02: Marte, Venere e Vulcano

Titolo dell’opera:

Autore: Sophilo

Datazione: 580 a.C. ca.

Collocazione: Londra, British Museum

Committenza:

Tipologia: dinos attico (part.)

Tecnica: ceramica a figure nere (h. 71 cm, diam. 32.8 cm)

Soggetto principale: Ares e Afrodite trainati dai cavalli

Soggetto secondario:

Personaggi: Ares, Afrodite, Muse

Attributi:

Contesto: scena all’aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Beazley J. D., The development of attic black-figure, University of California, Berkeley-Los Angeles 1951; Delcourt Curvers M., Héphaistos ou la lègende du magicien, Belles Lettres, Paris 195; De Franciscis A., sub voce “Afrodite”, in Enciclopedia dell’arte antica, classica e orientale, Istituto della enciclopedia di G. Treccani, Istituto poligrafico dello Stato, Roma, 1958, vol. I, pp. 118-126; Kerényi C., Gli dei e gli eroi della Grecia, Il Saggiatore, Milano 1963; Minto A., Il vaso François, Leo S. Olschki, Firenze 1969; Beazley J. D., Paralipomena. Additions to Attic Black-figure, vase-painters and to attic red-figure, The Clarendon, Oxford 1971; Birchall A., A new acquisition: an early attic bowl with stand, signed by Sophilos, in “The British museum Quarterly”, XXXVI, 1972, pp. 107-110; Bakir G., Sophilos. Ein Beitrag zu seinem Stil, Verlag Philipp von Zabern, Mainz am Rhein 1981; Bruneau P., sub voce “Ares”, in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, Artemis Verlag, Zurich-München, 1984, II, p. 485, n. 83; Carpenter Th. H., et al., Beazley Addenda. Additional references to ABV, ARV² e Paralipomena,  The British Academy, Oxford University, Oxford 1989; Paris G., La Rinascita di Afrodite, Moretti e Vitali, Bergamo 1997; Becatti G., L’arte dell’età classica, Sansoni, Firenze 2000; Charbonneaux J. - Martin R. -  Villard F., La grecia classica, BUR, Milano 2001; Giuliano A., Storia dell’arte greca, Carocci, Roma 2002; Price S. – Kearns E., ed. by, The oxford dictionary of classical myth and religion, Oxford University, New York 2003, sub voce “Aphrodite”, pp. 36-37, “Ares”, pp. 48-49, “Hephaestus”, pp. 248-249

Annotazioni redazionali:  Il dipartimento di Antichità greche e Romane del British Museum di Londra ha acquistato, alla fine degli anni ‘60, questo antico vaso a figure nere di eccezionale interesse e qualità. Si tratta di una coppa di Sophilo, datata intorno al 580 a.C., che porta il nome e la firma dell’artista. La coppa è una sorta di cratere, per la forma adatta a questo uso, sebbene probabilmente non accurata, terminante a deinos. Molte zone sono decorate con animali, mentre la decorazione maggiore, posta nella zona superiore, rappresenta le nozze di Peleo e Teti, con un corteo di divinità che si dirigono alla festa in loro onore. È un racconto della mitologia classica fra i più popolari dell’antichità, che ha sempre suscitato molto interesse nella raffigurazione dei vasi anche successivi, come anche in quello François, opera di Kleitias, di cui Sophilo si può definire precursore. La narrazione di questo matrimonio vede presente la generazione dei padri di quegli eroi che parteciperanno alla guerra di Troia e da qui, pertanto, inizia la sequenza degli eventi che culmineranno con essa. Il fregio gira senza interruzione intorno al vaso, poiché non ci sono le maniglie, e ha, come punto di partenza e di arrivo della narrazione, la casa della coppia. Peleo, fuori dalla porta, attende di salutare gli ospiti, che stanno arrivando, segnalati con i loro nomi, alcuni su cocchi tirati da cavalli (Cfr. scheda opera 01), altri a piedi, ed Efesto, invece, con il suo mulo. Nel corteo degli dei è presente Afrodite, su un cocchio tirato da tre cavalli, due neri ed uno, in primo piano, bianco. La figura della dea è piuttosto danneggiata, ma riconoscibile dalla scritta con il suo nome. Meglio conservata è la figura a lei vicina, che guida il carro, non ben identificabile sul piano iconografico, ma probabilmente Ares, come farebbe pensare la lettera “A”, seguita da poche altre lettere, posta sotto il nome della dea ed anche la posizione del dio, che tiene le briglie, così come detto da Omero, che lo indica con l’epitetodalle redini d’oro” (Vulfc01, v. 285). La componente iconografica, non ben chiara, sia per i danni subiti dal vaso, sia perché non espressa secondo canoni ben definiti, dimostra come in questi secoli si stia realizzando, ma ancora non si sia del tutto compiuta, la definizione delle caratteristiche e dei simboli, che accompagnano, nel corso dei secoli,  la rappresentazione dei personaggi mitologici. In questo antico vaso, quindi, si fa già riferimento, anche sul piano figurativo, al mito del legame delle due divinità, uniti da un amore legittimo, da cui verrà generata Armonia, come narrato nella Teogonia da Esiodo (Vulfc02). Egli, infatti, diversamente da Omero (Vulfc01), nel presentare l’origine degli dei, indica l’unione matrimoniale di Ares e Afrodite, seguendo una tradizione che sarà poi ripresa anche da altre fonti letterarie (Simonide, Vulfc04 ed Eschilo Vulfc05).

Giulia Masone