Titolo dell’opera:
Autore:
Datazione: I sec. d.C. ca.
Collocazione: Lione, Museo Nazionale
Committenza:
Tipologia: scultura
Tecnica: medaglione su vaso (30x35 cm. ca,diametro: 15 cm.)
Soggetto principale: amori di Marte e Venere
Soggetto secondario:
Personaggi: Marte, Venere, Vulcano, Giove, Minerva, Giunone, Nettuno, Mercurio
Attributi: fulmine (Giove), elmo (Minerva), tridente (Nettuno)
Contesto: camera da letto
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Delcourt Curvers M., Héphaistos ou la lègende du magicien, Belles Lettres, Paris 1957 ; Audin A. - Jeancolas L., Le médaillon des amours de Mars et Venus, in “Bulletin des Musées et Monuments Lyonnais”, IV, 1969, pp. 181-183; Brilliant R., Narrare per immagini. Racconti di storie nell’arte etrusca e romana, Giunti, Firenze 1987; Walter H.- Jürgen Horn H., a cura di, Die Rezeption der 'Metamorphosen des Ovid in der neuzeit: der antike mythos in text und bild, Gebr. Mann Verlag, Berlin 1995; Paris G., La Rinascita di Afrodite, Moretti e Vitali, Bergamo 1997; Gigante L. M., Roman commemorative portraits: women with the attributes of Venus, in Memory and oblivion, a cura di W. Reinink, Kluvwer Academic Publishers, Dordrecht 1999, part. 1, p. 447-453; Turcan R., Messages d’outre-tombe. L’iconographie des sarcophages romains, De Boccard, Paris 1999
Annotazioni redazionali: Questo medaglione, ritrovato nel 1968 negli scavi archeologici di Lugdunum, è databile presumibilmente alla prima metà del I sec. d.C., periodo di massima fioritura della città, distrutta poi da un incendio nel 58 d.C. Questo oggetto di notevole interesse e, nel suo genere, di grandi dimensioni, ornava un vaso dalla larga imboccatura. L’immagine, danneggiata nella parte sinistra, che risulta mancante, rappresenta Venere, a torso nudo, con le gambe coperte da una veste, adagiata su un letto, con i capelli, pettinati intorno al capo in una treccia, come presentato nelle fonti letterarie già da Apollonio Rodio, in cui si mostra la dea mentre si pettina i lunghi capelli, per intrecciarli (Vulfc09). L’atteggiamento sembra quello di una donna che si guarda allo specchio, consapevole della sua seduzione. Su di lei si china Marte, nudo, ad eccezione di una veste, che scende dalla spalla. Sono adagiati su un letto dall’alto schienale, molto raffinato, che ricorda la tradizione letteraria omerica, in cui si parla del letto disonorato (Vulfc01, v. 269). L’iconografia, evidentemente allusiva all’amore delle due divinità, è ulteriormente chiarificata dai nomi dei due personaggi, posti alle loro spalle: dietro la testa della figura maschile, infatti, si legge orizzontalmente MARS, dietro l’altra, divisa in due dalla testa femminile, quello di VE / NUS, posto verticalmente. La parte sinistra, ora mancante, quasi certamente, doveva comprendere anche Vulcano, nel momento in cui, scoperti gli amanti, si apprestava a gettare su di loro la rete, secondo quanto narrato anche nelle fonti letterarie, a partire da Omero, che indica l’episodio dell’amore adultero delle due divinità, sorprese da Vulcano e da lui, di conseguenza, punite, in una tradizione seguita poi da altri autori, sia greci (Vulfc03, Vulfc05, Vulfc07 eVulfc09) sia latini (Vulfc12 e Vulfc15). Ciò è suffragato dalla presenza, a sinistra, della parte finale di un nome, di cui si vedono le lettere /NUS. È, quindi, del tutto legittimo supporre che tale nome indicasse quello di VULCA / NUS. A completare la corrispondenza con le fonti letterarie suddette, si può osservare che il soggetto non è limitato a questi tre personaggi, ma è arricchito dalla presenza, nel registro superiore della scena, separato dalla sottostante da un alto bordo, delle figure di cinque divinità, che assistono all’adulterio e alla rivalsa di Vulcano. Sono raffigurate solo nel volto, ma ben riconoscibili sul piano iconografico. Al centro si trova Giove, barbuto, inquadrato da una lancia e da un fulmine, ai suoi lati, di profilo, si trovano le due dee, che con lui formano la triade capitolina: a sinistra Minerva, con un elmo a cimiero, a destra Giunone, il cui capo è coperto da un velo. La presenza di dee, accanto a quella delle divinità maschili, si diversifica dal racconto omerico, in cui si dice che le dee, per pudore, sono rimaste a casa (Vulfc01, v. 324). L’iconografia di questa terracotta, quindi, propende per la tradizione ovidiana, in cui si parla di “dei”, senza indicarne i nomi. L’artista romano, quindi, ha posto al centro la triade capitolina e, dietro Giunone, un dio, senza barba, facilmente identificabile con Nettuno, per la presenza di un tridente posto al suo fianco, pronto ad intercedere per far liberare i due amanti, come risulta dalle fonti letterarie suddette, incui, a partire da Omero, si narra che egli non rise di fronte alla punizione inflitta ai due amanti, ma chiese ad Efesto di liberarli. L’ultima figura che doveva essere posta all’altra estremità di questa tribuna celeste, da cui gli dei guardano, era, probabilmente, Mercurio indicato nell’Odissea, e successivamente, nelle fonti letterarie più irridenti per quanto riguarda questo episodio (Vulfc25), come colui che avrebbe volentieri subito la punizione delle catene, pur di giacere con la dea (Vulfc01, v. 339), ma non ci sono elementi iconografici certi a questo proposito. Al Metropolitan Museum di New York si è identificato un frammento simile, trovato a Vienna, che mostra proprio la parte sottostante di un medaglione, che proviene senza alcun dubbio, dallo stesso stampo, in quanto alcune porzioni analoghe, rimaste in ambedue, si sovrappongono in perfetta concordanza. In questo rimane la lunetta che si trova sotto il letto, di forma corrispondente a quella da cui, nella parte superiore del medaglione, si affacciano gli dei. Vi appaiono, da sinistra a destra, gli schinieri, uno scudo rotondo, una lancia, un elmo a cimiero, una spada, cioè tutto l’equipaggiamento che Marte ha deposto prima di avvicinarsi a Venere, secondo l’iconografia consueta di questo episodio. Gli autori del Corpus dei medaglioni applicati alle ceramiche non hanno esitato ad attribuire questo frammento di New York a colui che essi chiamano “il primo ceramista erotico” per il carattere speciale della sua produzione. La scoperta del medaglione conferma questa attribuzione, anche se l’uso di una scena mitologica stempera l’aspetto sensuale.
Giulia Masone