre fonti letterarie (Vulfc05). Venere è rappresentata nuda, coperta solo sulle gambe da una veste. Ai suoi piedi c’è un’oca con le ali sollevate. A sinistra è raffigurato Ares, anch’egli nudo, con il capo coperto dal cimiero ed un chitone che gli scende dalla spalla sinistra. Questa raffigurazione, come anche quelle degli altri lati, è incorniciata da festoni e ghirlande, che si concludono nelle quattro teste d’ariete poste agli angoli superiori. I due lati minori dell’ara sono decorati con puttini, che guidano, ma anche frenano, i cavalli e il carro con le armi di Ares, introducendo un’iconografia, che avrà molta fortuna nei secoli successivi. In questa raffigurazione, infatti, sono state sintetizzate le fonti letterarie che vedono Marte provvisto di un’asta vigorosa, come riferito da Anacreonte (Vulfc03), guidato, però, da Venere, come si dice nella Politica di Aristotele (Vulfc08), che vede gli uomini guerrieri dominati dalle donne. Questa interpretazione è stata poi fusa e approfondita, nella letteratura latina, nel poema di Lucrezio (Vulfc10), che indica Venere come colei che riesce a frenare le crudeli azioni guerresche di Marte, che spesso rovescia il capo sul suo grembo, vinto dall’eterna ferita dell’amore e in quello di Ovidio (Vulfc14, vv. 563-566), che parla di Marte che, da guerriero tremendo, si era fatto amante, giungendo a condizionare in parte l’iconografia tradizionale. L’allegro movimento dei loro corpi indica che, per loro, questo è un gioco e che gli strumenti da guerra sono ben lontani dall’essere utilizzati. Il tema delle due parti laterali dimostra che l’elemento centrale dell’argomento trattato è proprio l’amore delle due divinità, alle quali i Romani erano molto legati, in quanto da queste facevano discendere, in due momenti diversi, la loro stirpe. Nel quarto lato, infatti, vengono rappresentati Romolo e Remo, allattati dalla Lupa e protetti dall’aquila di Giove. La rappresentazione della fondazione di Roma, sotto la supervisione di Giove e con riferimento alla concordia di Marte e Venere, suggerisce un legame tra questo altare e il culto imperiale. Oltre a ciò, come dice un’iscrizione sulla parte inferiore del lato frontale, la collocazione fu decisa dai decurioni, e ciò permette di affermare che l’altare era collocato su un importante suolo pubblico, a dimostrazione del carattere ufficiale di esso. Le figure del lato frontale sono molto danneggiate, soprattutto in alcune parti del corpo, come la testa, mancante in ogni personaggio. Questo danneggiamento, difficilmente giustificabile, nella sua entità, con la caduta del soffitto del sacello, appare ancora più evidente se messo al confronto con il rilievo della parte posteriore, che, invece, risulta ben mantenuto. Ciò ha suggerito che non sia un fatto casuale, ma che sia stato invece voluto, in epoca successiva, in particolare nel IV secolo, ad opera dei cristiani, proprio per cancellarne i legami con il culto imperiale. Essi avrebbero invece risparmiato l’altro lato, che, con i suoi riferimenti alla fondazione di Roma, presentava un tema accettato anche nei secoli di diffusione del Cristianesimo. Ciò potrebbe anche giustificare il fatto che probabilmente l’altare sia stato ruotato nel corso dei secoli e messo dai magistrati di Ostia con il rilievo dei gemelli nella parte frontale, come è stato poi trovato da Lanciani e indicato anche dal calco in situ. L’iconografia generale dell’altare, infatti, e soprattutto i due lati chiaramente collegati con il mito dell’amore di Marte e Venere, oltre all’interesse già dimostrato in altre opere (Cfr. scheda opera 16) per il collegamento con il culto imperiale, fanno supporre che il tema centrale, posto sul lato di fronte, dovesse essere, quindi, proprio quello dell’amore delle due divinità.

Giulia Masone