1375-1377
GIOVANNI DEI BONSIGNORI, Ovidio Metamorphoseos Vulgare
Traduzione da: Giovanni Bonsignori, Ovidio Metamorphoseos Vulgare, ed. a cura di E. Ardissimo, Commissione per i testi di lingua, Bologna 2001
Favola de Leucate: come Marte giacque con Venere. Capitulo VIII
Sì come Alcitoe ebbe ditta la sua favola, cioè de Pirramo e Tisbe, cominciò a dire la sua Leucate e disse così: “La mia sorella ha ditto de amore, ed io ancora intendo de dire de amore”, e cominciò in questa forma. “Vedete voi questo Sole” disse Leucate “el quale illumina el mondo? Già fu tempo che’l si ‘namorò, e la cagione perch’ello fu preso d’amore fu questa. Voi ben sapete che Vulcano, figliuolo de Giunone, ave per moglie Venere; ma Marte se giacque con Venere, imperciò che Venere amava molto Marte e Marte amava lei. E facendo Marte spesse volte questo, el Sole, el quale entra per ogni piccula apertura, entrò nella casa dove giacea Marte e Venere. Vedendo questo, el Sole fu forte turbato per amore de Vulcano, onde el Sole andò a Vulcano e trovolo che fabricava le saette de Giove, a cui così disse: “Molto me rencresce che io così te dico, ma io voglio che tu sappi come Marte si giace con Venere, tua donna, e sappi che Venere te pone le corna in capo”. Odendo Vulcano queste cose, li cadde el martello de mano e subito uscì di sé per lu dolore, ma, poi che fu tornato in sua memoria, cominciò a fabricare ed a llavorare una rete de acciaro e de diamanti tanto sottilissima che’l viso non la potea discernere, sì che niuno se sarria de quella potuto guardare. E portola a casa e pusela sopra al letto; e quando Marte e Venere andarono e sallero in sul letto ed abbracciati che fuoro insieme, Vulcano li sentì e prese le corde della rete e percosse l’uno e l’altro per modo che niuno se potea movere”.
Come Vulcano congregò li dii per manifestare el fallo de Venere e de Marte
“fatto che Vulcano ebbe questo e costretti Marte e Venere nella rete, andò e convocò tutti li dii e congregoli alla sua casa, e sì come fuorono dentro, Vulcano aperse tutte le finestre e l’uscia sì che tutti li dii videro apertamente Marte e Venere sullo letto a cavallo abbracciati, per modo che non se podeano sciogliere l’uno dall’altro. Allora li dii vedendo questo, cominciarono sì forte a ridere che tu averesti potuto cavare a lloro tutti li denti che non se sarriano sentiti. E stando così costoro, sopravenne Nettunno e sì pregò Vulcano che lli lassasse, da poi che illi erano così svergognati; allora costor per li prieghi de Nettunno fuoro sciolti e liberati”.
Allegoria quinta de Venere e de Marte constretti in della rete. Segnata per E
La quinta allegoria è de Marte e de Venere. E dice Ovidio che Marte giacea con Venere; Marte fu dio delle battaglie,e questo è el combattimento, el quale fa la carne con la ragione, la quale carne, molestata da libidine, se conduce abracciata con Venere, cioè con la lussuria. El Sole, cioè el vero intendimento, reporta questo fallo a Vulcano, cioè alla sensualità ed alla conscienza, la quale per vergogna esce di sé ed abandona ogni afare e congrega tutti li dii, cioè che se confessa de tutti li soi peccati a Dio, in lo quale consiste e sta tutta la divinità. A costoro fu perdonato: ciò intendo per la vergogna che se porta per lu peccato, el quale poi che è perdonato, tutti li savii se nne ridono e fansenne beffe bsì come fecero quelli dii.