Vulfm09

1229-1236

GUILLAME DE LORRIS-JEAN DE MEUN, Le Roman de la Rose

Traduzione da: Guillaume de Lorris – Jean de Meun, Le Roman de la Rose, versione italiana a fronte di G. D’Angelo Matassa, L’epos società, 1993, tomo II

 

vv. 13805-13860

L’uomo, basito letteralmente,

crede alla donna. Doco che sente

recriminare, pensa: -È gelosa

più di Vulcano, quando la sposa

vide con Marte, prova alla mano,

stretti nei lacci che da Vulcano

furono tesi proprio nel letto

quando assalito fu dal sospetto.

Stretti nei caldi giochi d’amore

Venere e Marte! Quale furore

spinse quel Nume fino a spirare,

folle! Gli amanti, dopo, a chiamare

tutti, lì presso? Oh, che risate,

feste, schiamazzi! Le aggrovigliate

membra e confuse videro in tanti;

vide Vulcano: erano amanti!

Sciocco fu il Nume, sciocco e imprudente

quando pensava candidamente

d’essere il solo. Mortificata

Venere pianse, ma consolata

fu dai Celesti: era un incanto

Venere, bella pure nel pianto.

V’è da stupirsi? Era, il geloso,

laido, abbrutito, fuligginoso

tutto, dagli occhi fino alle mani,

ruvido, zoppo, modi villani.

Come poteva quella divina

innamorarsi d’una fucina?

Era il marito... sì, ma le donne

Quando il marito fosse Assalone

Trecce dorate, o quel famoso

Paride Antico (l’ingegneroso

Animo infido!) sanno barare;

Venere è donna: sa come fare.

Madre Natura (questo è assodato)

Fa che la donna viva uno stato

Libero in tutto da compressione.

L’intelligenza questo suppone;

dopo, una legge condizionante

nega alla donna d’essere amante,

quasi l’amore fosse iattura.

Dunque è una legge contro natura.

sciocca sarebbe, sciocca ed inetta

Madre Natura, quando Marietta

(pensa!) creasse per Robino

unico e solo, ed il meschino

per un’Agnese, per Benedetta

unica e sola, o per Marietta.

 

vv. 14128-14165

Quindi conviene giustificare

Venere e Marte, poi che l’amare

più di qualunque bel sentimento

è naturale comandamento.

Anzi lo dico senza mentire:

chi fra i Celesti volle schernire

Marte e il divino tenero amplesso

Desiderava fare lo stesso.

L’altro fu, invece, sciocco e villano

(naturalmente penso a Vulcano)

quando la cosa pubblicamente

manifestava; sciocco e perdente,

come li avesse tutti bruciati

mille e più marchi, o relegati.

Quando fu tutto chiaro e palese

(mentre Vulcano page le spese)

Venere e Marte, anime belle,

ch’erano amanti sotto le stelle,

Bell’Accoglienza, poche parole,

furono amanti liberi: al sole

fecero tutto ciò che bisogna

senza provare onta o vergogna.

- Giusto! E il marito cosa può fare?

- Deve, il marito... sì... tolerare

come se nulla fosse; tendete

pure quei lacci: dentro la rete,

uomini sciocchi, possa finire

chi la sua donna vuole irretire.

Perde Vulcano, d’ora in avanti,

grazie e fervori, mentre gli amanti

(poi che in Olimpo nota è la storia)

liberamente amano, in gloria.

L’uomo sennato, intelligente,

vede o non vede, finge di niente.

Questo accusare prove alla mano

Come, in sostanza, fece Vulcano

Io non lo trovo gratificante

Né di servizio né di sembiante.

Esser gelosi certo è la cosa

Più dissennata, pericolosa:

brucia gli amanti oltre ogni dire;

l’uomo soltanto deve soffrire.

 

vv. 18031-18100

Venere e Marte, come sapete,

impaniati dentro la rete

furono visti, quando l’insano

futile inganno tese Vulcano.

Ora, se insieme fossero andati

quando li avesse prima specchiati

simile specchio (sempre che al letto

fosse lo specchio volto diretto)

Venere avrebbe visto quei fili,

fossero stati tanto sottili

quanto lo sono quelli del ragno.

Pensa a Vulcano!... Quando il grifagno

escogitava quel trabocchetto,

sai che voleva? Cogliere a letto,

imbarazzati, nudi gli amanti.

Bene! Vedendo tanti e poi tanti

Fili ingranditi fino a sembrare

gomene fatte per navigare,

Genio, rispondi, dato il sospetto

Che li vedresti sopra quel letto,

nudi, a subire mortificanti

scherni e risate? Genio, gli amanti,

presa la fuga, mano con mano

tu li vedresti molto lontano

dove celato fosse ad ognuno

quel desiderio. –Giusto! Opportuno!-

Genio risponde –Diversamente

Marte chìè nume sempre vincente,

presa la spada, senza esitare

taglia quei fili onde allegrare

Venere bella, tenera amante,

proprio in quel letto, sull’impiantito.

Ora, Dio scampi, viene il marito.

Venere nega, recisamente:

- Quale adulterio? Sono innocente.

Tutto è menzogna ciò che sostieni.-

Velocemente copre le reni

(femina scaltra, femina accorta!)

quando Vulcano sente alla porta.

Venere è donna. – Dunque?- Natura,

essa è la madre d’ogni impostura,

facile oggetto di perversione.

Inventerebbe qualche ragione

Onde la cosa giustificare

Possa Vulcano: - Io voglio amare,

dolce compagno, voi solamente.

Marte? De tutto m’è indifferente.

Ecco le prove, quando mi fate

Simili offese. Dopo... badate!...

- Come si spiega tale presenza?

- Semplice, pura coincidenza:

né mi ha baciato né posseduto;

l’unico siete, scelto e voluto-

Quando la cosa vede con gli occhi:

- Voi? Non vedete come i pidocchi

sono diversi dagli elefanti.

- Marte, vi dico, è qui davanti.

- Basta! Vulcano, siete in errore,

cielo, o accecato, forse d’amore.

- Certo... la vista... Bella canaglia

dunque giurate? – Marte si squaglia.

Tutti i cavilli, le acrobazie

trova una donna; sulle bugie

osa giurare arditamente.

Voi siete donna, ma intelligente.