Vulfm17

1361-62

GIOVANNI BOCCACCIO, De Mulieribus claris, VII

Traduzione da: Giovanni Boccaccio, De Mulieribus claris, a cura di V. Zaccaria, Classici Mondadori, Milano 1970, vol. X

 

Venere, regina di Cipro

[...] Due mariti ebbe questa donna, secondo si crede: ma non è certo quale fu il primo. Secondo alcuni, prima sposò Vulcano, re di Lemno e figlio di Giove cretese. Poi, morto Vulcano, sposò Adone, figlio di Ciniro e di Mirra e re di Cipro. A me pare più verosimile questa versione che l’altra, secondo cui Adone, sarebbe stato il primo marito: perché, alla morte di Adone, la donna –o per difetto di complessione o per l’influenza del clima dell’isola, in cui la lussuria sembra essere fortissimo istinto, o, infine, per malizia della mente corrotta- cadde in così gran furia di libidine, che col continuo fornicare, macchiò a giudizio degli uomini spassionati lo stesso splendore della sua bellezza; mentre nelle regioni vicine era ormai noto che ella era stata trovata dal primo marito Vulcano in compagnia di un armigero; e da ciò prese credito la favola del suo adulterio con Marte. Infine, per cancellare dalla sua fronte impudica il rossore della vergogna ed insieme per concedersi la possibilità di commettere altri atti lascivi, ella inventò, come dicono, il pubblico meretricio e istituì i postroboli, costringendo le matrone ad entrarvi. E questa invenzione di Venere fu a sufficienza provata da una vergognosa usanza dei Ciprioti, protrattasi per molti secoli: a lungo essi furon soliti mandare le loro vergini al lido per accoppiarsi cogli stranieri, pagando a Venere tale offerta votiva in pegno di una futura castità; e per procurarsi, col meretricio, la dote per le nozze.