06: Marte, Venere e Vulcano

Titolo dell’opera:

Autore:

Datazione: IV sec. a.C.

Collocazione: Stoccarda, Württembergisches Landesmus, collezione Sieglin

Committenza:

Tipologia: scultura

Tecnica: terracotta

Soggetto principale: Ares e Afroditi intrappolati dalle catene di Efesto

Soggetto secondario:

Personaggi: Ares, Afrodite

Attributi: spada (Ares); catene (Efesto)

Contesto: scena d’interno

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Delcourt Curvers M., Héphaistos ou la lègende du magicien, Belles Lettres, Paris 195; De Franciscis A., sub voce “Afrodite”, in Enciclopedia dell’arte antica, classica e orientale, Istituto della enciclopedia di G. Treccani, Istituto poligrafico dello Stato, Roma, 1958, vol. I, pp. 118-126; Camassa G., L’occhio e il metallo. Un mitologema greco a Roma?, Il Melangolo, Genova 1983; Bieber M., The Sculpture of the Hellenic Age, Columbia University, New York 1961; Kerényi C., Gli dei e gli eroi della Grecia, Il Saggiatore, Milano 1963; Bruneau P., sub voce “Ares”, in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, Artemis Verlag, Zurich-München, 1984, II, p. 483, n. 59; Paris G., La Rinascita di Afrodite, Moretti e Vitali, Bergamo 1997; Becatti G., L’arte dell’età classica, Sansoni, Firenze 2000; Charbonneaux J. - Martin R. -  Villard F., La grecia ellenistica, BUR, Milano 2001; Giuliano A., Storia dell’arte greca, Carocci, Roma 2002; Price S. – Kearns E., ed. by, The oxford dictionary of classical myth and religion, Oxford University, New York 2003, sub voce “Aphrodite”, pp. 36-37, “Ares”, pp. 48-49, “Hephaestus”, pp. 248-249

Annotazioni redazionali: Questa terracotta trovata ad Alessandria è molto importante, per quanto riguarda l’analisi dell’iconografia relativa all’amore di Ares ed Afrodite, perché, presumibilmente, per la prima volta, come afferma Bieber (1961, p. 98), si trova, sul piano figurativo, l’episodio delle catene preparata da Efesto per imprigionare i due amanti, come narrato da Omero. Egli, infatti, dice “intorno ricaddero le ingegnose catene dell’abilissimo Efesto: non potevan più muovere né alzare le membra, per quanto esse erano gagliarde” (Vulfc01, vv. 296-298, 336). Ciò avviene, non senza motivo, proprio nell’età ellenistica e in Egitto, dove le divinità greche erano trattate con poco rispetto, con un atteggiamento scettico e talvolta teso a ridicolizzare gli episodi dei miti. Il gruppo di Ares e Afrodite può essere considerato un esempio proprio di questo concetto, in quanto raffigura le due divinità nude e incatenate da Efesto, il marito oltraggiato, tanto più adirato, proprio per il fatto che l’adulterio avviene nel suo letto, come indicato già nella tradizione omerica, in cui si chiama a testimone Zeus, perché veda “dove fanno all’amore quei due” (Vulfc01, vv. 313-314).I due personaggi sono distesi abbracciati, presentando sul piano iconografico quanto narrato nell’Odissea, in cui si dice che Ares, presa, per mano Afrodite, la invita a stendersi sul letto. La dea, posta di schiena, è rappresentata come una donna debole, che necessita della protezione dell’uomo, cioè come una donna mortale, sorpresa in flagrante adulterio. Il corpo e il viso sono rivolti verso Ares. Il suo atteggiamento carezzevole è accentuato dalla posizione della gamba e del braccio sinistro che si protendono sul corpo dell’amante. Questi, accanto a lei, solleva la sua grande spada, ancora nel fodero, per cercare di liberarsi, ma non può estrarla, perché il braccio è incatenato. Così egli è rappresentato con una rabbia senza rimedio, messo in difficoltà da Efesto, più debole di lui sul piano fisico: proprio come dice Omero, “il lento acchiappa il veloce” (Vulfc01, v. 139). Il braccio sinistro è ancora attorno al corpo di Afrodite, che è chinata su di lui con timore e affetto, ma anche lei impossibilitata a muoversi, perché legata dalle catene che appaiono come l’elemento centrale della composizione. Efesto non è presente di persona, ma tutti gli aspetti di questa iconografia rimandano alla sua gelosia e al suo desiderio di vendicarsi, ridicolizzando i colpevoli.Questa terracotta dimostra, quindi, come l’arte ellenistica rifletta il profondo cambiamento spirituale del tempo. La divinità, infatti, già profondamente umanizzata nel IV secolo, è concepita in tono ancora più terrestre, diventando soggetto di creazioni di genere, che sono espressione del mondo anche quotidiano. In questa ottica gli aspetti legati al mito ad Afrodite sono trattati e rappresentati spesso, perché più vicini alla passionalità umana, in quanto anche il mondo degli eroi non è più visto come animato dallo spirito della lotta e del coraggio, ma da quello dell’amore. All’arcaico e classico ratto della sposa, attuato e rappresentato in tanti episodi della mitologia, si sostituisce il raffinato corteggiamento, l’appassionata seduzione. L’arte arcaica aveva celebrato gli sposi e aveva narrato i cortei nuziali (Cfr. scheda opera 02), l’arte ellenistica esalta gli amanti, come è il caso di Ares ed Afrodite, raffigurati nel pieno del loro amplesso, con un aspetto audace, in cui la tenerezza si fonde con la sensualità.

Giulia Masone