Vulfm14

1341-42

GIOVANNI BOCCACCIO, Amorosa visione,

Traduzione da: Giovanni Boccaccio, Amorosa Visione, in Tutte le opere di Giovanni Boccaccio, a cura di V. Branca, Classici Mondadori, Milano 1974

 

VI, vv. 43-54

Odi, ché mai Natura con sua arte

Forma non diede a sì bella figura:

non Citarea, allor ch’ell’amò Marte,

né quando Adon le piacque, con sua cura

si fé si bella, quanto infra gran gente

donna pareva lì leggiadra e pura.

Tutti li soprastava veramente,

di ricche pietre coronata e d’oro,

nell’aspetto magnanima e possente.

Ardita sopra un carro tra costoro

Grande e triunfal lieta sedea,

ornato tutto di frondi d’alloro.

 

XIX, vv. 1-39

Ivi più non seguia, perché finiva

quella facciata con gli antichi autori

che stanno innanzi a quella donna diva

Laond’io torna’mi inver li predatori,

ricominciando a quel canto primiero

a rimirar gli antichissimi amori.

Ed umile tornato v’era il fiero

Marte, prencipe d’arme fatto amante,

per la qual cosa più non era altiero.

Con tal sisio il piacevol sembiante

Mirava della bella Citerea,

che non parea che più curasse avante.

Tra que’ luoghi medesmi mi parea

Con essa lui veder dentro ad un letto,

dintorno al qual, al mio parere, avea

ordinata di ferro tutto eletto

una rete sottil che gli avea presi,

come per coglier loro in quel diletto.

Sorra la sua vergogna i lacci tesi

avea Vulcano, il qual veder vania

ridendosi d’averli sì offesi.

Aveva quivi ciascun dio e dia,

che nel ciel fosse, tutti chimati

Vulcan, per mostrar lor cotal follia.

Commosso a’ preghi di Nettuno grati

fatti a Vulcan per Marte umilemente,

di quella fuor da lui eran cacciati.

Hai! Come poi ciascuno apertamente

faceva il suo piacer, però che avieno

vergogna ricevuta interamente!

E sì avviene a que’ che non vorrieno

trovar le cose e vannole cercando,

che molto meglio che ti si starieno.

Molto consiglio ciaschedun, che quando

pur divenisse che cosa vedesse

che li spiacesse, con gli occhi bassando

e’ se ne passi, perché molto spesse

son quelle volte che tai vendicare

tal vuol, che saria me’ che se ne stesse.