Titolo dell’opera:
Autore:
Datazione: 31-14 a.C.
Collocazione: New York, Metropolitan Museum
Committenza:
Tipologia: scultura
Tecnica: terracotta
Soggetto principale: gli amori di Marte e Venere
Soggetto secondario:
Personaggi: Marte, Venere
Attributi: elmo, scudo, lancia (Marte)
Contesto: scena all’aperto
Precedenti:
Derivazioni: disegno anonimo cinquecentesco conservato all’Ambrosiana di Milano (F 265, inf. 91)
Immagini: http://www.insecula.com/us/oeuvre/photo_ME0000023389.html
Bibliografia: Delcourt Curvers M., Héphaistos ou la lègende du magicien, Belles Lettres, Paris 195; Bielefeld E., Zwei antike Bildmotive in der Renaissancekunst, in “Antike und Abendland”, XIV, 1968, pp. 41-45; Bober P. – Rubinstein R., Renaissance Artists and Antique Sculpture. A handbook of sources, Harvey Miller, London 1986; Brilliant R., Narrare per immagini. Racconti di storie nell’arte etrusca e romana, Giunti, Firenze 1987; Paris G., La Rinascita di Afrodite, Moretti e Vitali, Bergamo 1997; Gigante L. M., Roman commemorative portraits: women with the attributes of Venus, in Memory and oblivion, a cura di W. Reinink, Kluvwer Academic Publishers, Dordrecht 1999, part. 1, p. 447-453; Turcan R., Messages d’outre-tombe. L’iconographie des sarcophages romains, De Boccard, Paris 1999
Annotazioni redazionali: Questa terracotta romana, che fungeva da antefissa, è uno dei due esemplari di questo tipo, già noti nel XV secolo, ma di cui, però, non si conosce la collocazione originaria. Nell’immagine sono rappresentati Marte e Venere, posti nello spazio arrotondato di questa antefissa, usata per completare le tegole di un tetto. Le due figure, quindi, sono conformi a tale modello, ed assumono una posizione inclinata, l’una verso l’altra, che per altro ben si adatta alla loro storia d’amore, che segue la narrazione del mito come è presentata da Esiodo, che parla del legittimo amore, da cui viene generata Armonia (Vulfc02). Egli, infatti, diversamente da Omero, nel presentare l’origine degli dei, indica l’unione matrimoniale di Ares e Afrodite, seguendo una tradizione che sarà poi ripresa anche da altre fonti letterarie (Vulfc04 eVulfc05).Venere, vestita con un lungo chitone e coperta dal mantello, si inclina verso Marte, che le è seduto accanto. La dea ha i capelli acconciati in una lunga treccia, annodata intorno alla nuca. Questa rappresentazione iconografica della capigliatura di Venere rimanda alla tradizione letteraria, presente anche in Apollonio Rodio, che mostra la dea, mentre intreccia i suoi lunghi capelli (Vulfc09). Il dio della guerra è nudo, coperto solo da un manto, ha in testa l’elmo con il cimiero e si appoggia, con una mano, allo scudo posato in terra, mentre con l’altra tiene la lancia, nell’iconografia consueta, che deriva dalla tradizione letteraria, presente anche in Anacreonte, che indica la sua “asta vigorosa” (Vulfc03). Il suo corpo è robusto e muscoloso, e l’atteggiamento delle gambe è piuttosto rilassato. È, quindi, l’immagine di un momento sereno, in cui le sue armi giacciono in terra, del tutto inutilizzate.Di questa antefissa nel ‘500 è stato realizzato un disegno, su foglio per schizzi, sul quale è stata riprodotta l’immagine della due divinità. Oltre alle due figure di Marte e Venere nel disegno è stata inserita un’altra figura maschile, che secondo alcuni potrebbe rappresentare Vulcano, per il pileo che indossa in testa, ma ciò non è del tutto accertato ed in questo caso si proporrebbe una lettura diversa del racconto del mito, non più impostato secondo la tradizione di Esiodo, ma delineato secondo quella di Omero, che, invece, riferisce il mito, sottolineando l’amore adultero della dea con Marte e il conseguente comportamento di Vulcano, venutone a conoscenza (Vulfc01).
Giulia Masone